Telescopi pronti ad incontri ravvicinati con la Luna, regina della notte e archetipo del femminile e della bellezza

PERUGIA – Cinquant’anni fa la scienza e la tecnologia compirono il salto nel buio per conquistare, verificare, analizzare e scientificamente dedurre che il nostro satellite più vicino non era altro che un agglomerato di crateri (circa 300 mila), gli stessi che visti dalla terra producono la sensazione di trovarsi di fronte a un’enorme forma di gruviera. Sfatando miti che nel corso di millenni l’uomo aveva creato intorno all’immaginario di un “pianeta”, quello a noi più vicino, che nel suo valore simbolico ha contribuito a creare narrazioni tra romanticismo e sapere esperienziale. Alla luna, già  prima che la scienza ci spiegasse le motivazioni, erano attribuite proprietà con influenze dirette sui raccolti, le carestie, la fertilità, le maree. Martedì 8 ottobre si festeggia in Umbria la “Notte della Luna” con i telescopi dei vari osservatori delle città umbre puntati sul satellite. L’iniziativa nasce dieci anni fa, “sull’onda dell’entusiasmo generato dall’ingresso nell’orbita lunare delle missioni Lunar Reconnaissance Orbiter (Lro) e Lunar Crater Observation and Sensing Satellite (Lcross)”, scrive la Nasa. “In 10 anni – prosegue – l’iniziativa si è poi diffusa in tutto il mondo e anche oltre, fino alla Stazione Spaziale”. Si avrà dunque l’occasione di un incontro “ravvicinato” con la Luna per sancire definitivamente che 50 anni fa iniziò una nuora era.  Venti luglio 1969: l’uomo atterra, o meglio alluna. La conquista è fatta, l’uroboro, il cerchio magico che confina con il suo perimetro viene violato per sempre e la luce argentea della luna appare più tendente al nero e al blu, i colori della melanconia e della tristezza. La conquista è di certo un successo della scienza e della tecnologia e va a compendiare un nuovo sogno, quello che qualche centinaio di anni prima sembrava irrealizzabile, è ora possibile. Il cuore è già oltre l’ostacolo, ma esso stesso è ormai diventato più un organo meccanico relegato al ruolo di sifone di sangue, che la sede di tutti i sentimenti, compresi quelli più puri dell’amore e della spiritualità. Come in un sortilegio l’uomo nella vana ricerca della vita e di se stesso si ritrova in piena solitudine. Non c’è vita sulla luna, non c’è acqua, forse c’è stata, forse ci fu, ma ora non più. Solo nelle sue certezze e orfano di poesia e immaginazione, l’uomo è chiamato a creare nuove esegesi e nuovi lessici per spingersi oltre e continuare ad immaginare, seppure più inaridito e più consapevolmente “isolato” nell’infinito buio del cosmo. Cinquant’anni fa si decise di voltare pagina e quella pagina bianca va ora riscritta con nuovi vocaboli e nuove sintassi, nuove idee e linee e immagini pur non dimenticando quanta anima l’unico nostro satellite ha ispirato nell’archetipo di un femminile che dal cosmo e dalla luna trae ancora oggi diretta ispirazione, senza però rischiare di stravolgere quell’idea di bellezza naturale che lei, la Luna, continua a illuminare della sua luce argentea e delicata.

Claudio Bianconi: Arte, cultura, ma soprattutto musica sono tra i miei argomenti preferiti. Ho frequentato il Dams (Scienze e Tecnologie delle Arti, dello Spettacolo e del Cinema). Tra i miei altri interessi figurano filosofia; psicologia archetipica; antropologia ed etnologia; fotografia-video; grafica, fumetti, architettura; viaggi.