Spoleto Jazz, John Scofield Trio e l’eleganza dell’essenziale

SPOLETO – Ieri sera l’atmosfera al Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti di Spoleto, era quasi sacrale per l’esibizione del John Scofield Trio, secondo appuntamento della nuova stagione di Spoleto Jazz targata Visioninmusica. Scofield è un chitarrista jazz notissimo, che in oltre cinque decadi di carriera ha suonato con leggende del calibro di Miles Davis, Herbie Hancock e Pat Metheny – per citarne alcuni – vinto tre Grammy e registrato quasi cinquanta album. Insieme a lui sul palco, c’erano Vicente Archer al contrabbasso e Bill Stewart alla batteria. I tre sono impegnati in un tour europeo che ha toccato anche l’Italia con tre tappe, l’ultima proprio ieri sera a Spoleto.

 

 

Volendo mutuare un termine alla musica, la cifra stilistica del concerto di ieri sera, sarebbe quella dell’understatement: un’eleganza che restituisce la musica a una purezza ai limiti dell’essenziale. La pulizia stilistica è evidente e naviga con agilità attraverso vari generi – lo swing, il blues con qualche punta folk. Uno stile fusion dove le note outside di Scofield confermano quel gusto libero di un’improvvisazione versatile. Scofield è un musicista che sul palco imbocca la sua strada e la segue, mentre a volte si ha l’impressione che Archer e Steward seguano ognuno la propria. A tratti la sensazione è quella di una giustapposizione che viene presto smentita da grandi aperture, sobrie e eleganti anche quelle. Anche la fisicità del trio risponde a quell’eleganza di cui sopra, dove non è mai necessario strafare, all’insegna di una sobrietà che è rara di questi tempi. Un concerto che impone gusto e disciplina all’orecchio, che va preparato e educato. Scofield e compagni danno vita a una musica che è quanto di più simile alla poesia contemporanea del verso libero, dove la libertà è un’improvvisazione calibrata, radicalmente intellettuale eppure nel loro caso, godibile.

 

 

L’esibizione è da intenditori, che a quanto pare ieri sera erano particolarmente numerosi perché il teatro era pieno. Dopo un’ora e mezza scarsa, il trio esce per rientrare per un unico pezzo di chiusura. Il pubblico reclama, ma ormai non tornano più. Anche questo, in fondo, è understatement.

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