La giornata del 14 luglio a Umbria Jazz ha avuto un fil rouge chiaro ed emozionante: la voce come protagonista assoluta. All’Arena Santa Giuliana si sono alternate due figure magnetiche del panorama jazzistico internazionale: Samara Joy e Gregory Porter, regalando al pubblico presente emozioni intense, sfumature soul e jazz d’eccellenza.
Si è aperto in mattinata, alle 12 nella Sala Podiani della Galleria Nazionale dell’Umbria, con il sempre ispirato Danilo Rea. Il suo piano solo – un flusso ininterrotto di circa 90 minuti – ha attraversato generi, epoche ed atmosfere con la consueta eleganza. Rea ha costruito un viaggio sonoro dove il jazz si intrecciava con rock, cantautorato e colonne sonore, in un abbraccio musicale in cui tutto si tiene. Divertente l’episodio che ha chiuso il set: una bimba dal pubblico gli chiede un brano degli 883. Rea, sorridendo, confessa l’impreparazione, ma ricorda di aver suonato con il cantante in un vecchio programma televisivo. Momenti così rendono i concerti anche umani, familiari.

Nel pomeriggio, Rea è tornato sul palco in duo con Luciano Biondini, fisarmonicista spoletino: un incontro di sensibilità e suoni, che ha ribadito quanto la complicità tra due strumenti e due anime possa generare magia.
Alle 17, il Teatro Morlacchi ha accolto il potente quintetto del batterista Johnathan Blake, protagonista con il suo progetto “My Life Matters”, suite dedicata al coraggio di non tacere di fronte alle ingiustizie. Blake è salito sul palco con un gruppo di altissimo livello: da Dayna Stephens ai fiati a Fabian Almazan al piano ed elettronica, passando per l’energico Jalen Baker al vibrafono e Dezron Douglas al contrabbasso. Un live intenso, moderno, applaudito a lungo. In chiusura, una sorpresa: una trascinante versione di Steppin’ Out di Joe Jackson, che ha conquistato anche i meno jazzofili.

In serata, l’Arena si è accesa con la voce giovane e già iconica di Samara Joy. Alla sua prima volta sul main stage, la venticinquenne ha confermato perché è considerata una delle stelle emergenti più brillanti del jazz mondiale. Accompagnata da un ensemble di otto musicisti, ha aperto con “Round Midnight” di Thelonious Monk, incantando con il suo timbro caldo e vellutato. Omaggi a Carmen McRae, Billie Holiday e ancora Monk (con “Ugly Beauty”) hanno completato un set raffinato ed accolto con entusiasmo.

Poi, il grande ritorno: Gregory Porter, con il suo inconfondibile basco e la sua voce baritonale capace di accarezzare e scuotere. Ha aperto con “Revival Song”, seguito da brani come “If Love Is Overrated”, “Hey Laura”, “Liquid Spirit”, “Take Me to the Alley” e la poderosa “Musical Genocide”, in cui ha infilato omaggi a “My Girl”, “Papa Was a Rolling Stone” e Stevie Wonder. Pubblico in visibilio, bis scatenato con “Free” e ringraziamenti sentiti – con tanto di apprezzamento per la porchetta umbra.

Una giornata lunga e piena, ma di quelle che rimangono nella memoria. Perché a Umbria Jazz, la musica non si ascolta soltanto: si vive, si sente, si respira.
Le foto sono di Giancarlo Belfiore