“Le parole del Corso”: un libro di Bruno Mario Broccolo

Franco Purini, in un recente saggio, ha osservato che,  a differenza di altre forme d’arte come il cinema o il teatro che rivelano sé stesse in luoghi a ciò dedicati,  camminando in qualsiasi città, l’architettura si presenta ai nostri occhi anche se non richiesta. Sostiene pertanto che un  edificio debba esprimere il  massimo della sua identità  formale nel “registro medio” e offrire due diversi livelli di lettura: il primo esplicito e il secondo implicito – ma non segreto – decifrabile da chi è interessato all’architettura. Comprendere tale linguaggio, come per la maggior parte delle  opere d’arte di ogni tempo, richiede quindi una particolare attitudine per poterne cogliere in profondità  i  significati meno espliciti che possono sfuggire allo sguardo distratto di chi non dispone dei codici indispensabili  ad interpretarne i segni. Una capacità che necessita di essere pazientemente coltivata per mezzo dello studio e che istituzioni deputate alla formazione come l’università  hanno il compito di inculcare ed accrescere.

Bruno Mario Broccolo

Il libro di Bruno Mario Broccolo, arricchito da due preziosi interventi di Paolo Belardi e Mario Pisani,  costituisce un originale abbecedario di alcune delle parole che possono  rivelarci non solo la disciplina del comporre ad uso di allievi architetti, ma anche più  diffusamente il senso stesso di un’arte che mostra  sé stessa anche a chi non la cerca.

Così, spigolando  nel  testo, alcune delle “parole del corso” ci aiutano a comprendere che – anche grazie  alle straordinarie intuizioni di un grande protagonista come Aldo Rossi in assoluta controtendenza rispetto al “mainstream thinking” allora imperante –  l’architettura racchiude forme simboliche più forti della loro funzione e  rivela una carica vitale ben maggiore di ciò che occorrerebbe per soddisfare le elementari necessità esistenziali.  L’architettura di ogni tempo é infatti una delle maggiori forme di espressione del pensiero e l’attuale crisi in cui si trova,  come ha osservato il grande filosofo  Emanuele Severino, è la naturale conseguenza della crisi del pensiero stesso.

Così non poteva certamente mancare l’omaggio ad alcune figure che Bruno annovera tra i suoi “Lieber Maister, come Adolfo Natalini  e Giancarlo Leoncilli Massi, bravissimi architetti e straordinari docenti, con i quali, nel corso della sua vita professionale, ha coltivato uno speciale rapporto di amicizia e di collaborazione in ambito didattico. È soprattutto grazie alle parole – come osserva Paolo Belardi nella sua prefazione – che ogni segno si carica di significati; ed ogni parola, senza alcuna pretesa di oggettività o di scientificità, può evocare a sua volta indifferentemente un pensiero, un libro, un film o anche un brano musicale. Assonanze del tutto personali – quelle suggerite dall’autore –  che associano ad esempio  alla parola “citazione” gli inquietanti replicanti del capolavoro cinematografico di  Ridley Scott, alla parola “voluttà“ le note sensuali di una immortale ballad di Chet Baker, alla parola “luce” l’infinito mondo di differenze e di valori formali rivelati dai celebri Neri di Alberto Burri anche quando la luce stessa si attenua  fino a spengersi del tutto.

Il libro, pubblicato dalla casa editrice il Formichiere nel 2018, è stato recentemente riproposto nel corso di una riuscita iniziativa tenutasi nei giorni scorsi a Bastia Umbra alla presenza dell’autore.

Concludendo, contrariamente alle sue dichiarate  iniziali intenzioni, si può tranquillamente sostenere che “Le Parole del Corso” non è solo un libro per architetti o aspiranti tali, ma è anche un libro per tutti: ciò nondimeno, lo è per coloro che  desiderino svelare l’enigma nascosto in ogni opera d’arte perché l’architettura è la sintesi tra tutte le stesse.

Lo storico Jaques Le Goff,  interrogandosi su cosa consista la specificità di tale disciplina che non intenda confinarsi  alla mera soddisfazione dei bisogni elementari e, soprattutto, della città che ne rappresenta la sua massima espressione, sottolinea infatti la sua duplicità: “quella materiale e quella mentale incarnata nelle rappresentazioni artistiche, letterarie e teoriche” …. cioè “in uno specifico insieme di rappresentazioni, di immagini e di idee”. Lo sforzo, originale e stimolante, compiuto attraverso la pubblicazione di questo breve saggio, può aiutarci a scoprire ciò che l’occhio che si posa distrattamente su molte delle opere del passato e del presente non sempre è in grado di leggere nella sua inesauribile ricchezza di valori e di significati.

 

Diego Zurli: