Terni, urban artivism per riprogettare l’abbandono di piazza del Mercato

TERNI – Piazza del Mercato si trova nel pieno centro della città di Terni ma ha da tempo perso le connotazioni che rendono tale una piazza. Quello che un tempo era il luogo privilegiato della vita cittadina è ora un’area scura, abbandonata, utilizzata come parcheggio e con al centro la grande struttura del mercato chiusa, vuota da anni.

Quattro anni fa proprio qui, richiamati da questo “vuoto”, le associazioni Demetra e Arciragazzi gli Anni in Tasca, hanno organizzato un evento inatteso: il “Concerto dai Balconi”. In tempi ancora lontani dalla pandemia. Fu una grande festa, tale da spingerle a replicare l’anno successivo in un altro quartiere periferico della città.

Il 2020 ha riportato queste associazioni a Piazza del Mercato, con “EX. Progettare l’abbandono”.  Con un approccio artistico e multidisciplinare, hanno chiamato a raccolta associazioni e professionisti negli ambiti più diversi per riportare l’attenzione della città tutta su questo contesto decisamente “immobile”.

 

 

Questo approccio alla città, già praticato da anni ormai dai protagonisti ternani, propone la riflessione tipica del cosiddetto Urban Artivism, consente di rimanere al di fuori delle arene formali o politiche ma allo stesso tempo di introdurre degli input all’interno di contesti che hanno bisogno di stimoli o di facilitazione/moderazione.

Attraverso alcune pratiche partecipative i promotori hanno costruito un percorso creativo, una riflessione locale, collettiva e inclusiva per immaginare una nuova Piazza del Mercato a Terni, agendo come nella creazione di una mappa di comunità, ponendosi le stesse domande ed affrontandole attraverso lo sguardo di differenti discipline: Dove siamo? Che cosa rende questo luogo diverso dagli altri? Quali sono gli ingredienti che lo compongono? Cosa è importante a livello personale, collettivo e perché? Quali sono le qualità naturali del luogo? E quali i saperi individuali?

Una ricerca di questo tipo racconta un punto di vista di un gruppo di lavoro in un dato momento storico. È dunque soggettiva, riconoscibile e distintiva, unica e irripetibile. In sintesi, sono sempre le persone coinvolte a fare la differenza. “E questo il senso del nostro agire –spiegano i promotori- affinché le città non siano città vuote, abitate da fantasmi: incoraggiamo la cittadinanza a diventare parte attiva nei cambiamenti.”

 

 

Le associazioni animatrici di EX continuano, naturalmente, a sostenere la loro proposta culturale e, assieme, civica: molte interessanti suggestioni possono essere trovare e fruito sul loro sito: https://www.exprogettare.it/, ma vorremmo proporre, qui, una riflessione trasversale, che giustificherà ampiamente la segnalazione di queste iniziative ad alcuni mesi di distanza dall’evento pubblico più eclatante, tenutosi nel luglio scorso; la riflessione si fonda su due punti, ovviamente collegati:

  • la prima riflessione riguarda le nostre città, che sono brutte. Lasciamo stare Corso Tacito a Terni e Corso Vannucci a Perugia, e ovviamente non ci stiamo riferendo a quei gioielli, da Assisi ad Orvieto, che costellano il nostro territorio; quando parliamo di “città” non parliamo né di turismo né della passeggiata in centro per l’aperitivo, ma di quartieri periferici, zone residenziali anonime, aree etichettate come “industriali” che sembrano obbligate alla bruttezza, al disordine e al disagio. Questa bruttezza c’è anche a Terni e a Perugia, per essere chiari, appena ci si allontana un po’ dai centri “nobili”, come c’è alle pendici di Assisi e di Orvieto. La vita vera degli umbri, per lo meno la maggior parte di loro, non è a Corso Tacito o a Corso Vannucci, ma in quelle periferie, in quei quartieri dormitorio: anonimi, senza servizi, con palazzoni grigi e semmai vuoti.
  • La seconda riflessione riguarda il significato dell’attivismo delle persone e delle associazioni dietro questo progetto. Le nostre città sembrano sempre più reclamare partecipazione, vita, occasioni, socialità. Le città brutte stimolano la passività dei loro abitanti; gli abitanti attivi fanno diventare belle (vivibili, confortevoli, amichevoli) le città. I cittadini passivi trascurano i loro luoghi, cominciando, semplicemente, col non guardarli più, non vederli, percepirli come un territorio altro e ostile. Purtroppo l’una cosa (la presenza o assenza di attivismo) si collega all’altra (la bruttezza o la vivibilità delle città), ed è difficile spezzare le routine, gli atteggiamenti consolidati e irriflessi.

Come ci hanno detto alcuni dei promotori che abbiamo incontrato, “Pensiamo ci sia necessità di risvegliare, ri-bilanciare le nostre città, di accogliere il fatto che siamo, necessariamente, in una era di attivismo e dobbiamo accettare che azioni indipendenti e autonome possano essere il punto di partenza di processi pubblici. Questo è in parte anche una reazione contro limmobilismo dei centri decisionali, contro una evidente distanza, che dovrebbe essere chiaramente accorciata se non annullata, tra la città come entità politica e la città come una entità culturale e viva.”

Oltre al sito già segnalato, vogliamo ricordare la testimonianza rilasciata nel volume a cura del sociologo Raffaele Federici, Ex. Progettare l’abbandono, Intermedia edizioni 2020.

Le foto della gallery sono di Giada Marotta e Nicola Severino. Le immagini realizzate col drone sono state realizzate da Massimiliano Gasperini. Caterina Moroni per associazione Demetra e Marco Coppoli per l’associazione Arciragazzi gli anni in Tasca, ci hanno aiutati a capire il progetto. Li ringraziamo tutti.

Claudio Bezzi

Redazione Vivo Umbria: