La riapertura di oggi delle multisale coincide con l’uscita dell’attesissimo film su D’Annunzio “Il cattivo poeta”

I David di Donatello sono stati il preludio all’atteso ritorno al cinema, un antipasto importante che ci ha fatto sentire ancora di più la fame di film. Oggi, con la riapertura delle multisala in Umbria come nel resto d’Italia, ci possiamo accomodare a tavola. Per l’occasione in questo fine settimana c’è il film tanto atteso “Il cattivo poeta”, pellicola su Gabriele D’Annunzio. A raccontarci la figura del Poeta vate, è Gianluca Jodice, alla sua opera prima, che ha scelto Sergio Castellitto come protagonista. Il film è una coproduzione italo-francese distribuita in 200 copie da 01 Distribution.

Con D’Annunzio si continua a fare i conti a scuola, chi più chi meno approfonditamente a seconda dell’indirizzo, e a temerlo come possibile traccia all’esame di maturità. Questo ha un perché: si tratta di una figura complessa da inquadrare data la vastità della sua estensione artistica e storica allo stesso tempo; un uomo che ha vissuto intensamente la sua vita e l’epoca in cui ha vissuto entrandoci da protagonista, guidandone persino il corso.

La “sfida” registica è stata importante: approcciare una figura che è stata poeta, drammaturgo, simbolo del decadentismo, amante “perverso” per il periodo, eroe di guerra, avvicinato al Fascismo ma così egocentrico, individualista e libertario da risultarne di fatto antagonista vista la natura di un regime caratterizzato da rigidi inquadramenti e ferree regole restrittive.

Matteo Rovere – spiega il regista – mi disse di pensare a un biopic e io scelsi di farlo su di lui. Ero affascinato da questo poeta, rinchiuso in un castello, il Vittoriale, stile Dracula, tra ossessioni, perversioni, donne e cocaina. Una sorta di Nosferatu che poi ha subito una damnatio memoriae. Anti-italiano e arci-italiano allo stesso tempo. Scomodo, complesso, contraddittorio, ha vissuto mille vite e poi non era mai stato raccontato al cinema”. Per il produttore Matteo Rovere “D’Annunzio è la prima rock star ante litteram. Riusciva a muovere le folle senza i social. E’ stato un personaggio un po’ asfaltato dopo il Ventennio”.

Una tale ampiezza e intensità di vita ha portato a restringere il campo al viale del tramonto del poeta pescarese. E’ il 1936 e Giovanni Comini, interpretato da Francesco Patanè, è stato promosso federale da Achille Starace. Gli viene assegnato il compito di sorvegliare D’Annunzio perché Mussolini teme che possa danneggiare la sua imminente alleanza con la Germania di Hitler.

Sono stati recuperati diari e scritti di D’Annunzio e la documentazione è stata ripresa dal libro di Roberto Festorazzi “D’Annunzio e la piovra fascista. Spionaggi al Vittoriale nella testimonianza del federale di Brescia”.

E Sergio Castellitto? Prima di tutto ha dovuto rasarsi i capelli. “Temevo – racconta – che non mi sarebbero più ricresciuti i capelli.

La mia interpretazione? D’Annunzio viene raccontato attraverso l’incontro con Comini. Da un lato c’è un uomo che di fronte a sé ha più passato che futuro, dall’altro lato un giovane che al contrario ha più futuro che passato. Ho cercato di non avere paura della grandezza del personaggio. Invento pure quando c’è da ricostruire qualcosa”.

Francesco Patanè spiega come ha approcciato il ruolo: “Mi sono documentato al contrario, cercando di dimenticare tutto quello che sapevo su D’Annunzio e che avevo studiato a scuola. Comini arriva al Vittoriale che non ha mai letto nulla di quello che ha scritto il poeta. D’Annunzio gli permette di aprire gli occhi su una situazione che non aveva compreso pienamente. Questo film ci insegna l’importanza del rimanere aperti nell’ascoltare l’altro e ci ricorda che bisogna avere il coraggio di cambiare idea”.

Il Vittoriale è senza dubbio un altro dei protagonisti del film. “Le case sono la geografia della propria anima- dice Castellitto-. E il Vittoriale lo è. Tutto qui raffigura D’Annunzio: potenza, morte, decadenza, desiderio di vita. Il film non sarebbe venuto così bello senza la possibilità di girare in quel luogo. Non c’è stato nessun poeta così amato e adorato in vita, a 360 gradi, e non c’è mai stato un uomo così maledetto e odiato in morte. Questa storia ti conferma che era un genio. E penso che se c’è un poeta assimilabile a D’Annunzio quello sia proprio Pier Paolo Pasolini, che lo detestava. Entrambi sono stati poeti soldati. Entrambi, insieme a Curzio Malaparte, compongono una possibilità di rileggere l’intelletto italiano in un altro modo. Tre giorni fa è stata imbrattata a Trieste la statua di D’Annunzio. La cancel culture continua a colpire e questo vuol dire che stiamo messi male”.

Riccardo Regi: Direttore di Vivo Umbria, Perugino, laureato in Lettere, giornalista professionista dal 1990, vice direttore dei Corrieri Umbria, Arezzo, Siena, Viterbo, Rieti per 18 anni.