Il Padiglione Italia: l’apparenza inganna

Il Padiglione Italia all’expo di Dubai che in questi giorni ha ospitato  la delegazione umbra nello spazio dedicato alle Regioni – occorre riconoscerlo – forse non sarà tra quelli destinati a essere ricordati negli annali dell’Architettura. Al confronto con quelli di altri paesi che hanno scelto di stupire i visitatori a colpi di  effetti speciali puntando sulla spettacolarizzazione delle soluzioni architettoniche, può apparire un oggetto senza troppe qualità che merita al massimo un’occhiata fuggevole e distratta. Gran parte dei  colleghi  che lo hanno visitato  (e gli architetti da tastiera che per lo più lo hanno visto dallo schermo di un computer) hanno espresso giudizi trancianti, a mio parere, fin troppo ingenerosi. 

I vincitori del concorso di progettazione –  il team composto da  Carlo Ratti Associati, Italo Rota ed altri –  hanno infatti proposto  una istallazione consistente in  un percorso espositivo coperto dalle chiglie sospese di tre barche – una per ogni colore della bandiera italiana – le cui componenti sono realizzate impiegando elementi costruttivi  di origine organica o riciclati, metafora di un approccio circolare di una architettura “open source” e resiliente suscettibile di adattamento e trasformazione nel tempo.  Ma basta decidersi ad entrare, per osservare  con un minimo di attenzione  e senza pregiudizi  i materiali distribuiti   lungo il percorso espositivo, per cambiare decisamente idea e per rendersi conto che il Padiglione Italia,  sul piano dei contenuti,  non teme confronti con la gran parte di quelli ben più accattivanti proposti dagli altri paesi. Rinascimento,  memoria,  contemporaneità, cultura e innovazione tecnologica, sono gli ingredienti dosati con sapienza dal Direttore Artistico Davide Rampello (l’ideatore del “Progetto Arca” avanzato dall’Associazione ‘I Love Norcia‘ dopo il sisma del 2016, purtroppo prematuramente abortito) per raccontare le infinite qualità di un paese irripetibile di cui dovremmo tutti andare orgogliosamente fieri.

Un percorso narrativo che ha come oggetto la creatività italiana nelle sue molteplici articolazioni: scienza, arte, tecnologia, design, ricerca, manifattura  efficacemente rappresentate anche attraverso il “saper fare” che promana dall’opera di alcuni sponsor, tra cui il Gruppo FS con i suoi inconfondibili Frecciarossa che, percorrendo la penisola, rivelano città e paesaggi unici e affascinanti.

Concludendo, mai fidarsi delle apparenze: se c’era un modo efficace per raccontare il nostro paese dove, come recita lo slogan “la Bellezza unisce le Persone”, gli ideatori del Padiglione Italia hanno imboccato la strada giusta. Un messaggio che, in tempi di grandi cambiamenti indotti dall’era della digitalizzazione, ci riporta ai valori fondamentali che hanno ispirato la nascita delle grandi civiltà nel continuo oscillare  tra memoria e innovazione,   tra storia e futuro. Insomma, ammettiamo pure che gli Emirati Arabi ci hanno stupito con le straordinarie macchine architettoniche di Santiago Calatrava le quali, a ben vedere,  ospitano poco più che delle aride dune di sabbia del deserto: noi, orgogliosamente,  ci teniamo le nostre barchette tricolori che racchiudono, senza eccessi retorici e senza ricorrere a trucchi o effetti speciali,  uno spaccato della creatività italiana, perennemente in viaggio  tra memoria e presente e che – a mio sommesso giudizio – non ha uguali al mondo.

Foto: Diego Zurli

Diego Zurli: