Claudio Bisio & Gigio Alberti: intervista a due voci prima dello spettacolo di stasera ad Assisi

Un debutto pandemico e poi la tournée. La domanda che si sono fatti Claudio Bisio e Gigio Alberti “Ma tu sei felice?”, inevitabilmente virale visto che il reading a distanza in separate stanze generato dal libro di Federico Baccomo è avvenuto in pieno Uragano Covid, ora è diventato uno spettacolo teatrale che stasera, 24 agosto, farà tappa ad “Assisi OnLive” alla Rocca Maggiore della città di Francesco.

Venticinque puntate on line canalizzate su You Tube, dove due amici benestanti, apparentemente appagati, Vincenzo e Saverio, si ritrovano al bar, davanti ad uno “sprizzino”, a parlare del più e del meno. Forse più del meno che del più. Tant’è, nel dialogo che lo spettatore giudicherà nei contenuti, entrano mogli, figli, parenti, conoscenti, passate avventure mai dimenticate o inventate, sottesi tradimenti, lavoro, razzismo, politica e una bella serie di luoghi comuni. Per tutto e tutti c’è una sentenza o una evidente soluzione al problema. Magari con accentazioni maschiliste, prevenute quanto basta, un po’ scontate, paradossali ma velate da un candore che strappa persino il sorriso. Leggermente amaro. Per quanto ci riguarda l’opportunità di una doppia intervista ai protagonisti, un pizzico di felicità ce la dà.

Professarsi felici è impegnativo, di sicuro voi sembrate essere comunque molto divertiti per quello che avete fatto durante il lockdown e, ora, a teatro.

Bisio: “La felicità è una cosa che più ne parli e meno ce l’hai. Sono sensazioni brevi che hai, equilibri instabili e noi nello spettacolo giochiamo su questo alla grande, coinvolgendo anche il pubblico con ironia”.

Ipotesi: mentre state al tavolo del vostro bar arriva e si siede Gabriele Salvatores. La reazione?

Alberti: “Punzecchiatura sul punto debole, ovviamente nel rispetto che pretende l’amicizia. Quale? Adesso sta riproponendo ‘Comedians’ con attori più giovani rispetto a noi. Quello nostro era stato un successone, caro Salvatores, vediamo… questo”.

Com’è che a Bisio è venuta l’idea di chiamare Alberti durante il lockdown per fare “Ma tu sei felice” e ad Alberti di essere d’accordo nel farlo?

Bisio: “Eravamo tutti bloccati e al di là di qualche intervista del tipo come passi la giornata non si andava. Alla terza intervista-risposta, o all’ennesima lettura on line, abbiamo pensato di proporre qualcosa di diverso. Un dialogo a due con un croma key verdolino che si è inventato mio figlio Federico, graphic designer studente del Naba a Milano, in periodi in cui consegnavano solo medicinali e generi di prima necessità. Il libro di Federico Baccomo sembrava perfetto per quel colloquio a distanza”.

Parte la telefonata e cosa accade?

Alberti: “Si mette in moto un bel meccanismo: dalla prova del croma key che pretendeva oltre all’improbabile colore di fondo anche il fatto che il telo non avesse pieghe, ombre varie. In più l’allestimento di uno studio fatto in casa, ovvero una camera che per un mese è stata off limits. Il brutto è che in quella stanza ci dormivo e per andare a letto dovevo fare un percorso a ostacoli. Un’avventura che ci ha permesso però di passare la metà del lockdown insieme, condividendo un progetto comune per di più in un clima imposto di separazione”.

Avete fatto i conti, presumo, con il mondo dei social che non so quanto frequentato in precedenza.

Bisio: “Per di più senza scopo di lucro. Al momento. Ora, in verità, stiamo raccogliendo qualcosa”.

Foto @ Riccardo Trudi Diotallevi Photography www.facebook.com/trudiphotography

Per lo spettacolo dal vivo sono momenti bui. E il futuro non promette niente di buono.

Bisio: “Iniziamo con il fare un applauso agli organizzatori che hanno trovato soluzioni adeguate pur nel dovuto rispetto delle normative sanitarie vigenti. Certo è tutto molto faticoso ma ce la fanno nonostante qualche inevitabile ritardo nell’alzare il sipario, cosa che ci spiace. Il terrore vero è per quello che accadrà in autunno, quando si dovrà forzatamente lavorare al chiuso di un teatro. Si parla di una fila sì e una no: da 600 posti ritrovarsene 200 non è solo scarsamente remunerativo ma anche spiacevole per il pubblico che, in uno spettacolo come il nostro trova nella risata del vicino un divertimento aggiunto, sia di chi recita perché con chi sta in platea interagiamo”.

A proposito del vostro spettacolo, sul tavolo c’è uno spritz. Un brindisi con chi?

Alberti: “A chi ci ha portato fuori da questa tremenda prima fase della pandemia, dai medici agli infermieri fino a chi stava dietro le casse dei supermercati a lavorare e rischiava per noi. Spero se ne tenga conto e che se ne possa valutare l’entità come fosse un’eredità da portare con noi”.

Porterete lo spettacolo ad Assisi, in Umbria. Legami con questa terra?

Alberti: “Ci sono stato un sacco di volte, l’ultima che ricordo a Corciano con Farneto Teatro e facevamo il Decamerone di Boccaccio, poi a Solomeo al teatro Cucinelli con il Tsu. L’Umbria la conosco bene con i suoi teatri bellissimi, da Città di Castello a Gubbio…”.

Lei Bisio è stato di recente con “Gli sdraiati” al Morlacchi di Perugia.

Bisio: “Esatto. E sarà un piacere, oltre che un auspicio, poterci tornare”.

Se non la felicità, cosa ci possiamo augurare?

Alberti: “Serenità. Un lavoro, una casa, una prospettiva”.

Bisio: “Contentezza. Che è consapevolezza di come ci siamo comportati in un momento davvero drammatico come Paese”.

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