L’indie rock dei Marlene Kuntz scalda i cuori del pubblico. Cala il sipario su “Sonica”

TERNI – I Marlene Kuntz solcano i mari dell’indie rock italiano dalla fine degli anni ottanta. Hanno sempre avuto un ruolo da protagonisti e da quando sono esplosi, a metà anni novanta, si portano dietro un pubblico che non li abbandona mai. Nati nel cuneese, dopo oltre trent’anni di attività, non tradiscono: rimangono puri e duri, o meglio cupi, e quel sound inconfondibile anche ieri sera sul palco dell’Anfiteatro romano di Terni, era lì intatto.

 

 

Ospiti del Baravai Music, in collaborazione con Umbria Green Festival, hanno aperto la quattro giorni che sta portando una serie di musicisti noti in città. Tra il pubblico, i tanti che coi Marlene Kuntz ci sono cresciuti e che li ascoltano da sempre. Ieri sera Godano e compagni presentavano il nuovo album, l’undicesimo, Karma Clima, uscito lo scorso settembre. “Non avremmo mai pensato nella nostra carriera di fare un concept album” dice il frontman, eppure i temi – l’emergenza climatica e la difesa dell’ambiente – erano troppo urgenti per essere rimandati.

Reduci dal lutto per l’improvvisa scomparsa dello storico batterista e fondatore della band, Luca Bergia, lo spettacolo di ieri sera a Terni è stato un concentrato di tutto ciò che li contraddistingue. L’eleganza, la maestria, la poesia e il rock, quello vero. Accanto ai pezzi dal nuovo album, che hanno lasciato il pubblico un po’ tiepido, ci sono quelli che non si possono non cantare e che hanno segnato, per un verso o per un altro, la storia del rock nostrano e le vite di chi era lì ieri sera.

 

 

Dal passato non sono mancate Ineluttabile, La canzone che scrivo per te e Nuotando nell’aria: solo questi tre pezzi valevano l’intero concerto. I Marlene Kuntz sono una band completa: ogni canzone è il risultato essenziale e perfetto di un’ombrosa accuratezza, ogni testo incarna poesia allo stato puro. Sul palco non sono mai stati particolarmente comunicativi, ma sanno trasmettere una grande energia, che a tratti esplode con punte rabbiose, sempre carica di quella vena riflessiva, che sublima ogni esperienza terrena.

Salutano con Sonica, carichissima. Il pubblico ne vorrebbe di più, di tutto quell’incanto ma l’ora e mezza e scaduta e questi alchimisti della musica, che non smettono mai di essere profondamente sé stessi nonostante tutto, scompaiono tra il buio delle quinte.

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