Nel cuore di Todi una dimora degna di un principe rinascimentale: il Palazzo episcopale è uno scrigno d’arte

TODI – E’ una delle gemme più ammalianti dell’Umbria, dove tutto parla del suo passato e che oggi è il suo marchio inconfondibile. E a Todi c’è una dimora degna di un principe rinascimentale e simbolo della grandezza del personaggio che ha voluto realizzarla. E’ il Palazzo episcopale, costruito da quell’Angelo Cesi vescovo della città a partire dal 1566, periodo particolarmente significativo per la città umbra, tra le prime a risentire della spinta riformatrice che trovò incentivi e riscontri ideali in alcuni personaggi che seppero tradurre lo spirito e le norme del Concilio di Trento in efficaci provvedimenti.

Ad annunciare la maestosità del palazzo c’è subito il portale d’ingresso attribuito a Jacopo Barozzi detto il Vignola. Ma di fatto l’intero edificio riserva una sorpresa dietro l’altra grazie alla ricchezza delle sue decorazioni e persino ai suggestivi affacci su questo centro storico di straordinaria bellezza, culla della civiltà medievale.
Sul lato sinistro del Duomo, che domina uno dei lati “corti” di Piazza del Popolo, centro laico e vescovile della città, c’è dunque il Palazzo episcopale realizzato per volontà di Angelo Cesi, vescovo dal 1566 al 1606 per nomina di Papa Pio V all’indomani del Concilio di Trento, con la missione di restaurare l’ordine e riorganizzare la diocesi. Cesi fece in realtà molto di più, dotando Todi di un gran numero di palazzi rinascimentali, tra cui il Palazzo vescovile terminato nel 1593, come ricorda la lapide collocata sopra il portale principale, seguendo probabilmente il progetto dell’architetto Giovanni Domenico Bianchi.


E il XVI secolo ha costituito davvero per la città un periodo particolarmente significativo: la spinta riformatrice ha trovato caposaldi in alcuni personaggi come appunto Angelo Cesi che ha saputo rendere concrete le norme tridentine segnando la comunità urbana e diocesana non solo dal punto di vista della spiritualità, ma perfino della fisionomia sociale e culturale, come osservano gli studiosi locali. Cesi si è rivelato così protettore e mecenate di numerosi artisti di cui si ha riscontro proprio nel Palazzo episcopale.
Strutturato su quattro livelli, era stato pensato per la vita della Diocesi: al piano inferiore, a livello del cortile e del giardino, erano disposte le cucine, le stalle, le cantine e i magazzini, che si affacciavano su un portico oggi chiuso; dall’ingresso principale si poteva accedere agli uffici della curia, alla cancelleria, all’archivio e alla Cattedrale, mentre un ampio scalone conduceva al piano nobile; l’ultimo piano era destinato alla servitù ed al personale al servizio del vescovo. Il palazzo era inoltre dotato di due cisterne per l’approvvigionamento di acqua e, sul lato posteriore, aveva un’uscita per carri e carrozze. Oltre che dalla scala regia, i vari livelli erano collegati da due scale a chiocciola usate esclusivamente dalla servitù.

Al primo piano, attraverso un lungo corridoio, nel quale è possibile ammirare una tela del Faenzone, raffigurante Angelo Cesi seduto in trono, si accede alla Sala della Cancelleria decorata dal pittore Pietro Paolo Sensini. L’apparato pittorico risulta di grande impatto, vediamo nel dettaglio partendo dalla controfacciata (da destra a sinistra): Allegoria della Sobrietà, Allegoria della Giustizia, Allegoria della Memoria. Parete destra (proseguendo nella stessa direzione da destra a sinistra): Allegoria della Magnanimità, Allegoria della Prudenza, Allegoria dell’Intelligenza. Sulla parete di fondo (proseguendo nella stessa direzione da destra a sinistra): stemma della città di Todi, Allegoria della Castità, stemma del cardinale Paolo Emilio Cesi; Allegoria della Perseveranza, stemma del vescovo Angelo Cesi. Parete sinistra: Allegoria della Pazienza, Allegoria della Carità, Allegoria della Concordia.
Il piano nobile ospita poi la cappella privata e la Galleria, affrescata dal pittore tuderte Andrea Polinori su commissione del vescovo Cenci, da cui si accedeva agli appartamenti privati del vescovo, ora adibiti a sede della biblioteca diocesana. La decorazione raffigura episodi inerenti la storia di Todi e allegorie. Nella parete destra (dall’ingresso): Allegoria della Benignità, Allegoria della Giustizia, carta topografica del territorio tudertino, fondazione di Todi, l’imperatore Traiano arriva a Todi (da notare la firma dell’artista); copia del “Marte di Todi” (l’originale etrusco in bronzo del V secolo a.C., si trova in Vaticano), il pontefice Bonifacio VIII riceve la visita dei canonici di Todi; Allegoria della Meditazione.

Nella parete di fondo, proseguendo nella stessa direzione: Allegoria dell’Orazione, ritratto del vescovo Ludovico Cenci, Allegoria dell’Intelligenza, il ritratto del Vescovo Marcello Lante. Proseguendo nella parete sinistra: Allegoria dell’Origine d’Amore, Bernardino da Feltre fa dedicare la città alla Vergine per mezzo della consegna delle chiavi, Pio II riceve a Todi gli ambasciatori del re di Francia, Papa Martino I al Concilio Lateranense del 649, San Fortunato libera gli ostaggi presi dai Goti, San Terenziano battezza i primi cristiani, Allegoria dell’Intelletto, Allegoria della Vigilanza.
Per saperne di più
www.comune.todi.pg.it/it
www.visitodi.eu

Riccardo Regi: Direttore di Vivo Umbria, Perugino, laureato in Lettere, giornalista professionista dal 1990, vice direttore dei Corrieri Umbria, Arezzo, Siena, Viterbo, Rieti per 18 anni.