L’immaginario di Costanza Calisti nella mostra “Scartabellando” nella sede di Umbrò in via Oberdan

PERUGIA – L’esordio artistico di Costanza Calisti è stato costellato dai dubbi. La mia è arte? Il collage lo è? Ma cosa diranno di me? Io, modesta (ma brava, nda) impiegata che osa sfidare un ambito a me sconosciuto, composto come ogni ambito, anche da atteggiamenti ipercritici, piccole invidie, maldicenze, soprattutto in un contesto provinciale come quello perugino. In risposta alle tante perplessità è arrivata la necessità – e questo conferma l’autenticità del suo progetto artistico – a dettare tempi e modalità e a sgomberare la strada con un bel “Ma chi se ne importa”. Costanza è così, dirompente e delicata, sfrontata e pudica, vive di candori, ma intanto nutre la sua ombra. Ed eccola alle prese con taglierini e colle, forbici e carta a immaginare un nuovo mondo alimentato da un insopprimibile impulso di sognare e di fornire nuove significazioni ai suoi sogni. Il collage risale addirittura a Picasso e alla prima parte del secolo breve, subito dopo il primo conflitto mondiale, quando le avanguardie artistiche decisero di proiettarsi oltre qualsiasi codificazione dell’arte e scuotere le coscienze. Ma nel corso della sua storia ha seguito un processo di continua evoluzione e se anche c’è ancora chi disquisisce se è arte o meno, è sicuramente una modalità di espressione che emerge dai miasmi dei sogni e dell’inconscio. Almeno per Costanza è così. Cos’altro può essere per una donna che con la carta e le immagini ha vissuto e continua a vivere una buona parte della sua esistenza, se non un calarsi nelle sue profondità e disvelare a sé stessa come riordinare quel flusso continuo di percezioni in nuovi significati e significanti? Onirismo, surrealismo, arte povera o meno, quell’arte del riciclo di immagini che passano fugaci, sempre più fugaci sotto i nostri occhi, vengono fermate, fissate, ritagliate e rimodulate in base a un processo che dal profondo emerge alla coscienza in una sorta di meccanismo automatico, quasi del tutto inconsapevole, per riordinare il caos, per fermare in una composizione ciò che la creatività impone: una nuova prospettiva, un nuovo vedere, una nuova visione che irrompe chiara agli occhi. Nell’era del dominio dell’immagine sulla parola, nell’era della rivoluzione digitale dell’immagine che ormai ci subissa di superfluo, Costanza, in una sorta di missione pedagogica e con la volontà di un demiurgo che rimodella il mondo, ci rieduca alla scelta e ricolloca frammenti di questo flusso di icone che passano sotto i suoi occhi, per ricomporle in altro, in altrove distanti nel tempo e nello spazio. Così la carta e le immagini si rianimano e stabiliscono feedback con il nostro percepire, si innalzano ponti comunicativi con il fruitore ora consapevole che dal blob della realtà, si possono ottenere nuove, affascinanti, oniriche prospettive, più inclini ad alimentare le nostre profondità e a ispirare i nostri sogni che parlano il linguaggio delle immagini. L’immagine in fin dei conti è l’anima e Costanza Calisti rieduca le nostre anime, nuova terapeuta dell’arte. Costanza Calisti espone i suoi collage a Umbrò di via Oberdan nella mostra “Scartabellando” sino al 18 luglio.

Claudio Bianconi: Arte, cultura, ma soprattutto musica sono tra i miei argomenti preferiti. Ho frequentato il Dams (Scienze e Tecnologie delle Arti, dello Spettacolo e del Cinema). Tra i miei altri interessi figurano filosofia; psicologia archetipica; antropologia ed etnologia; fotografia-video; grafica, fumetti, architettura; viaggi.