Sergino Piazzoli, Micrologus, musica e amicizia: Vinicio Capossela e la sua Umbria

PERUGIAVinicio Capossela ha un legame speciale con l’Umbria. Lo ha dimostrato una volta di piĆ¹ quando ha suonato al Festival dei Due Mondi di Spoleto lo scorso 7 luglio in un concerto magico in piazza Duomo. Qui sono stati rappresentati le pestilenze del presente e i miti e le mitologiche credenze del passato mentre sul palco c’erano Patrizia Bovi, Goffredo degli Esposti, Gabriele Russo, nucleo fondante assieme ad Adolfo Broegg, di Micrologus, che hanno conferito al medieoevo romantico delle ballate di Capossela, una sostanza musicale unica.
Ma l’Umbria, Perugia in particolare, per questo artista ĆØ soprattutto Sergino Piazzoli che, manco a dirlo, fu l’artefice dell’incontro tra Vinicio e l’Ensemble di Assisi. Sergino per due motivi essenziali: il primo ĆØ legato al ricordo del concerto alla Sala dei Notari quando Capossella era ai piĆ¹ sconosciuto; il secondo per l’amicizia che ne nacque, ovvero, schietta, voluta, giocosa persino burlona. Ed ĆØ proprio da qui che inizia la nostra intervista.
Cosa di Sergino manca di piĆ¹?Ā 
“Credo che noi siamo la sola forma di eternitĆ  possibile. Non siamo quello che abbiamo, ma quello che lasciamo. Viviamo nel ricordo e nella memoria di chi la conserva. Per questo la memoria ĆØ cosƬ importante. Eā€™ il solo modo di restituire quello che abbiamo ricevuto. Persone come Sergio, che hanno dato cosƬ tanto, non solo agli amici e conoscenti, ma anche alla comunitĆ  e alla cultura, sono perdite per tutti. Sergio – prosegue Capossela – aveva giĆ  visto e cercava di combattere a suo modo quello che sta uccidendo il mestiere del promoter locale: la concentrazione e il monopolio delle grandi agenzie su tutto il mercato. Cosa che sta avvenendo in ogni campo della distribuzione. Pensiamo solo ad Amazon, per esempio. Come stanno sparendo le piccole librerie, cosƬ nel panorama della musica puĆ² venire a mancare una figura essenziale della filiera: chi ti fa scoprire qualcosa, perchĆ© ha creduto in un evento e lo ha organizzato. La musica si completa con lā€™ascolto. Lo spettacolo si completa con chi porta lo spettacolo nella sua piazza. E ci sono molti modi per farlo. Il modo di Sergio non trascurava mai lā€™umanitĆ  e il sogno che la musica puĆ² rappresentare”.
Ci saranno i Micrologus?
Quello di Spoleto era uno degli atti unici che abbiamo messo insieme la scorsa estate per approfondire di volta in volta singoli aspetti delle ballate. Lā€™incontro con Micrologus ĆØ avvenuto nel 2012 in occasione del concerto davanti al sagrato della basilica di Assisi. Un incontro procurato da quellā€™indimenticabile e straordinario promoter ed operatore culturale che ĆØ stato Sergio Piazzoli. Per me prima tappa di avvicinamento a quel mondo poetico e musicale poi sviluppato in queste ballate”.Ā 
Stasera penultima tappa del tour “Ballate per uomini e bestie” al Morlacchi. Come sarĆ  la versione teatrale rispetto a quella nelle piazze?
“Una specie di rappresentazione che unisce racconto, iconografia, teatralitĆ  e musica. Un concerto molto denso, che anche nella sua durata si propone di creare un varco tra il compatto tempo dellā€™Utile, un varco temporale dilatato in cui praticare la sospensione dellā€™incredulitĆ . Una specie di arca in cui abbiamo messo a bordo uomini , bestie, clandestini e poveri cristi per contrastare la profetizzata e imminente sesta estinzione di massa”.
Come si fa a rendere consapevoli gli animi con i linguaggi e addirittura ingentilirli? Eā€™ lā€™eterna diatriba sul ruolo del brano-canzone. Ce la possiamo fare?
“Poesia, filosofia e denunzia, come dice lā€™amico Federico Maria Sardelli. Mi paiono cose utili a tenere vive in noi la gentilezza dā€™animo e a rafforzare la consapevolezza, che ĆØ il motore primo di ogni azione. Un brano- canzone puĆ² contenere le tre cose e molte altre che perĆ² parlano allā€™emozione, piĆ¹ ancora che alla conoscenza.Ā  Gli animali per esempio, sono importanti perchĆ© tengono vivo il rapporto con lā€™anima. Ci ricordano che il mondo non va solo conosciuto, ma anche sentito. Alla musica, che ĆØ componente essenziale della canzone, ĆØ affidato il compito di tenere viva la nostra anima”.
Ā Cā€™ĆØ una reale consapevolezza del valore delle tradizioni popolari?
