Umbria indimenticabile grazie all'arte contemporanea

PERUGIA – Piero Dorazio, Alighiero Boetti e Beverly Pepper, come molti altri, sono stati attratti dalla splendida campagna di Todi. William Congdon, partito da New York, dopo aver attraversato l’Europa, nel 1959, con la conversione, si stabilisce per vent’anni ad Assisi. Giuseppe Capogrossi realizza grandi murali nell’ex convento dei Cappuccini a Gubbio. Sol LeWitt elegge la sua casa sul Monteluco di Spoleto come baricentro alternativo alla sua dimora americana. Persino Yves Klein nell’arco della sua breve esistenza ebbe modo di venire in Umbria almeno cinque volte lasciando lo straordinario ex voto nel Monastero di Santa Rita a Cascia. Ex voto, realizzato per invocare “grande bellezza” su tutta la sua opera, che è in mostra insieme a uno splendido Monocromo anch’esso lasciato tre anni prima nel Santuario, con dedicata sul retro in bella evidenza a Santa Rita.
Mette in “esposizione” tutto questo, e non solo, la mostra “Unforgettable Umbria – L’arte al centro fra vocazione e committenza”, un racconto allestito dalla Fondazione CariPerugia Arte, nel piano nobile di palazzo Baldeschi a Perugia, sul secondo Novecento in Umbria attraverso le opere di grandi artisti che qui hanno scelto di vivere e lavorare, nello spazio di una stagione o di un’intera vita. Nella misura raccolta di una regione in cui paesaggio e memoria costituiscono un valore indissolubile, molti artisti infatti hanno trovato qui da noi la dimensione ideale per la loro ricerca, riconoscendosi intimamente nei luoghi, o, più semplicemente, cogliendone in profondità quell’identità che, in molti casi, hanno saputo interpretare e arricchire. Ne emerge un ricchissimo mosaico di presenze e una storia densa e di occasioni espositive e interventi sul territorio, spesso favoriti da un lungimirante mecenatismo.

“L’arte al centro fra vocazione e committenza” è dunque una preziosa occasione anche per scoprire o ripercorrere gli itinerari di un’arte contemporanea capillarmente diffusa nella regione, spesso in suggestivo dialogo con il tessuto dei centri storici o gli scenari unici del suo paesaggio. Il rapporto fra l’Umbria, legata naturalmente ad una storia culturale più classica (Perugino, Pintoricchio, Matteo da Gualdo, Giandomenico Cerrini), e la produzione artistica contemporanea è più stretto di quanto possa sembrare. E questa mostra lo mette bene in evidenza.
Curata da Alessandra Migliorati, Paolo Nardon e Stefania Petrillo l’esposizione – inaugurata il 13 aprile scorso resterà aperta fino al 3 novembre – propone una selezione di dipinti e sculture di oltre cinquanta artisti di fama internazionale: tra gli altri, Alighiero Boetti, Alexander Calder, Giuseppe Capogrossi, Piero Dorazio, Yves Klein, Brian O’Doherty, Sol LeWitt, Beverly Pepper, Ivan Theimer e Giuseppe Uncini. Sono solo alcune testimonianze degli ospiti illustri che in mostra vanno ad affiancarsi a due grandi umbri: Alberto Burri e Leoncillo, due maestri che, pur tra loro così diversi per linguaggio e destino, hanno entrambi avviato la loro ricerca da un profondo radicamento nell’antica cultura della regione. Ad accogliere i visitatori, una foto con Burri, Afro, Calder e Scialoja a Perugia nel 1956 immortalati in una posa molto divertente.
Tante traiettorie individuali si sono intrecciate in Umbria, tradizionale crocevia culturale, anche in alcune mostre che hanno fatto epoca, come “Spoleto 62”, la grande rassegna di sculture di cui il monumentale stabile di Calder è oggi indiscusso simbolo, o “Lo spazio dell’immagine”, la rassegna che nel 1967 a Foligno fu tra le prime a verificare le nuove ricerche su “opere-ambiente”. In mostra vengono inoltre presentati per la prima volta tutti i bozzetti originali realizzati dai 27 artisti per lo spettacolare Campo del Sole sul Lago Trasimeno.
Il prezioso catalogo, realizzato da Fabrizio Fabbri Editore anch’esso realizzato dai tre curatori, racchiude storie, esperienze, note critiche e suggestioni a fianco di una dettagliata documentazione delle opere. Nel 1993 Piero Dorazio scriveva sul saggio ‘Vivendo in Umbria’: “Todi riscuote da qualche anno un grande successo internazionale. È una città bellissima e niente affatto provinciale; la campagna e la cultura rurale che la circondano ne fanno un sito ideale per chi esercita una professione creativa. In tutti gli anni che ho trascorso qui piano piano ho visto artisti, scrittori, professionisti stabilirvi la loro residenza [..]. Ma cosa trovano artisti e intellettuali da queste parti? Certamente qualcosa che hanno sempre cercato come me. Forse proprio l’equilibrio del vivere il fare e la meditazione che ho descritto più sopra, un bene inalienabile che la nostra civiltà sembra aver dimenticato”.

Il commento di Paolo Nardon tra i curatori della mostra
Riccardo Regi: Direttore di Vivo Umbria, Perugino, laureato in Lettere, giornalista professionista dal 1990, vice direttore dei Corrieri Umbria, Arezzo, Siena, Viterbo, Rieti per 18 anni.