Alessandro Bruschetti e il caso del quadro negato alla mostra di Brugherio

Alessandro Bruschetti, autoritratto

Abbiamo chiesto a Massimo Duranti, giornalista, critico d’arte e tra i massimi studiosi riguardo le espressioni artistiche legate al Futurismo, una sua riflessione su un vero e proprio caso legato a Alessandro Bruschetti. (autoritratto nella foto di copertina).

Si fa riferimento al “no”  del Museo del ‘900 di Milano riguardo il prestito di un capolavoro dell’artista futurista umbro sul quale siamo voluti … andare “A fondo”, nomen omen, che e il titolo del quadro, per l’appunto, che non è stato dato in prestito per mere questioni burocratiche, ovvero pericolo umidità, che, volendo, pare di capire, si sarebbero potute facilmente risolvere. Anche per il fatto che, nel frattempo, l’opera è riposta nei depositi da quasi un  secolo.

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Il caso del prestito negato

di Massimo Duranti

“A fondo” 1933, olio su tavola 150 x 107 cm.

La significativa mostra di Alessandro Bruschetti aperta pochi giorni fa a Brugherio, vivace cittadina della Brianza a un tiro di schioppo da Monza e da Milano, dove il futurista perugino morì nel 1980 in visita natalizia ai figli, è occasione anche per ricordare sinteticamente la partecipazione dell’Umbria al  movimento fondato da  Marinetti nel 1909.   Il Futurismo ha avuto seguaci precoci nella nostra regione, seguaci di vaglia per tutta la lunga durata della sua esistenza storica. Tutti conoscono Gerardo Dottori,  che del Futurismo è stato un protagonista, molti di meno Alessandro Bruschetti, che per mere ragioni anagrafiche arrivò nel movimento solo all’avvio degli anni Trenta, più o meno quando infoltirono il gruppo Leandra Angelucci Cominazzini da Foligno, una delle poche donne futuriste, Giuseppe Preziosi  da Terni e Vittorio Meschini perugino d’adozione, senza dimenticare la poetessa Franca Corneli, battezzata futurista da Marinetti in persona.

L’Umbria ha dato un contributo notevole di artisti e contenuti al movimento futurista  già nei primi anni dieci del ‘900  con un gruppetto di giovani intellettuali e qualche artista che avevano letto il manifesto di Filippo Tommaso Marinetti del 1909, un proclama che, finalmente,  rispondeva alla loro fame di rinnovamento attraverso la modernità che andava realizzandosi e quella futuristica che  propugnavano.

Nel 1914 venne a Perugia Marinetti in persona a celebrare  il pittore Gerardo Dottori e i suoi pochi, ma tenaci amici scrittori nel corso di una memorabile serata futurista al Politeama Turreno con tanto di promozione  in corso Vannucci: un corteo di auto scoperte sulle quali i futuristi, con in testa Marinetti,  invitavano alla esplosiva serata che si concluse col lancio di verdure miste.

Il gruppo crebbe, ma la Grande guerra congelò la tensione di ogni ardore artistico di novità.

Finito felicemente, ma malconciamente il conflitto mondiale,   il gruppo si ricompose e pubblicò  pure una rivista parafuturista: “Griffa!”.  Dottori intanto stava diventando  famoso e si trasferì poi nel 1936 a Roma, ma in Umbria aveva già costituito ufficialmente il Gruppo futurista umbro.

Le nuove leve futuriste arrivarono, come detto, sullo scorcio dei Trenta e non furono certo comparse, neanche a livello nazionale, partecipando appieno ai successi del gruppo in Italia e in Europa: Biennali di Venezia, Quadriennali di Roma, mostre itineranti in Francia, Germania, Olanda…

Fra questi spicca la personalità pacata di Alessandro  Bruschetti, perugino del 1910 con innata predisposizione per il disegno fin da bambino. Dopo i brillanti studi all’Istituto d’arte, e quelli dei  primi anni all’Accademia, fu spedito a Roma dal Soprintendente alle belle arti Bertini Calosso per frequentare  i corsi del  “Regio gabinetto pel restauro dei dipinti” che concluse brillantemente e dove conseguì anche l’abilitazione all’insegnamento che lo vide ottenere il secondo posto della graduatoria. E a Roma, con la presentazione del concittadino Dottori,  diventò futurista nel 1932 per decisione immediata  di Marinetti in persona   dopo aver visto Dinamismo di Cavalli, tipica traduzione pittorica di una sensazione uditiva: il galoppo dei cavalli percepito fuori dell’ippodromo delle Capannelle.

Entra e partecipa agli sviluppi aeropittorici del movimento nelle prestigiose rassegne  e si mantiene con le decorazioni murali,  l’attività di restauro a Castiglione del Lago, poi con l’insegnamento risiedendo a lungo a Città di Castello, quindi in Brianza. Dopo il 1944 matura l’evoluzione in senso cosmico-spaziale inventando la Purilumetria e cioè la ricerca della luce nello splendore geometrico coniugato con una precisa ricerca spirituale. Torna a Perugia all’inizio degli anni Settanta dove realizza grandi opere murali, ma muore a Brugherio nel 1980, dove risiedevano i figli, durante le feste natalizie.