“La radice popolare ĆØ un po’ come lā€™inconscio. Lā€™ombra culturale di cui parlava Jung. Qualcosa che ĆØ parte di noi, ma che affiora nel sogno. Noi, o almeno io, abbiamo una conoscenza mediata del mondo, mediata dagli strumenti culturali. Posso riconoscere quanto affiora in me da questo giacimento, che puĆ² parlare la lingua dei proverbi, dei modi di dire o anche della loroĀ  piĆ¹ o meno dotta elaborazione in letteratura. La cultura popolare, ĆØ stata lā€™equipaggiamento per lā€™esistenza di tutti quelli che non avevano accesso alla cultura ufficiale. Ora questa radice ĆØ stata sostituita dagli scarti della cultura ufficiale, ed ĆØ finita sottoterra. Eā€™un lavoro riconoscerla e acquisirne consapevolezza. Ad ogni modo, a scavare un poco, tutto viene dalla radice popolare, anche se magari occorre impararla dagli strumenti culturali. Fare canzoni puĆ² anche essere fare antropologia”.
InĀ Ballate per uomini e bestieĀ torna il concetto di capro espiatorio. L’uomo ne ha sempre avuto bisogno. Nella seconda metĆ  del Novecento pareva che il consesso umano, Occidentale in vero, sarebbe stato in grado di superare certe logiche primordiali. Deluso?
“Non io, ma i santi protettori sƬ. A veder lā€™uomo cadere sempre negli stessi errori, nella stessa bestialitĆ , si sono stufati e non fanno piĆ¹ miracoli. Oppure fanno solo miracoli al contrario, uno cammina, e poi non cammina piĆ¹, per esempio. PerĆ² perdendo il miracolo ĆØ venuta meno la speranza, la gente non sa piĆ¹ a che santo votarsi e allora vota. Male. Cā€™ĆØ un lavoro sulla recessione allo stato di natura. Alla legge del capobranco, la legge del piĆ¹ forte. O almeno di chi urla di piĆ¹. Sempre di piĆ¹ dobbiamo lavorare sul nostro senso di responsabilitĆ  individuale”.
Ballata del carcere di Reading, contenuta inĀ Ballate per uomini e bestie, ĆØ un omaggio a Oscar Wilde o una sua lettura particolare? Come ĆØ nata?
“Questo poema in forma di ballata, ĆØ il suo ultimo scritto. Il lascito di un Wilde molto diverso dallā€™esteta che ha incantato la societĆ  del suo tempo con i suoi meravigliosi e taglienti aforismi. La ballata viene dalla sua immane caduta, al fondo del quale ha scoperto la com-passione. Parte da un delitto odioso e tragicamente mai cessato: lā€™uccisione di una donna con il pretesto dellā€™amore. Ci dice in maniera spietata e lucidissima in quanti modi gli uomini uccidono ciĆ² che amano. Ma soprattutto ĆØ una denuncia dellā€™oscenitĆ  della pena di morte e del carcere come strumento di non redenzione. E del tradimento del messaggio evangelico, del Cristo venuto sulla terra non per salvarci, ma per insegnarci a salvarci lā€™un lā€™altro. Wilde ha parole straordinarie per il Cristo che egli riteneva poeta e rivoluzionario: chi gli si avvicina scopre che il peccato smarrisce la bruttezza e apprende la bellezza del dolore. Tutte cose che ho cercato di mettere nella versione canzone, che pur molto riassunta, cerca di essere fedele a un testo che ĆØ un vero e proprio testamento etico, sempre attualissimo”.
Ā ā€œPrima si aveva una certa reticenza a dire certe cose. Adesso noā€. Concetto espresso in una recente intervista. Merito o demerito del Web?Ā 
“Il web ha segnato la fine di una professione antica: il paparazzo. Ora ognuno ĆØ il paparazzo di qualcun altro, a partire da sĆØ stessi. Ognuno ĆØ illusoriamente centro del mondo. Il web ĆØ lo straordinario strumento tecnologico che puĆ² donarci un accesso illimitato alla conoscenza e alla comunicazione. Lā€™algoritmo perĆ² moltiplica a dismisura tutto, anche i nostri difetti. Ed ĆØ un fatto che rabbia e paura viaggino piĆ¹ velocemente e piĆ¹ efficacemente on line. E che ci sia un lavoro su questo. Sono emozioni che portano a restare connessi e reattivi, generano traffico on line. Lā€™odio come sempre genera piĆ¹ profitto e le cedole si riscuotono subito. Eā€™ una fase primitiva. Eā€™ come se si fosse fornito a tutti una macchina molto potente senza dovere prendere la patente, senza elaborare regole, etiche e normative, a partire dai profitti e dalla tassazione di chi gestisce il sistema.Ā  Si puĆ² fare male e ci si puĆ² fare male, senza quasi rendersi conto. Dobbiamo sviluppare unā€™etica e regole per non finire per diffamarci tutti lā€™un lā€™altro tutto il tempo”.
Alla prossima.
Foto di copertina di Marco Zanella
 
INFO******

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