Lavorare in agricoltura: opportunità per i migranti sempre più isolati in tempo di pandemia

PERUGIA – La pandemia, con le conseguenti e dovute misure di prevenzione, sta cambiando il panorama sociale, politico, economico e culturale del nostro Paese, in modo radicale e, probabilmente, duraturo. Le dinamiche migratorie e di mobilità sono ovviamente investite in pieno, come pure, inevitabilmente, i processi di integrazione.

Ci siamo dovuti adattare a un distanziamento sociale innaturale che ha colpito ancor più le persone migranti. I processi di integrazione in molti casi sono stati rallentati, in altri profondamente trasformati, come ci conferma la docente di italiano agli stranieri, Floriana Lenti: “In un anno, le cose sono cambiate tantissimo. C’è stata una rivoluzione nel mondo dell’immigrazione, anche se tante trasformazioni hanno radici antecedenti. Già dal 2018, la politica dei porti chiusi, unitamente ad altre restrizioni, ha creato un primo distanziamento sociale, che è esploso durante la pandemia. Un isolamento che per gli immigrati è stato ancor più difficile da comprendere, determinando un aggravamento delle loro condizioni di vita, già di per sé difficili. Tutti gli immigrati che arrivano in Italia con l’obiettivo di conoscere altre persone, di crearsi una nuova e autonoma vita, di inserirsi nel territorio, si sono trovati di fronte a una nuova realtà. Dal primo lockdown è aumentata la solitudine e il senso di smarrimento.

 

 

E se per gli italiani le difficoltà sociali, psicologiche e occupazionali sono state e sono enormi, per il migrante tutto è più amplificato. Chi aveva iniziato percorsi di formazione li ha dovuti interrompere. E persino cercare una casa, per un migrante, è diventato praticamente impossibile se non si ha un contratto lavorativo e non si parla bene l’italiano”.

C’è, infine, un ultimo aspetto da considerare: “Non c’è solo un distanziamento fisico, ma anche un profondo disagio psicologico, che si è acuito. Disagio che era latente in fase pre-pandemica e che è diventato manifesto, a causa dell’isolamento”.

Quanto alla possibilità di coniugare una sostenibilità sociale con la pandemia, per la docente Lenti “servirebbero nuove politiche di accoglienza e strategie comunicative differenti. Io lavoro all’interno di una struttura Sai, sistema accoglienza e integrazione, per conto della cooperativa sociale ‘Perusia’ e in questo centro, per sostenere i migranti, per sviluppare una sostenibilità sociale, abbiamo trovato degli escamotage educativi, come creare dei video e trasmetterli attraverso Whatsapp, per avere poi dei feedback. Oppure, sarebbe opportuno integrare i migranti in settori lavorativi della produzione che siano accoglienti e idonei, come l’agricoltura: lavorare all’aria aperta ora è possibile, nel rispetto delle disposizioni anti Covid”.

Ed è ciò che accade nella tenuta della famiglia Caprai, dove le vigne si tingono di integrazione: “Abbiamo una percentuale elevata di dipendenti – racconta Marco Caprai – che è richiedente asilo. Tutto nasce da una collaborazione, iniziata cinque anni fa, con la Caritas di Foligno. Una buona pratica, una delle azioni che fa parte della sostenibilità sociale di una impresa.

Non è stato difficile mettere in piedi questo progetto perché è stato realizzato per step. Cinque anni fa, mi ha chiamato un amico per mettermi in contatto con la Caritas folignate. Ci siamo confrontati e abbiamo dato gambe alle idee. La Caritas ci segnala i ragazzi e noi cerchiamo di inserirli; a volte, si presentano direttamente in azienda. Un impegno che, nell’arco degli ultimi tre anni, ha dato la possibilità a più di 30 richiedenti asilo provenienti dal Nord e dal Centro Africa di lavorare in vigneto. In questi giorni, ho potuto conoscerli meglio e hanno storie incredibili alle spalle: sono arrivati con barconi della fortuna e sbarcati in Sicilia. Alcuni sono cattolici, altri musulmani, alcuni hanno studiato. E, con questo progetto, hanno la possibilità di mettere radici, hanno una opportunità. Sono migranti con permesso di soggiorno e con un grande bisogno di lavorare e l’agricoltura è, spesso, uno dei settori che più accoglie queste persone. Anche se, negli ultimi tempi, in particolare, da quando è stato istituito il reddito di cittadinanza, è sempre più difficile trovare manodopera”.

Insomma, un esempio virtuoso, “una buona notizia”, come l’ha definita Caprai, di come si possa coniugare sostenibilità ambientale, sociale e pandemia.

Naighi

Redazione Vivo Umbria: