Vittoria Ferdinandi racconta il senso profondo di quella telefonata della Presidenza della Repubblica

PERUGIA – Ci ha colpiti al cuore il racconto in prima persona di Vittoria Ferdinandi che lei stessa ha pubblicato sulla pagina Facebook di “Numero Zero”. Ritorna al momento in cui ha ricevuto la telefonata della segreteria del Presidente Sergio Mattarella, della nomina a Cavaliere al merito della Repubblica, di un’aspettativa non solo sua che si realizza per gli altri e del dialogo emotivo con sua madre che non c’è più. Paola Bianchini. Perché anche noi, nel riferirvi la notizia nei giorni scorsi, abbiamo pensato a lei che nella nostra testata curava la rubrica di psicologia “Dialoghi dal Sottosopra” e abbiamo avuto la possibilità di conoscere, sotto certi aspetti, in profondità proprio grazie alla natura di  questa collaborazione. Ci siamo tenuti dentro l’immediato coinvolgimento emotivo forse per un immotivato senso del pudore, ma abbiamo pensato le stesse cose che Vittoria, ora, racconta a tutti. E a questo punto, possiamo dire, noi con lei. Spiegano perché, anche grazie a questa madre così preparata, appassionata e attaccata alla sua professione, Vittoria può dire oggi a se stessa “(…) dopo 34 anni sono riuscita finalmente a dirmi per la prima volta: sì Dada, questa volta te lo meriti un po’ anche tu”.
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Quando a vincere sono i numeri zero

di Vittoria Ferdinandi
-Pronto parlo con Vittoria Ferdinandi?
-Si chi parla?
-La chiamo dalla segreteria della Presidenza della Repubblica
-Da dove?
-Dalla segreteria della Presidenza della Repubblica. La chiamo per informarla che il presidente Sergio Mattarella l’ha nominata Cavaliere al merito della Repubblica.
E poi succede esattamente come nei film: mani in faccia e gambe che tremano, ci accascia per terra e se la vita ci ha strappato via qualcuno di importante si rivolge, chissà perché, lo sguardo in cielo. Io quel cielo l’ho guardato con gli occhi pieni di lacrime e ho subito rivissuto un momento: quando in ospedale mia mamma mi disse che ciò che le mancava di più erano i suoi pazienti.
Ho pensato che quel merito fosse prima di tutto suo che mi ha insegnato, solo facendosi guardare, che esistono vite il cui significato è inscindibilmente connesso alla necessità di prendersi cura dell’altro. Non so se queste siano vite che hanno più merito delle altre, di certo sono destini e il suo destino ha intrecciato anche il mio e ne sono molto fiera.
Poi ho visto i volti di tutti i ragazzi di Numero Zero e ho pensato che quel merito fosse anche il loro che ogni giorno dimostrano a se stessi e agli altri quanto valore abbia cercare di superare le proprie ferite e i propri graffi per rivendicare un diritto alla vita. E non ho parole per dirgli quanto ogni giorno sia orgogliosa di loro
Poi ho visto noi del Direttivo dell’Associazione realmente, ci ho rivisti lavorare insieme instancabilmente e sfidare l’esistente con tanto coraggio e ho pensato che alla fine non c’è niente di retorico nel dire che da soli non si vince mai nulla e che senza di loro questo traguardo non ci sarebbe stato o comunque non sarebbe stato così bello.
Poi ho visto anche me, mi sono rivista chiudere il ristorante con la schiena rotta alle due di notte e spegnere la sveglia alle sei di mattina per seguire le lezioni, mi sono rivista asciugarmi le lacrime fuori dall’ospedale e correre al lavoro con un sorriso che dovevo a loro e a tutti voi che venivate lì. E alla fine dopo 34 anni sono riuscita finalmente a dirmi per la prima volta: sì Dada, questa volta te lo meriti un po’ anche tu”.
Riccardo Regi: Direttore di Vivo Umbria, Perugino, laureato in Lettere, giornalista professionista dal 1990, vice direttore dei Corrieri Umbria, Arezzo, Siena, Viterbo, Rieti per 18 anni.