Cerca
Chiudi questo box di ricerca.

Niccolò Ammaniti, “Fango”. Tra l’assurdo e il grottesco

PERUGIA Fango (Mondadori, 1999) è una raccolta di racconti che trascina il lettore in un universo grottesco e feroce dove la realtà quotidiana si sporca, letteralmente e metaforicamente, di fango. Non è un fango solo fisico ma morale, psicologico, esistenziale: quello che impregna le vite di personaggi ai margini, spesso giovani, smarriti, incapaci di trovare un posto nel mondo. In queste pagine Ammaniti affonda le mani  nella natura umana restituendone un’immagine spietata ma incredibilmente viva.

La trama di ogni racconto segue traiettorie diverse ma tutte si muovono sullo stesso terreno instabile: la precarietà, la disillusione, la rabbia sociale. Nell’“Ultimo capodanno dell’umanità”, che apre la raccolta, un gruppo di personaggi ordinari si ritrova a vivere un Capodanno fuori controllo dove l’allegria si trasforma in caos e la festa diventa un rito collettivo di distruzione, un affresco della follia quotidiana nascosta sotto la superficie della normalità. Negli altri racconti si susseguono adolescenti in fuga, adulti alla deriva, uomini e donne che cercano riscatto e finiscono per sprofondare ancora di più.

La scrittura di Ammaniti è tagliente, visiva, impregnata di ironia nera. Ogni pagina scorre come un film che alterna il ritmo serrato dell’azione alla lentezza quasi cinematografica del dettaglio crudele o grottesco. La società che emerge è quella di un’Italia urbana e disillusa dove i sogni di successo e di felicità si trasformano facilmente in caricature, dove la televisione e i modelli di consumo creano illusioni che crollano appena vengono toccate.

Il messaggio che attraversa Fango è quello di una disperata ricerca di senso. Ogni personaggio, a modo suo, tenta di uscire dal pantano ma raramente ci riesce. Eppure, in questa continua caduta, c’è qualcosa di profondamente vitale. Il fango diventa così una metafora dell’esistenza stessa: luogo di impurità ma anche di generazione, materia sporca da cui si può forse rinascere. Ammaniti mostra che dentro l’abiezione si nasconde sempre una scintilla di vita e che l’umanità è fatta di creature imperfette, confuse, spesso ridicole.

Dal punto di vista psicologico, i racconti di Fango scavano nelle zone d’ombra dell’identità. I personaggi vivono un costante conflitto tra impulso e morale, tra desiderio di appartenenza e paura dell’altro. L’autore li descrive con tratti quasi clinici mettendo in luce la fragilità emotiva, la solitudine, l’ansia di riconoscimento. Spesso si muovono come se fossero intrappolati in una gabbia invisibile, vittime di una società che li spinge a esibirsi più che a essere. La violenza e l’eccesso diventano allora linguaggi alternativi: modi distorti di affermare un’esistenza che altrimenti passerebbe inosservata.

In questo senso, Ammaniti costruisce un mosaico di disperazioni quotidiane che, pur nel tono esagerato e visionario, restituisce un ritratto autentico del nostro tempo. Le sue storie, anche le più assurde, risuonano vere perché parlano della fame di attenzione, del bisogno d’amore, della paura di non contare nulla. È un libro che costringe il lettore a guardare dentro il proprio fango interiore e a riconoscere che, forse, nessuno ne è completamente immune.

 

NICCOLO’ AMMANITI

Niccolò Ammaniti è nato a Roma nel 1966. Dopo gli studi in biologia, ha deciso di dedicarsi alla scrittura esordendo nel 1995 con il romanzo Branchie!, che si impose subito per originalità e linguaggio vivace. Il successo arrivò con la raccolta di racconti Fango (1996) e si consolidò con Io non ho paura (2001) da cui Gabriele Salvatores ha tratto il celebre film. Tra le sue opere più note ci sono Come Dio comanda (Premio Strega 2007), Che la festa cominci, Anna e Io e te. I suoi romanzi affrontano temi come la crescita, la perdita dell’innocenza, la violenza e la solitudine, con uno stile diretto, ironico e profondamente umano.

Oggi Ammaniti è considerato uno degli scrittori più importanti della narrativa italiana contemporanea.

 

Articoli correlati

Commenti