Follia iconoclasta

E’ fin troppo facile fare i conti con il passato quando si vive un presente difficile unito alla consapevolezza di un futuro più che mai incerto; ma il passato non lo si può cambiare, la storia gode di un’immutabilità dei fatti che, al limite, è possibile reinterpretare e ridiscutere, ma non alterare. Tenendo conto di “chi siamo” e da dove veniamo sarebbe necessario vivere un presente finalizzato alla costruzione di un futuro migliore considerando gli errori di una storia che, come già detto, per natura, non può mutare. 
Quello che prende il nome di “giudizio prospettico” dovrebbe pertanto aiutare un popolo nell’edificare un futuro, attraverso il presente, che tenga conto, nel bene e nel male, del passato; pare tuttavia che si preferisca o rimanere ancorati ad un passato idealizzato, non considerando eventuali cambiamenti epocali, o farsi prendere dalla “tendenza” del momento che vuole, i grandi della storia dell’umanità, riscoperti come i nuovi criminali ai quali far espiare tutte le colpe di un malcontento che sorge per i motivi più disparati. 
E’ questo il caso di riflettere su come questo rancore, di per sé legittimo, venga convogliato su aspetti in cui non risiedono affatto quei presupposti che, in questo caso, stanno spingendo molti negli Stati Uniti, e non solo, a prendersela con monumenti che sono per ricordare, nel bene e nel male, da dove si viene; del resto se è vero che la storia non può essere cambiata, tanto meno può essere letta secondo categorie interpretative rigide, essa è difatti espressione di epoche passate, di culture specifiche, di azioni forzate e di gesti eclatanti. 
Non a caso Cicerone, nel De Oratore, parlava già, nel I secolo A.C., della storia come di una “magistra vitae”, sottolineandone una specifica funzione “ammaestratrice”. E’ lapalissiano evidenziare come ciò si riferisca non solo a quelli che possono essere presi esclusivamente come esempi positivi, ma anche ai tanti momenti tragici che la storia ci ha tramandato attraverso le gesta di individui discussi; gli esempi in questo senso possono essere molteplici, da Cesare a Garibaldi, passando per Cromwell e Napoleone fino a Pasolini e Montanelli; esempi eterogenei di grandi personaggi della cultura europea ricordati attraverso monumenti, vie, targhe, manifesti ecc. Ricordare è, tuttavia, ben differente da idolatrare; si presuppone pertanto che ricordando si applichi quel senso critico che possa ricondurre ad una valutazione dell’eredità storica che quella memoria ci offre, presupponendo peraltro come, alla storia, non debba, in via necessaria, essere vincolata un’etica ben definita. 
Se vi è quindi un qualcosa su cui la storia ci ha ammaestrato è che, in moltissimi casi, all’appellativo di “grande” si può affiancare anche quello di “controverso”, sia pure per motivi personali, per vizi, per inclinazioni caratteriali, per manie di grandezza ecc. non si può, ad esempio, rinnegare in toto la resistenza antifascista in Italia per le violenze commesse da alcuni gruppi partigiani, come non sarebbe pensabile dover abbattere il Colosseo perché, un tempo, teatro di atroci spettacoli. Seppur in taluni casi, purtroppo, risulti possibile dubitarne, viviamo in un’epoca in cui, per nostra fortuna, il progresso ha edificato nell’uomo la consapevolezza del vivere civile improntato al rispetto della dignità umana, valore che non può essere applicato ai secoli precedenti, di certo neanche, con così tanta semplicità, al “vicino” ‘900. I problemi del nostro tempo dovrebbero pertanto far sì che gli sforzi della massa si focalizzino sul tentativo di costruzione di un futuro migliore anziché su di un inutile sforzo volto a ridiscutere le azioni di personaggi, nonché la sostanza di fenomeni, storicizzati; non è quindi possibile impiegare “standard etico-morali”, in maniera retroattiva, a ciò che non può essere cambiato. Nella fattispecie le condizioni di disuguaglianza in cui, i neri d’America, versano ancora oggi, non possono di certo essere risolte attraverso una follia iconoclasta, come quella a cui si sta miseramente assistendo, la quale ha, per di più, inaugurato una becera tendenza globale carica di una deprimente “furia civilizzatrice” in forza di una sterile nemesi storica.
Fotografia tratta da soverato.com

Riccardo Regi: Direttore di Vivo Umbria, Perugino, laureato in Lettere, giornalista professionista dal 1990, vice direttore dei Corrieri Umbria, Arezzo, Siena, Viterbo, Rieti per 18 anni.