“Lavorare è una parola”, in un libro il problema del lavoro in era Covid

PERUGIA – Tutti sappiamo quanto è accaduto durante l’emergenza Covid 19. Abbiamo vissuto un periodo di chiusura totale, molte persone hanno perso il lavoro, alcune hanno dovuto sospendere preziosi mestieri per ritrovarsi poi a dover riprendere in mano situazioni devastate. Ancora alcune attività non sono del tutto ripartite. Sono state introdotte nuove modalità di lavoro tra le mura domestiche come lo smart working;  le scuole si sono dovute attrezzare con la DAD (didattica a distanza) e gli enti di formazione sono ricorsi alla FAD (formazione a distanza). Inutile sottolineare quanto usi e costumi, specialmente nel versante lavorativo, siano variati. E tutt’ora non si è ritornati alla vita pre-virus. Durante questa ondata di radicali novità, un pomeriggio di luglio, ho ricevuto la chiamata da parte di Altero Frigerio, amico giornalista, uomo colto e generoso, padre premuroso, grande lavoratore che mi ha detto: “Cosa ne pensi di presentare insieme il libro che ho curato insieme a Roberta Lisi?”. Non ho esitato, il sì è arrivato spontaneo. Pagina dopo pagina mi si è aperto un mondo nuovo, di fronte al quale poco, in passato, mi sono soffermata, pur avendo iniziato a lavorare nel 2005 dopo la laurea, incurante delle tipologie contrattuali con le quali sono stata assunta e spinta dalla voglia di crescere, mettermi in gioco, prodigarmi per il prossimo, mettendo al centro valori quali la pace, i diritti umani e l’uguaglianza tra le persone.

“La forza degli operai di cinquant’anni fa era quella di aver portato la democrazia dentro le fabbriche, oggi bisogna portare il lavoro dentro la vita della società, capendo fino in fondo quale può essere il messaggio che ne deriva: democrazia, partecipazione, e in qualche modo solidarietà; sono queste le cose che fanno bello il lavoro e fanno bello il Paese”. Con queste parole Altero Frigerio, curatore del libro “Lavorare è una parola” sintetizza “Un alfabeto corale a cinquant’anni dallo Statuto dei lavoratori” come recita il sottotitolo del testo che “si pone tante domande, pone tante questioni”, prosegue Altero Frigerio, “abbiamo chiesto a tante personalità di affrontare specifici argomenti che riguardano il tema del lavoro declinato sul presente, guardando al futuro”.  In ventiquattro capitoli densi, puntuali, accurati sono stati portati all’attenzione dei lettori temi che non hanno lo scopo di commemorare la legge 300 del 1970, ma analizzare l’attuale situazione del lavoro in Italia con un attento sguardo sui cambiamenti avvenuti e quelli possibili. Dignità, diritti, Costituzione e sicurezza sono le parole più ricorrenti nel testo. I dati parlano chiaro: negli anni si stanno perdendo quelle che sono state le basi che hanno ispirato lotte per conquistare benefici leciti per chi lavora. Una tra le cause più preoccupanti è la globalizzazione che ha sconvolto le regole dei mercati mettendo in primo piano il “profitto a tutti i costi”, a discapito dunque delle persone e della natura del pianeta.

Sono nate forme contrattuali variegate (dai contratti a progetto a quelli a chiamata), recenti calcoli contributivi per la pensione, Neet (giovani demotivati che non studiano e non lavorano), fughe dal Sud al Nord e anche all’estero, disuguaglianze (basti pensare agli immigrati che sempre più spesso si vedono costretti ad accettare lavoretti in nero e sottopagati).

E come un silente grido, tra le pagine del libro, si sente l’urgenza di compiere una vera rivoluzione: rimettere al centro la persona. Lavorare è una parola”, Donzelli editore, è stato scritto durante l’emergenza sanitaria Covid 19, che per alcuni versi ha acceso i riflettori sul tema del lavoro e dell’ambiente.

Nel libro non mancano esempi di bellezza e di rinascita: ci si riferisce alle parole ricche di speranza di Papa Francesco citate nel capitolo B come Bergoglio, agli esempi di lavoro creato dalla Comunità di Sant’Egidio svolto dalle persone con disabilità nel ristorante Trattoria de Gli Amici (capitolo H come Handicap); e poi ancora Q come Quarto stato in cui si fa riferimento ad un cammino collettivo che cambia ma non si ferma; ma anche il lavoro tra ambiente, economica circolare e benessere sociale del capitolo N come Nuovo modello di sviluppo.

Nella prefazione, Enrico Letta scrive: “La crisi avrà un impatto enorme, accelerando le trasformazioni in corso. E aumenterà le disuguaglianze. E’ vero, infatti, l’opposto del sentimento che ha accompagnato l’arrivo del virus, l’idea cioè che fosse la famosa livella che mette tutti sullo stesso piano. Non è così: proprio la lotta alle disuguaglianze dovrà essere la stella polare. Ecco perché sarà su una nuova centralità dei concetti di lavoro e di sociale che si dovrà ricostruire”.

 

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