La R4 compie sessant’anni nel sogno infranto di intere generazioni

PERUGIA – La Renault 4 compie sessanta anni. E’ stata a vario titolo un’auto che rappresenta i sogni di una generazione, persino i sogni infranti, come hanno dimostrato i tre hippy che lo scorso marzo, ad inizio pandemia, si sono avventurati in un viaggio infinito attraverso l’Europa e che in Sicilia sono stati bloccati e sottoposti a tampone. Ne sono usciti “sani” ma sicuramente demotivati nel loro tentativo di sentirsi liberi con la loro R4 di oltrepassare barriere e dogane, divieti e limitazioni. La pandemia ha infine imposto le sue “regole” nell’invadenza delle libertà individuali e collettive. Ma tant’è. Parliamo di R4. Oggi è il Suv, l’auto che rispecchia l’idea di superare ogni limite, che sia il fondo stradale, sterrato o impervio per buche e dossi, innevato, ghiacciato, sabbiato. C’è una risposta ad ogni situazione da affrontare e le quattro ruote motrici aumentano le possibilità di superare ogni ipotetico ostacolo. Ma prima del Suv (Sport utility vehicle), c’erano le “nonne” dei potenti e superaccessoriati quattro x quattro che oggi affollano le strade. In principio furono il Maggiolino della Volkswagen, poi la celebre “Deux chevaux” della Citroen a contendersi il titolo di auto nel segno delle libertà più impensabili. Poi arrivò la regina della spartanità e della libertà fatta auto, la R4. Che oggi compie sessanta anni e che rimane icona degli anni che hanno segnato il passaggio dalla beat generation e degli hippy sino all’inizio degli anni Ottanta, quando la creatività e le libertà cominciarono ad essere affiancate dall’idea di una capitalismo diffuso, dalla scoperta delle Borse, da un individualismo più concentrato sul profitto e sull’idea di una finanza creativa che prometteva la diffusione della ricchezza: erano gli anni degli Yuppies e dei modelli dettati dall’edonismo reaganiano nascente. Chi non ha posseduto una R4, probabilmente non capirà mai del tutto perché un’auto, seppure ridotta ai minimi termini, con costi minimi di gestione e altrettanto abbordabili costi di acquisto, è diventata icona di una mobilità che oggi torna particolarmente attuale: economica e ecologica, con lei ci si poteva avventurare su qualsiasi tracciato, senza possibilità di tradimenti, affidabile e robusta pur nella sua struttura leggera, ammortizzata con quel sistema tutto francese che donava la sensazione di un viaggio in mare, che si piegava oltremodo ad ogni curva per affrontare le asperità del terreno impervio. Che mito la R4! Con quel cambio che non aveva trovato altro spazio che la plancia del cruscotto e che ad ogni cambio di marcia, sembrava quasi di suonare un trombone a coulisse. Sembrava uscita da un film di Indiana Jones e prometteva avventure di ogni tipo. In effetti quello tra l’R4 e il cinema è un legame molto stretto e in qualche modo predestinato, se è vero che i fratelli Lumière nel 1895 registrarono il brevetto del primo cinematografo e allestirono il loro primo studio a Boulogne-Billancourt, a due passi da Parigi e dai futuri primi stabilimenti di Renault. Fu quasi inevitabile che, fin dalla fondazione della Renault Frères nel 1899, Louis Renault si affidasse al cinema per promuovere le sue creazioni. I fratelli Lumière lo filmarono quello stesso anno in un cortometraggio al volante del primissimo modello della Marca, la Type A, piccola auto progettata e commercializzata da Louis Renault in persona. Da allora di pellicola nel proiettore ne è passata parecchia, così come di Renault sul piccolo e grande schermo. Tuttora compaiono in una quarantina di film all’anno. Ovviamente la R4 è anche l’auto che ha collezionato il maggior numero di apparizioni, più o meno memorabili, sul grande e piccolo schermo: oltre duemila! Alcune sono diventate delle icone istantanee – scrive Quattroruote in un servizio ad essa dedicato –  a cominciare dalla Renault 4 gialla delle Poste francesi della popolare commedia “I visitatori” del 1993, con Jean Reno. Un’altra R4 è la miglior attrice protagonista di un’altra commedia di successo, “Niente da dichiarare?” del 2010. Sottoposta a una massiccia e improbabile dose rinvigorente di tuning – vi ricordate la Peugeot 406 di “Taxxi”? – ecco che una tranquilla R4 della polizia di frontiera riceve spoiler, minigonne e un motore da 140 cavalli! Nei film di Jacques Tati degli anni Sessanta le Renault 4 sono apparse in più versioni, compresa la raffinata Parisienne. Agli appassionati di serie TV non saranno sfuggite le R4 Gtl di “Narcos”, sulle quali il giovane Pablo Escobar Gaviria comincia i suoi trasporti di cocaina e si diverte a correre nella sua tenuta con il cugino Gustavo, in versione stock car per la Renault Cup. Una scelta fedele alla realtà, quella di scritturare l’utilitaria francese. Nella Colombia degli anni Settanta “el Renaulito” era considerato “el carro nacional”, l’equivalente del Maggiolino in Germania, grazie allo stabilimento aperto dalla Renault-Sofasa a Medellin nel 1970. E in molti ha fatto tenerezza l’avventura di tre hippy francesi che nel marzo dello scorso anno ad inizio pandemia attraversarono tutta l’Europa a bordo di una R4 color cammello, strabordante di tendaggi e ammennicoli di ogni tipo. Gli ultimi irriducibili “romantici” di un’auto che ha contribuito a produrre i sogni di intere generazioni. Che mito la R4! Di cui quest’anno ci si appresta a festeggiare i 60 anni e a Parigi è già quasi tutto pronto per farlo in grande stile, mentre si è in attesa di un restyling a trazione elettrica o ibrida che forse avrà il potere di riaccendere la passione in molti, soprattutto ex giovani sognatori.

Claudio Bianconi: Arte, cultura, ma soprattutto musica sono tra i miei argomenti preferiti. Ho frequentato il Dams (Scienze e Tecnologie delle Arti, dello Spettacolo e del Cinema). Tra i miei altri interessi figurano filosofia; psicologia archetipica; antropologia ed etnologia; fotografia-video; grafica, fumetti, architettura; viaggi.