Pietro Paris: presentato con un doppio concerto l’album d’esordio “Underneath”

PERUGIA – Qualche giorno fa, sabato 22 gennaio, nel Salone di Apollo del Museo civico di Palazzo della Penna, il contrabbassista Pietro Paris ha presentato in un doppio concerto – entrambe le performance erano sold-out – il suo album d’esordio “Underneath”, uscito nel mese di dicembre.

Ho ascoltato l’album prima della presentazione trovando le soluzioni adottate da Paris e dai musicisti coinvolti, Lorenzo Brilli alla batteria, Manuel Magrini al piano e Paolo Petrecca alla tromba, molto ben calibrate ed interessanti.

Il contrabbassista perugino ha scritto tutti i brani e sono presenti, in uno ciascuno come ospiti, altri amici della scena umbra; il sassofonista Lorenzo Bisogno, recente vincitore del Premio Internazionale Massimo Urbani, Leonardo Radicchi al clarinetto basso e Ruggero Fornari alla chitarra.

Sono proprio 50 minuti gradevoli e l’album è una tra le produzioni più interessanti del nuovo jazz italiano.

Ho assistito al secondo concerto, quello delle 21:30, e di fronte ad un pubblico ben distanziato ed in numero ridotto secondo la normativa vigente, il quartetto, con ospite Lorenzo Bisogno, ha fornito una prova convincente.

In scaletta cinque brani, quattro dall’album, “Bedford pt 1”, “A song for failures”, “Split decision” e “Never been here”, oltre allo standard “All of you”; nel finale bis dedicato a Thelonious Monk con l’esecuzione di due brani sapientemente mescolati.

Al termine del concerto ho rivolto qualche domanda al protagonista della serata:

Ciao Pietro e complimenti per l’album; la pandemia ha complicato l’ambiente musicale in maniera molto accentuata; come stai vivendo questo momento che speriamo presto possa terminare ?

La pandemia ha messo in contatto sensazioni ed esperienze completamente diverse ed è difficile avere un’opinione nitida. Ovviamente ha portato un carico di preoccupazione, di angoscia e in numerosissimi casi di dolore. Allo stesso tempo però, specialmente con il primo lockdown, ci ha concesso una sorta di stasi che ha permesso di approfondire e di portare avanti delle ricerche.

All’inizio ho cercato di investire il tempo nel modo più produttivo possibile: di studiare, trascrivere, ascoltare, scrivere moltissima musica e allo stesso tempo leggere alcuni libri che volevo approfondire da tempo.

Sicuramente è stato molto difficile non suonare con gli altri musicisti per lungo tempo: è una esperienza che ho vissuto in termini molto negativi e poter ricominciare a farlo è stata una vera e propria salvezza.

Poi la situazione si è fatta sicuramente più oscura, anche in merito a scelte intraprese a livello politico che non sono state esattamente amichevoli ed eque con la nostra categoria.

Ora la sensazione principale è un misto di voglia di darsi da fare per ricominciare a portare la musica di nuovo tra la gente e di delusione nei confronti di chi ha trattato il nostro e altri settori con estrema sommarietà.

Ci parli della tua formazione musicale ?

Il quartetto vede, oltre a me, Paolo Petrecca alla tromba, Manuel Magrini al pianoforte e Lorenzo Brilli alla batteria.

Nel disco ci sono alcuni featuring: Leonardo Radicchi al clarinetto basso, Lorenzo Bisogno al sassofono tenore e Ruggero Fornari alla chitarra.

Il sodalizio più lungo è quello che condivido con Lorenzo Brilli. Lorenzo è un batterista fantastico, con una cura del suono, dei dettagli, dello stile da cui ho imparato davvero moltissimo negli anni. Insieme siamo cresciuti molto musicalmente, e insieme abbiamo suonato tantissima buona musica. La ritmica ha trovato poi il suo pianista in Manuel Magrini ed è stato un incastro meraviglioso. Manuel è un pianista il cui il senso del virtuosismo è un mezzo per le scelte musicali. Scelte che mi lasciano senza parole la maggior parte delle volte. A questo trio ho pensato di unire Paolo, perché, per spirito musicale, è il musicista perfetto: condivide con noi un grande amore per la tradizione jazzistica e allo stesso tempo la voglia di manipolare, di rischiare di cercare ogni volta una nuova via.

La scena perugina e umbra in generale sta affacciandosi molto rapidamente alla ribalta del jazz non soltanto nazionale; musicisti come te, Manuel Magrini o Lorenzo Bisogno stanno avendo ottimi riscontri; il tuo parere in merito ?

Perugia è una città musicale per sua stessa natura (come lo è tutta l’Umbria del resto), e lo è con modalità molto diverse tra loro. Anche se è una città tutto sommato non molto grande ha sempre ospitato tanta musica e altrettante comunità musicali. In questo contesto sono nati, o sono cresciuti, moltissimi musicisti incredibili che sono stati alla ribalta bene prima di noi: il gruppo di cui faccio parte, probabilmente, li ha seguiti e imitati, ha raccolto la loro esperienza e cerca di farne buon uso.

Inoltre abbiamo tutti delle “storie” fuori dalle nostre mura, il che forse porta quello stimolo necessario per poter sentirsi in continuo movimento.

Quanto è importante che la nostra zona sia sede di uno tra i festival (forse ormai è il caso di dire due, comprendendo sia l’edizione estiva che quella invernale di Umbria Jazz) più importanti a livello internazionale e quali ricadute ha sull’esperienza dei giovani musicisti locali ?

Credo che sia ironicamente  proprio “colpa sua” se ci siamo avvicinati a questa musica. Al festival devo decisamente tantissimo, non è quantificabile. Credo che non sia neanche molto facile comprenderlo da fuori, comprendere quanto sia importante per un giovane musicista poter avere tutta questa musica a portata di mano, ascoltarla dal vivo e poter spesso parlare con molti dei propri idoli. 

Vero è che ci sono state delle edizioni magiche e altre un po’ meno, però è sicuramente stata la spinta sulla soglia necessaria per intraprendere questo viaggio per molti di noi.

Parliamo dell’album, il tuo esordio discografico; prima di tutto il titolo, “Underneath”, cosa puoi raccontarci ?

“Al di sotto” è una delle direzioni a cui faccio più riferimento da un po’ di tempo a questa parte. Il “sotto la superficie” è la prospettiva che mi interessa di più e quella che, apparentemente, il mio presente, il mio contesto cerca di rifuggire. Il disco è dedicato proprio a questo ricercare “al di sotto della superficie”, piuttosto che allo “scalare in alto”, allo “svettare”. Anche la copertina cerca di suggerire questa contrapposizione.

Il disco, pubblicato nei primi giorni di dicembre da Encore Music è molto interessante; quasi scontato chiederti sulla scelta di Lorenzo (Brilli) e di Manuel (Magrini) con con i quali penso ormai abbiate un fortissimo affiatamento; la scelta di inserire la tromba, strumento che mi piace molto e ben suonato da Paolo Petrecca, come nasce ?

Paolo ed io abbiamo frequentato Siena Jazz più o meno negli stessi anni e abbiamo avuto modo di conoscerci bene proprio in quelle aule. In primo luogo ho una grande affinità con il suo modo di “stare nella musica”, una attitudine che lo mette particolarmente in risalto quando la musica non è troppo predeterminata: ha una incredibile capacità di mettersi in connessione con quello che sta succedendo che lo rende preziosissimo per questo gruppo. Poi ovviamente è trombettista eccezionale, con uno spiccato lirismo e con delle capacità veramente notevoli. Inoltre, e non è la cosa meno importante,  è una bellissima persona, uno spirito nobile.

Altri tre compagni di viaggio, Lorenzo Bisogno, Leonardo Radicchi e Ruggero Fornari, sono presenti in un brano ciascuno; come è caduta la scelta su di loro ?

C’è un doppio nodo. Il primo ovviamente è che c’è un legame forte tra di noi, di musica e di vita passata insieme. Il secondo è che ognuno con la sua estetica e col suo linguaggio, sono dei musicisti incredibili ed incredibilmente adatti a suonare il brano specifico che avevo in mente per loro.

Lorenzo Bisogno è un tenorista pazzesco, con una conoscenza dell’idioma jazzistico e di come usarlo secondo la sua creatività che mi stupisce sempre. Un brano come Bedford pt.1, con delle sonorità spiccatamente post-bop era perfetto per lui.

Ruggero Fornari è un chitarrista incredibile, con una cura nella ricerca del suono che mi colpisce sempre. Il suo stile che sintetizza densità e rarefazione, distensione e azione, e il suo modo di scolpire i suoni sono stati perfetti  per un brano come A Call For.

Leonardo Radicchi è un musicista con una personalità fortissima, una forza che è sempre in movimento, sia dentro che fuori la musica. Un’energia, una determinazione, un modo di “vedere la musica” che era profondamente necessario in un brano come Manifesto, che ha sia delle componenti molto astratte che altre molto concrete.

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