Vienna Cammarota: Ruvo del Monte desolato, i giovani se ne vanno

Prosegue  in esclusiva per Vivo Umbria il diario di viaggio di Vienna Cammarota, la pellegrina che a piedi vuole denunciare lo stato di abbandono di molti nostri borghi. Partita da Salerno arriverà a Matera seguendo l’itinerario letterario tracciato da Carlo Levi con il suo libro “Cristo si è fermato a Eboli”.

15 marzo

A Ruvo del Monte hanno acquistato case dieci persone di Ischia, vengono raramente e per qualcuno la casa è già un peso. Il comune è la Pro loco sono in simbiosi per ogni iniziativa e per rilanciare l’economia del paese, il problema è sempre lo stesso, l’anno scorso sono nati quattro bambini, a Rapone nessuno sebbene dichiarato paese delle favole con un museo all’aperto e multimediale molto bello. I giovani vanno via eppure c’è Melfi con la Fiat e una fabbrica di tecnologia in zona. L’agricoltura è abbandonato, sono resistiti solo tre giovani per la pastorizia, per le colture dell’orto, grano, vino stanno scomparendo, resistono ancora pochi anziani. I giovani dovrebbero rimanere, credere nella loro terra e resistere. Il turismo ambientale, l’agricoltura, i servizi sociali credo dovrebbero essere sviluppati e condotti dai giovani dalle loro idee, dalla loro entusiasmo. Come guida ambientale sento di dire che sempre più ci avviciniamo ad un turismo esperienziale e tale sviluppo non potrà essere svolto se non ci sono risorse umane nei borghi.
A Ruvo del Monte mi ha ospitato la Pro loco sono stata accolta dall’amministrazione.


 
14 marzo
In ogni cammino c’è il pro e il contro. Stamani sono  arrivata a Atella sotto una fredda pioggia, come i suoi abitanti. Mi viene sempre da pensare in questi casi ‘chi vuole venire qui!’.  Sono stata in  Comune e mi hanno dato delle notizie sull’andamento demografico: ho chiesto le attrattive per un turista che volesse venire qui, le opportunità che avrebbe per visitar cosa. C’è una chiesa, un luogo in cui sono stati rinvenuti reperti archeologi e niente altro. Non sono riuscita né a parlare con il Sindaco, che era impegnato, né con il presidente della Pro loco, malato con la febbre. La mia impressione è che vivano in un dolce far niente e che poco serva per incrementare o rivivere il borgo. Tanto la gente viene a vivere qui da altri paesi, per la posizione che consente di avere facili accessi alla fondovalle. Inoltre hanno il medesimo problema di tutti i borghi: gli alunni si distribuiscono su più realtà abitative e le attività commerciali si contano sulle dita delle mani. Nell’agricoltura e pastorizia sono sempre in meno a crederci e soprattutto, chi ci crede ancora, è sempre più anziano. L’unica eccezione è la signora Lucia (nella foto in pagina ndr.) che ha una macelleria e che fa anche tavola calda. Ha vissuto per più di vent’anni in Germania. E’  rientrata in Italia per mettere a frutto la sua esperienza tedesca. Mi ha raccontato della diffidenza della gente, della lunga burocrazia italiana, ma lei  testarda vuole rimanere qui, così anche suo marito e i suoi figli.
13 marzo
Consegno la bandiera italiana al sindaco di Rapone. Il tricolore simbolo di appartenenza alla bellissima Italia fatta di piccoli borghi che stanno scomparendo. Quei piccoli borghi dove esiste ancora umanità e rispetto, dove è impossibile fermare la loro decadenza per mancanza di una politica ad hoc.

La consegna del tricolore

 
12 marzo
A Castelnuovo ho dormito in un prefabbricato del terremoto ed era  era senza riscaldamento e stanotte non voglio passare un’altra notte al freddo così sono arrivata a Rapone perché Pescopagano era e non c’era da dormire. Il vento freddo mi fa stancare di più e mi fa venire il mal di testa.
11 marzo
Ho la sensazione di attraversare delle terre deserte, solo che non sono deserte. Dopo Contursi è incognito. A Colliano trovo da mangiare ma non ci sono strutture alberghiere. Visito Collianello il borgo antico è stato ben ristrutturato, i vicoli sono vuoti si popolano solo con le feste padronale o d’estate. Incontro due persone anziane che mi raccontano  del borgo. La gente diminuisce sempre di più e i giovani vanno via perché non c’è lavoro. I servizi sono sempre meno e le strade sempre più rotte. Mi raccontano e racconto che si può fare di più, i giovani sono il nostro futuro sono loro che devono prendere le redini dei propri avi, come l’agricoltura, il turismo ambientale, gli sport nell’ambiente, i servizi sociali. Oramai i giovani sono scoraggiati e non vedono un futuro migliore e gli anziani sono stanchi di raccontare e non vogliono che i giovani facciano i loro medesimi sacrifici. Basta mettere in fila le singole questioni e svilupparle. Siamo troppo presi a produrre  danaro  dimenticando della eredità ricevuta dai nostri avi sapienza, cultura, manualità e rispetto dei  valori sociali e siamo sempre poco sensibili a produrli.
 

Redazione Vivo Umbria: