Terni e la “Questione Verdiana”: il punto sui lavori per ridare il teatro alla città

TERNI – Vivo Umbria torna sulla “Questione Verdiana”. A settembre 2020 abbiamo  pubblicato i nomi dei vincitori del concorso di progettazione indetto dal Comune di Terni per il Teatro Verdi, lo Studio Associato di Architettura ApiùM2a Architects insieme alla Società Sinergo Spa, e a novembre dello stesso anno, il Comune ha approvato il progetto di fattibilità tecnico – economico.

Da allora la macchina burocratica ha continuato silenziosamente a operare. Sullo stato dei lavori, e altro, abbiamo chiesto aggiornamenti al vice sindaco Benedetta Salvati.

“Abbiamo sempre detto che la chiusura del teatro Verdi in una città come Terni è inaccettabile e, nel lungo periodo, può provocare danni irreparabili alla cultura e alla stessa comunità cittadina. Tra i tanti problemi enormi ereditati, ci siamo trovati a gestire anche questo, non certo di poco conto. La ricostruzione del teatro cittadino – prosegue Salvati – comporta una procedura estremamente complessa e prevede un investimento molto importante, difficile da realizzare con l’Ente in dissesto, come l’abbiamo trovato”

A che punto?

“Grazie ai nostri tecnici ci siamo confrontati con la Sovrintendenza, con gli ordini professionali degli architetti e degli ingegneri, abbiamo verificato a fondo la normativa vigente e abbiamo avviato la procedura che ha portato all’espletamento del concorso d’architettura internazionale concluso nel settembre dello scorso anno. Come sapete ha vinto un importante studio di Venezia che ha lavorato intensamente in questi mesi per portare a termine il progetto esecutivo, approvato proprio poche settimane fa”.

I tempi?

“Dopo la verifica del progetto stesso da parte di una società di controllo esterna, saremo pronti ad affidare i lavori del primo stralcio funzionale nella prima parte del 2022”.

I costi per questo intervento?

“Con 7 milioni di euro saranno demolite le vecchie strutture, tranne la facciata ottocentesca, e realizzati il ridotto da 250 posti e la struttura esterna del nuovo teatro, grazie anche al forte impegno della Fondazione Carit”.

La fase successiva?

“Subito dopo contiamo di reperire i fondi per portare a termine i lavori con la costruzione della torre scenica e il completamento dell’interno del teatro, restituendo così alla città una struttura fondamentale per il suo futuro”.

Nonostante l’aggiudicazione dell’appalto da parte dello studio A+M2a di Venezia, si parla di “offerta anomala”. Perché? Quali sono gli elementi mancanti da definire? In generale, qual è lo stato attuale dei lavori?

“L’affidamento dell’incarico di progettazione architettonica strutturale ed impiantistica del Teatro Verdi, a seguito del concorso di progettazione, è avvenuto regolarmente in favore della RTP costituita tra lo Studio ApiùM2A ARCHITECTS Studio Associato di Architettura – Marcello Galiotto, Alessandra Rampazzo, la soc. Sinèrgo SpA, gli architetti Linda Parati e Vincenzo Baccan. L’offerta anomala c’è stata nell’ambito dell’aggiudicazione del servizio di verifica della progettazione, ma la situazione è stata positivamente chiarita proprio in questi giorni. Il codice degli appalti all’art. 26 prevede infatti che la progettazione, prima di essere validata dal Rup ed approvata dall’ente, debba essere verificata da un soggetto terzo in possesso dei requisiti previsti dallo stesso codice in funzione dell’importo dei lavori da appaltare: per questo abbiamo provveduto ad una ulteriore gara per affidare la verifica a professionisti esterni. Ad un primo esame da parte della commissione giudicatrice l’offerta sia tecnica che economica presentata dalla prima classificata era risultata “anomala”, ovvero aveva ottenuto un punteggio troppo alto rispetto al massimo attribuibile. Abbiamo perciò richiesto giustificazioni da parte dell’operatore economico, che le ha fornite nei termini indicati. Anche questa situazione è stata dunque risolta dal punto di vista amministrativo, seguendo la normativa e si potrà ora procedere alla verifica e in seguito all’affidamento dei lavori del primo stralcio”.

Il 2021 è stato l’anno del risveglio italiano, culturale e sociale: Eurovision, Europei di calcio, Olimpiadi e il Nobel a Giorgio Parisi. Sulla scia di questa ripresa a livello nazionale, crede sia auspicabile una possibile ripartenza anche per Terni e che magari questa coincida con l’inizio dei lavori al numero 99 di Corso Vecchio entro la fine dell’anno?

“Non solo è auspicabile ma necessario per una città come Terni che negli ultimi decenni, ben prima della pandemia, ha dovuto fare i conti con molti problemi ed è rimasta sostanzialmente immobile. Da parte nostra, per quanto possibile, stiamo lavorando per restituire fiducia e orgoglio ai ternani. Tramite il mio assessorato lo faccio progettando e seguendo opere e infrastrutture che saranno necessarie ad attuare concretamente la nostra idea di città per il futuro: una Terni più attrattiva, più vivace, più verde”.

In che modo, concretamente?

“Si tratta d’interventi strategici: sicuramente il nuovo teatro Verdi, poi la rete delle ciclabili e delle ciclovie e il PalaTerni, ormai in fase avanzata di costruzione, pensato non solo per lo sport ma anche per gli spettacoli, capace di attrarre un pubblico da un’area ben più vasta di quella del ternano. Poi naturalmente c’è tutta la partita della transizione ecologica nella quale Terni, grazie alla sua tradizione industriale e d’innovazione deve e può giocare una partita importante a cominciare dall’utilizzo dell’idrogeno sul quale stiamo lavorando con progetti importanti e già riconosciuti a livello nazionale. In questo senso dobbiamo lavorare su binari paralleli con le aziende locali, a cominciare dall’Ast che sta per cambiare di proprietà, per garantire continuità nello sviluppo, insieme alla sostenibilità e al risanamento ambientale”.

Insomma la “Questione Verdiana” appare indirizzata sulla giusta via. D’altra parte una città senza teatro, uno degli indotti maggiori di cultura, fatica a stare in piedi. È dello stesso parere Michele Rossi consigliere capogruppo di Terni Civica, impegnato negli anni a dare alla questione carattere di primo rilievo, che ci dice: “Il teatro è mancato, questo è certo. Rappresentazioni e compagnie teatrali a livello nazionale non sono venute, è mancata quel tipo di offerta culturale. C’è stato uno stravolgimento della cultura e della storia della città che ne ha risentito di identità.”

La sua posizione era quella di un ripristino del progetto polettiano (sulla base del primo disegno ottocentesco dell’architetto Poletti): cosa ne pensa ora del programma vincitore?

“Ritengo tuttora che recuperare il progetto polettiano avrebbe potuto essere una grande operazione culturale, così come è stato per i teatri a Fano e Rimini che ora sono una vera e proprio attrazione turistica. A fronte dei bisogni della città che necessita di un teatro di queste dimensioni penso sia un giusto compromesso. Ora il progetto non va boicottato, sarà un teatro moderno ma comunque a ferro di cavallo, quindi la forma classica del teatro all’italiana.

Il teatro è la massima istituzione culturale, ne risente tutta la città quando questo manca perché deputato alle espressioni culturali  che sono centrali nella vita cittadina.  Sono mancate certe rappresentazioni teatrali. Terni è stata molto dedita al ‘moderno’, tralasciando tutta quella grossa fetta di spettacolo che deriva dal ‘classico’”.

C’è molto da lavorare, dunque, consola la assoluta concordanza amministrativa e politica sull’evidenza che l’assenza di un teatro, spazio culturale irrinunciabile di una città, è una lacuna a cui nessun cittadino deve abituarsi.

 

 

Alessia Sbordoni: Mangiadischi di professione, ho come passione principale la musica. Adoro l’arte, il cinema, e viaggiare alla scoperta di nuove culture, di tutti i tipi e tutte le taglie. Ho una laurea in giurisprudenza e un master per le funzioni internazionali e la cooperazione allo sviluppo conseguito a Roma.