Avviso ai naviganti Bollettino n°23

Ferrovia Centrale Umbra

Il sogno infranto dell’Umbria città-regione

PERUGIA – Erano gli anni Settanta e infine la Costituzione trovò piena applicazione (approvazione del titolo V del 1948) per istituire una articolazione del governo del territorio in un compromesso tra federalismo e unità. Nacquero le Regioni e l’Umbria si trovò di colpo a dover fare da sola, a legiferare per il suo popolo, e gli entusiasmi iniziali di una classe politica che ai tempi godeva di dignità e stima, oltre al consenso popolare, produsse risultanti apprezzabili, alcuni anche importanti, come ad esempio la nascita di Umbria jazz per volere dell’assessore al turismo Alberto Provantini che sviluppò le idee di Carlo Pagnotta in una progettualità che, negli intenti, avrebbe promosso l’Umbria tra una vastissima platea di fruitori. Così fu, l’intero territorio regionale fu “invaso” da folle di giovani, molti “saccopelisti”, ma non solo. Fu il primo passo, non senza problemi, verso quel che infine darà vita ad uno dei festival jazz più blasonati al mondo. Di quella stessa classe politica faceva anche parte il primo presidente del Consiglio regionale dell’Umbria Fabio Fiorelli anche lui dotato di una “visione” politica e sociale che lo distinse in tutto il suo mandato sino al 1977. Fiorelli fu quello che prospettò l’idea dell’Umbria città-regione. Vale a dire che un territorio esteso poco più di un “fazzoletto” come quello umbro avrebbe potuto “unirsi” da nord a sud e viceversa tramite il trasporto veloce su rotaia. L’intento era quello di utilizzare la tratta della Ferrovia centrale umbra per farne una metropolitana di superficie che avrebbe garantito un collegamento da Terni sino al capolinea Sansepolcro, in provincia di Arezzo. Un progetto “visionario” che stabiliva centralità al trasporto su rotaia e che avrebbe allo stesso tempo ridotto l’impatto di quello su gomma sulle strade umbre, conciliato le esigenze dei pendolari “interni” al territorio regionale e incentivato anche una modalità per la fruizione turistica. Ebbene, l’ultimo rapporto di Legambiente è pressoché disarmante, perché non soltanto fornisce elementi per riflettere sulla inadeguatezza di chi in merito a questa vicenda ha poteri decisionali di intervento; non solo gli stanziamenti che pure sono stati forniti per portare a compimento l’opera, non sono stati utilizzati e anzi hanno prodotto delle “penali” pesanti da corrispondere allo Stato; non soltanto il progetto, compreso quello temano di unire Terni a Cesi con 11 fermate, rimane bloccato e Legambiente accerta che i tempi di percorrenza sulla tratta vanno oltre il criterio di qualsiasi idea di modernità e adeguatezza con i tempi da villaggio globale che viviamo; non solo la Fcu si pone tra le dieci linee peggiori d’Italia, ma ciò che più sconforta è che dopo 50 anni – dicasi 50  – tutto è ancora arenato, decretando ancora un volta l’ennesimo fallimento sia politico che decisionale delle classi dirigenti e più in generale dell’idea di un regionalismo che, partito da buone premesse, si è andato completamente destrutturando in particolarismi, autoreferenzialità e malaffare. Così la progettualità dell’Umbria città-regione che avrebbe potuto creare connessioni e sinergie importanti sul territorio regionale è rimasta desolatamente nel mondo delle belle idee irrealizzate.

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