Palazzo Ducale di Gubbio, le mostre di Claudio Borghi e di Elio Mariucci prorogate fino al 16 maggio

GUBBIO – Prorogate fino al 16 maggio, festa del patrono Sant’Ubaldo, le mostre di Claudio Borghi e di Elio Mariucci. Entrambe curate da Lorenzo Fiorucci, sono incentrate sul lavoro di due artisti che in forma autonoma hanno dialogato con due distinte sezioni di Palazzo Ducale di Gubbio

Allestita nelle segrete del Palazzo, “Un attuale immaginario silente”, la personale dello scultore lombardo Claudio Borghi, evidenzia una ricerca particolare sulla lavorazione di lamiere metalliche. Saldate e piegate, slanciate verticalmente, le lamine risentono della lezione di Giacometti con il diverso intento di restituire un elemento architettonico, un micromondo urbano, attraverso cui emerge la dimensione di vuoto silente. In un mondo abituato a correre, queste sculture appaiono come un atto di dissidenza civile, in quanto, in controtendenza, considerano la possibilità di una compenetrazione che equivale ad accogliere, ascoltare, attendere. Borghi ci pone davanti a un bivio: ritornare al caos indifferente o accogliere nel quotidiano il valore del silenzio, la forza dell’attesa, la tensione della pausa.

Ospitata nel piano nobile del palazzo, ”Materia immaginale”, antologica di Elio Mariucci, pittore tifernate e allievo di Piero Dorazio, è dal canto suo una vera e propria esplosione di colori che ricostruisce un percorso artistico dall’astrattismo, dall’esperienza del gruppo 13X3 di fine anni Settanta fino ai Residui attivi; ultime produzioni realizzate dall’autore con l’apporto creativo della moglie Emanuela. L’itinerario si snoda dunque tra grandi tele astratte in cui luce, geometria e colore si intersecano in una esplosione pittorica, fino alla presenza oggettuale degli ultimi lavori in cui materiali di scarto trovano una nuova energia nel processo artistico di Mariucci. Mariucci è, tra l’altro, uno dei rari esempi europei che ha reinventato l’idea di mobile. Particolarmente apprezzato in Germania, ha piegato gli stereotipi della tradizione e della funzionalità dell’oggetto all’idea di narrazione favolistica immaginale.

 

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