E il Comune di Brugherio, col patrocinio del Comune di Perugia, della Regione Lombardia e di altre istituzioni, ha voluto onorare questo personaggio con la bella mostra  Alessandro Bruschetti, alla ricerca della purezza della luce con una cinquantina di opere: dipinti e polimaterici che attraversano tutto l’arco temporale espressivo dell’artista con prevalenza di lavori, appunto, post futuristi. L’ esposizione rimarrà aperta fino ai primi di dicembre alla Galleria di Palazzo Ghirlanda Silva. Il taglio che i curatori, i validi funzionari dell’Ufficio cultura Gennaro Mele e Vittorio Fiori, supportati da LeoGalleries e da un Comitato scientifico che ho avuto il piacere di presiedere, vuole doverosamente valorizzazione la stagione della Purilumetria, dello spazialismo, per contestualizzare quel linguaggio alle poetiche, se non al linguaggio, dello stesso Fontana, ma soprattutto dell’Idealismo cosmico di Prampolini.  Questa stagione del futurista umbro è stata in effetti poco o nulla considerata fino ad ora dalla critica e dallo stesso mercato pur rivelando spunti di originalità.  Ampie le motivazioni negli scritti in catalogo con la mia introduzione.

Bruschetti con la ricerca sulla luce catturata dalle geometrie, dal polimaterismo metallico  e dagli altorilievi che aggettano dalle tavole,  rivela originalità e qualità notevoli declinate dall’idealismo cosmico di Prampolini, coniugato con l’esaltazione della spiritualità.

A coronamento  della mostra, i curatori hanno voluto allestire una sezione dedicata a un gruppo di opere dei sodali futuristi attivi nel suo tempo. E allora  si possono ammirare opere e di Dottori, Crali, Tato, Angelucci Cominazzini, Gambini, Canevari e Voltolina, aeropittori di varie generazioni con i quali Bruschetti ebbe rapporti.

Una nota stonata, che non ha oscurato il successo dell’inaugurazione e dei primi giorni d’apertura della mostra, è arrivata dal Museo del ‘900 di Milano che ha negato il prestito di  uno dei capolavori del futurista umbro: A fondo, del 1932, dinamicissima raffigurazione di un incontro di scherma con lo sfondo aeropittorico del paesaggio. E allora desidero togliermi qualche sassolino dalle scarpe affidandone la motivazione  a “Vivo Umbria”.

L’opera richiesta giace ormai da quasi un secolo nei depositi del museo dai quali è raramente uscita per essere esposta al pubblico e forse un paio di volte per mostre storiche. Rischi di viaggio non ce n’erano, visto che per raggiungere Brugherio i chilometri da percorrere sono veramente pochi e il Comune avrebbe provveduto con tutte le prescrizioni del caso. Gli spazi espositivi di Palazzo Ghirlanda,  da tempo adibiti a mostre, non presentano criticità di sicurezza e  hanno un grado di temperatura e umidità costante del tutto modesto. Ebbene, i “tecnici” del museo meneghino hanno eccepito che non era garantita la giusta e costante umidità e il suo monitoraggio (in casa abbiamo tutti un apparecchietto da poche decine di euro per misurarla) con un sistema di condizionamento! All’osservazione è stato risposto che si sarebbe provveduto, anche se l’esperienza di uso di quello spazio portava a escludere problemi di questo genere, con apparecchiatura mobile, accanto a quell’opera, come si usa in molti musei italiani e soprattutto stranieri che non sono dotati di climatizzazione. La risposta è stata, ancora, negativa, neanche si trattasse di una tavola del ‘400. Risposta meramente burocratica dettata da eccesso di potere (tanto il richiedente era un piccolo Comune dell’interland milanese), che ha privato la mostra di Bruschetti di un suo capolavoro che sarebbe stato valorizzato e che giace, nascosto, in un deposito.  Sarebbe bello – a proposito del monitoraggio dell’umidità – che mi si chiarisse una circostanza che ho verificato il giorno dopo l’inaugurazione di Brugherio. A Padova, Palazzo Zabardella, dove è allestita una mostra sul Futurismo per la quale il Museo del ‘900 ha prestato diverse opere, c’è aria condizionata e in ogni stanza apparecchi per purificare l’aria dal Covid- così ha detto il personale presente – ma non ho visto apparecchi per monitorare l’umidità, almeno io non ne ho visti-!    Il Museo del ‘900, proprio in questi giorni, ha sbandierato di essere il più importante in Italia dedicato al Futurismo! Vedremo! ma fino ad ora  non esponeva neanche le opere che possiede di Dottori e, appunto, neanche quella di Bruschetti e di molti altri. Non vorremmo che la scelta curatoriale fosse quella, desueta criticamente, di leggere solo la stagione “eroica” del Futurismo e non tutto il suo arco storico che si conclude nel 1944 con la morte di Marinetti. Basterebbe aggiornarsi con i cataloghi di Crispolti al riguardo e con quello della mostra Italian Futurism 1909-1944 al Guggenheim di New York del 2014 per cogliere la maturazione della critica e della storiografia sul Futurismo italiano.

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Redazione Vivo Umbria: