Goretti, le tracce della tradizione e il passo dell'innovazione

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Delle Cantine Goretti a colpirti è la cura che riservano alla loro storia aziendale e familiare. Da qui il certosino restauro della Torre maschia medievale che domina le dolci colline della campagna tra Pila e San Martino in Colle, alle porte di Perugia, e che è diventato il marchio distintivo. Non basta: proprio sui loro terreni è stata ritrovata una statua bronzea che risale al periodo a cavallo  tra la civiltà etrusca e quella romana: l’Arringatore. Trae origine dal nome del condottiero Aulo Metello e connota la postura che ha, imperiosa nell’esortare le sue genti. Anche questo è diventato il simbolo di una irresistibile e sapiente miscela di uve pregiate quali sangiovese, merlot e ciliegiolo che è uno dei fiori all’occhiello più rinomati dell’azienda.

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Antico e contemporaneo, dunque: espressioni coerenti di una stessa anima. Al punto che persino fisicamente alla cantina si può arrivare salendo per una strada sterrata da un lato oppure prendere quella asfaltata dall’altro. E poi ci sono loro: Nonna Marcella, la presidente dell’azienda e il piccolo Piergiorgio, sicuro erede di un patrimonio culturale che risale ai primi del Novecento. Dell’albero genealogico ci accoglie un ramo importante: Sara Goretti, nipote di Marcella.

Le ultime due generazioni: Stefano, Sara Giulia e GianlucaLe ultime due generazioni: Stefano, Sara Giulia e Gianluca

Qual è il segreto di lunga vita della Famiglia Goretti?

“Una forte passione che si rinnova di generazione in generazione. Altro fattore importante è che negli anni ognuno di noi ha potuto sviluppare le sue peculiarità  per cui è diventato un hobby, un piacere un lavoro. Tutti elementi convergenti su un unico scopo che però richiede attitudini diverse” .

Tradizione e innovazione. Un simbolo di eccellenza della vostra cantina è l’Arringatore.
“Storia preservata da un lato, visione attenta rispetto all’ammodernarsi delle tecnologie e delle nuove visioni di produzione”.
Marketing, la sua materia: strade che state percorrendo e vie da aprire.
“Saper ascoltare e soprattutto tradurre le necessità dei vari mercati oggi è l’esigenza principale. Una volta si doveva saper raccontare il territorio avendo alla base la qualità di prodotto. Una qualità che oggettivamente adesso è ampia e dunque dobbiamo porci obbiettivi ulteriori di mercato: comunicare adeguatamente e trovare punti di differenziazione. Spiegare i perché della scelta Goretti. Inoltre illustrare la strategia degli abbinamenti. Mi spiego: abbinare il nostro Arringatore alla tipica torta al testo può avere riscontro nella nostra realtà ma non in quella, ad esempio, coreana o semplicemente milanese”.
Complicato…
“Anche per questo abbiamo creato il volume in 14 lingue ‘Le ricette di Nonna Marcella’ per indicare adeguati abbinamenti eno-gastronomici con diverse visioni di una o più cucine”.
L’Umbria, l’Italia, il mercato internazionale. Standard comunicativi diversi.
“Diverse, pertanto, le strategie”.
Cominciamo dall’Umbria?
“Incoming, accoglienza. Noi stiamo parlando, adesso, all’interno di quella che abbiamo chiamato Sala Marcella per consentire di mettere le mani in pasta a chi viene a farci visita. Questo la dice lunga su come la pensiamo. Poi ovviamente ci sono le fiere, le presentazioni, le degustazioni, ritrovi nelle dimore storiche. E  le feste di paese. Queste meritano di essere valutate con attenzione perché lì sono le nostre origini, quelle che tutto il mondo ci invidia. Coerentemente, noi offriamo ai nostri clienti luna vendita diretta con del vino sfuso Igt, dunque di grande qualità e con un ottimo rapporto qualità prezzo. Offriamo poi la possibilità della consegna diretta e anche quella di utilizzare per eventi i nostri locali”.
Ma l’umbro preferisce il bianco o il rosso?
“Si va per tendenze:certamente la nostra cucina per grande prevede carne quindi il consumo di rosso ma anche il bianco ha una sua radicata tradizione, basti pensare al Grechetto”,
E i giovani cosa prediligono?
“I rossi, prediligono un vino più strutturato, più intenso, non troppo tannico. Il nostro Sagrantino come filosofia aziendale lo mettiamo sul mercato un anno dopo rispetto ai tempi degli altri produttori. Da un lato perdiamo i clienti che sono alla ricerca della nuova annata ma proponiamo un prodotto ce ha già raggiunto un buon bilanciamento, una tannicità più elegante, gradevole e che soprattutto risulti unico”.

Le ultime due generazioni: Stefano, Sara Giulia e GianlucaTorre Goretti del XII sec

Torniamo alle strategie: come vi posizionate sul mercato per quanto italiano?
“Rappresentiamo il suo cuore verde con le nostre dolci colline, con un particolarissimo microclima che è differente da quello della Toscana, del Lazio, delle Marche e delle regioni più lontane; con le sue colline. Da un lato, certo, soffriamo della mancanza di collegamenti ma allo stesso tempo questo ci protegge da un turismo di massa. La nostra Cantina si è dotata di una elisuperficie per assecondare anche le esigenze di un certo tipo di clientela; la possibilità di uno spit tasting: venire, degustare e ripartire in un’ora o poco più”.
Veniamo all’estero.
“C’è una grande differenziazione fra le diverse aree: il Nord Europa per certi aspetti è un prolungamento dell’Italia. L’America ha due volti, ovvero quella delle generazioni che discendono dal nostro Paese, vicine pertanto alle nostre tradizioni tramandate e conservate; quella che ammira il nostro made in Italy. Per non parlare della Cina che ha regioni molto differenti l’una dall’altra. C’è poi il Giappone che è uno dei nostri mercati di riferimento. Con questa clientela occorre un’organizzazione perfetta: la visita viene preparata nei minimi dettagli, c’è piena conoscenza del prodotto e quando arriva da noi cerca solo una conferma che noi percepiamo da un sorriso sempre discreto e misurato”.
A prescindere dalla nazionalità, dagli usi e dai costumi, non si può rimanere indifferenti quando si arriva da voi…
“Noi diciamo: entri come turista, esci come famiglia. Qui si vivono esperienze a tutto tondo: si assaggia la torta al testo o quella al formaggio oltre alle tante prelibatezze di nonna Marcella e a tutte abbiniamo i nostri vini. Sappiamo per i contatti che manteniamo con chi ci viene a trovare, di avere dei veri, affezionatissimi, ambasciatori all’estero che fanno vedere le fotografie scattate con noi, gli attestati che predisponiamo appositamente, riassaporeranno e gusteranno di nuovo i nostri prodotti trovandoci molti ‘ingredienti’ non solo riferito al cibo o al vino”.
Litigate fra di voi per questioni…di vino?
Facendo gli scongiuri, no, proprio perché ognuno di noi si è ritagliato il suo spazio: mio zio Gianluca Goretti si occupa della parte produttiva, agronomica e vitivinicola, mio padre Stefano di tutto quello che riguarda all’accounting , la parte dell’azienda che concerne i ‘numeri’. Mia sorella Giulia ed io curiamo il marketing; mia nonna Marcella è il jolly ma soprattutto con i suoi 84 anni la testimonianza diretta della storicità dell’azienda, un punto di riferimento, un esempio sotto molti punti di vista”.
E ora passiamo alla quinta generazione, al più piccolo, al suo Piergiorgio. Cosa gli augura?

“Se lo vorrà di trovare qui un suo spazio, così come è stato per me, in assoluta libertà. Uno dei primi cambi di pannolino di Piergiorgio è stato su una barrique, Già è salito sul trattore con lo zio e sul muletto con il papà e ovviamente gioca con la nonna. Rispetto a una certa cultura che vede l’economia ricca di esperienze da vivere all’estero, che pure sono importanti, noi tendiamo più alla tradizione, al perpetrare ciò che rappresentiamo e siamo. Piergiorgio potrebbe diventare un nuovo vino della nostra Cantina, ma prima di diventare un grande vino, dovrà fare il suo percorso di maturazione. E solo se lo vorrà”.

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Di nonno Gisberto che non c’è più cosa le manca maggiormente?

“Tante cose visto che è stato l’anima di questa realtà, ma una su tutte: la positività. Il modo con cui ha affrontato le difficoltà della vita. Il sorriso con il quale guardava al domani”.

Uno spot per la vostra Cantina?

“Go, go, go Goretti”.

 
 

Nonna Marcella, l’amatissimo “ago della bilancia”

La dedizione per l’insegnamento, il pallino per la matematica, il ricordo di quei 25 anni vissuti con i “suoi” bambini della materna, la capacità di trasferire le cose sagge della vita, l’amore smisurato per la sua famiglia, le tante gioie e qualche inevitabile dolore condivisi con l’uomo della sua vita, Gisberto che, confessa, “le manca tanto perché ora c’è troppo silenzio”. La capacità di resistere ai problemi “tutti insieme”, i tempi della guerra trascorsi con il nonno che morì a soli 45 anni ma che con i suoi 12 ettari di terra aveva assicurato la sopravvivenza a tutti. Una sorriso aperto e sincero, una gentilezza spontanea. Marcella Tinarelli è la “nonna presidente“. Preziosa per questa importante realtà imprenditoriale: “Tu sei il giusto ago della bilancia“, così è avvenuta la nomina da parte di figli e nipoti.

Cantine goretti vivo umbria perugia vinoNonna Marcella

Il suo libro “Le ricette della nonna Marcella” sta diventando sempre di più uno dei biglietti da visita più pregiati e caratterizzanti il lavoro di questa Azienda perché dietro ogni ricetta c’è una storia da condividere dal palato al cuore. Sessantacinque appunti che risalgono a 70 anni fa,  ai piatti che preparava nonna Celsa che talvolta cucinava nelle famiglie di tre paesi: Mugnano, Fontignano, Tavernelle. Era conosciuta e richiestissima ai tempi della battitura così come per cene importanti in palazzi nobili del Perugino. Marcella era piccola, allora. Per lei andare con la nonna a cavallo di un calesse fino a destinazione era un divertimento smisurato. Trovavano in cucina tutti i prodotti che Celsa aveva chiesto fossero acquistati e lì iniziava la trascrizione paziente e ammirata in dei piccoli foglietti di Marcella che poi li ha tradotti a sua volta in piatti straordinari. “Mio marito faceva parte di una compagnia composta da 27 amici e avevano l’abitudine di incontrarsi periodicamente a cena. La maggior parte di loro prenotava in dei ristoranti. Quando toccava a Gisberto, invece, volevano tutti che fosse io a cucinare: ghiotti di cacciagione, preparavo e poi li lasciavo soli”.  Da tutto questo nasce il libro sintesi di tradizione e intelligente consapevolezza del presente, viste le traduzioni in più lingue delle ricette, dal giapponese al cinese, dall’inglese al norvegese, dal francese allo spagnolo in maniera mirata rispetto alla pietanza, al piatto, all’attrazione, al possibile gusto da suggerire accompagnato, ovviamente, dalla bottiglia di vino adeguata della Cantina Goretti. Dentro ci sono anche le foto di famiglia, un modo di aprirsi agli altri spontaneo, immediato, invitante, vero. Il marchio dei Goretti.


Foto di Claudia Ioan

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