Mostra sulla storia del Teatro alla Scala: un po' fenice, un po' camaleonte

MILANO – Un po’ fenice e un po’ camaleonte, questa la storia di uno dei più importanti templi della cultura in Italia: Teatro alla Scala di Milano. Fenice perché nasce da un incendio, quello che nel 1776 distrusse il Regio Ducal Teatro, rinascendo diverse volte nel corso dei suoi 240 anni di storia. È il caso, per esempio, dei bombardamenti avvenuti la notte del 15 e 16 agosto del 1943, dai quali
l’edificio risorse l’11 maggio 1946, data del concerto inaugurale diretto da Arturo Toscanini. Camaleonte perché, nel corso degli anni, la macchina degli spettacoli dal vivo è cambiata perfezionandosi.
La Magnifica Fabbrica. 240 anni del Teatro alla Scala da Piermarini a Botta” è il titolo della mostra che resterà aperta fino al 30 aprile, organizzata dal Museo teatrale alla Scala. L’esposizione ci dà la possibilità di veder ricostruita la storia di questo edificio e dei grandi artisti che ne hanno attraversato i corridoi attraverso plastici, documenti, oggetti e quadri.

Entra anche la multimedialità nella mostra dedicata al teatro alla storia del Teatro alla Scala di Milano




A dimostrazione della sua camaleontica storia nella prima sala è collocato un plastico con sezione orizzontale del teatro. Attraverso un tablet da puntare sul modello, viene mostrato in che modo ogni parte della struttura si sia evoluta nel corso del tempo, sfruttando le disavventure storiche: da Piermarini, l’architetto che completò La Scala nel 1778, fino a Botta. L’archistar ticinese si occupa, dai primi anni 2000, di inserire “bypass come un chirurgo”, dice il video della
mostra, adattando la struttura ad oggi e domani. Le ultime parti spiegate nel plastico, infatti, hanno data 2019-2021, a dimostrare, ancora una volta, come la mentalità meneghina si prenda cura dell’arte con un lavoro avveniristico e instancabile.
Dopo aver visto ciò che è stato e ciò che sarà della Scala, si entra nelle stanze dedicate agli artisti del passato e non solo. Le vite, le storie di compositori e cantanti legati a questo palcoscenico rimangono negli oggetti e nei numerosi quadri esposti. Tra i tanti colpisce lo sguardo di Maria Felicia Malibran (1808-1836), soprano e mezzosoprano francese che, ritratta da Luigi Pedrazzi, si
mostra “bella, spiritosa e amabile”, così descritta da Casanova, nascondendo nel quadro un segreto floreale per il proprio amato Carlo Bériot. Apprezzabile la scelta di dedicare una stanza a strumenti antichi e una alla Commedia dell’arte, con tanto di porcellane di Arlecchino e Brighella.
Altro percorso importante, sempre interno alla mostra, è quello che ricostruisce, data per data, l’intera storia del teatro. L’esposizione ci dà solo una vaga idea dell’immenso patrimonio posseduto dal Teatro, con il grande merito di renderci spettatori attraverso le epoche: stando faccia a faccia con il mezzo busto
bronzeo di Wagner, o osservando oggetti e cimeli posseduti da artisti e spettatori, come noi.
Così veniamo appagati da questo tesoro vivo e in salute, mantenutosi, per essere stato un po’ fenice e un po’ camaleonte, il principe dei teatri italiani.
 

Emanuele Regi: