Eccoci all’otto dicembre, siamo ufficialmente nella zona Natale. La casa si veste di nuovi colori e il profumo degli aghi dell’albero ci inonda le narici e i cuori. Ebbene sì, dopo anni di alberi fantasia (ho usato di tutto compresi i manici di scopa e la mia pianta di limoni) sono tornata al classico abete. Per troppo tempo ci hanno fatto credere che fosse sbagliato tagliare una pianta per riempirla di palline colorate, ma in realtà nessuno taglia nulla e questa nazione è piena di bravi agricoltori che crescono alberi di natale per colmarci di gioia durante le feste, quindi, volentieri, torno al vecchio e sano abete che oltre ad essere bellissimo, riempie la casa di quell’odore tipico che è proprio dei natali dell’infanzia. Vorrei metterci pure le candeline, ma da quando quell’anno a casa di mio padre abbiamo bruciato lo splendido divano di seta rosa della nonna, ho deciso che passo e mi adeguo alle luminarie comuni, ma solo ed esclusivamente bianche, mai colorate. Devono luccicare come fossero neve. Oggi è pure la giornata ufficiale delle decisioni che riguardano gli innumerevoli pasti che allieteranno i giorni di vacanza e porteranno parecchi chili in più ai nostri corpi, per carità: pentirsi in questo caso è peccato! “Mangia cocchina che t’arcapita tra n’anno”. Diceva la mia tata e già questo bastava per non sentirmi in colpa. Il cappone arrosto o lesso? La parmigiana rossa o bianca? Dove facciamo sedere la vecchia zia noiosa? Quest’anno voglio cambiare tovaglia. Mercante in fiera o sette e mezzo? I regali? Solo ai bambini. Ma alla fine rimane tutto immutato la tovaglia è sempre lei e le persone pure, anche se con qualche ruga in più, ma con la stessa voglia di stare insieme a festeggiare una ricorrenza, che forse ha perso un po’ il suo significato religioso, ma che aspettiamo tutto l’anno perché ci riunisce intorno ad una tavola imbandita di tradizione e si sa, la tradizione ci fa sentire a casa.
A domani!

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