Verso Trasimeno Prog Festival: intervista a Patrizio Fariselli

Eccoci al nono appuntamento con le interviste agli artisti presenti alla seconda edizione del Trasimeno Prog Festival, in programma alla Rocca Medievale di Castiglione del Lago dal 19 al 22 agosto.

Siamo oggi con Patrizio Fariselli che con il suo progetto Area Open Project sarà presente al Trasimeno Prog Festival il 19 agosto.

Come stai ?

Benissimo, grazie. Ringraziando il cielo godo di ottima salute.

Vieni da una famiglia di musicisti, tuo nonno e tuo padre lo erano e tu, almeno inizialmente non eri entusiasta di seguire le loro orme; poi come nasce il musicista Patrizio Fariselli? 

Ho studiato pianoforte sin dall’età di otto anni, un po’ controvoglia, soprattutto per assecondare mio padre. Era convinto che fosse necessario, per i suoi figli, conoscere la differenza tra un si bemolle e un la diesis; anche se poi avessero scelto di fare, che so, l’elettrauto o il vigile urbano.
Io poi mi appassionai davvero alla musica solo verso i sedici anni, quando iniziai a studiare con serietà e assiduamente, al punto che oggi, a settant’anni, non ho ancora smesso.

Ti sei ispirato a qualche artista in particolare? 

Agli inizi, visto che suonavo l’organo in un gruppo beat, il mio ideale era Jimmy Smith, dal quale ero rimasto folgorato, ma dopo che assistei al concerto del Bill Evans trio, al Festival Jazz di Bologna, mi si resettarono drasticamente i parametri.  Ma il colpo di grazia mi arrivò acquistando “A love supreme” di John Coltrane. Quando scoprii che al mondo esistevano personaggi così meravigliosi, dagli orizzonti così vasti da realizzare autentici prodigi musicali, per me fu impossibile limitarmi ad ascoltare.

Nel 1972 entri a far parte degli AREA, ci racconteresti come è andata? 

Conoscevo Giulio Capiozzo sin da adolescente, visto che entrambi vivevamo a Cesenatico. Suonavamo molto spesso insieme e quasi quotidianamente favoleggiavamo di mettere su una band “spaziale”.
Più tardi, mentre ero sotto le armi, lui entrò nel gruppo di Demetrio Stratos, il primo barlume degli Area, e quando mi congedai entrai subito nel gruppo. Avevo da poco compiuto ventun’ anni. Pochi mesi dopo realizzammo “Arbeit Macht Frei”.

Non ami parlare di prog e soprattutto consideri la musica del gruppo non accostabile a questo genere; cosa sono stati allora gli Area ?

Non so bene cosa siano stati gli Area, ma sicuramente non sono stati un gruppo prog, anche se, a distanza di quarant’anni, si tende a catalogarci in quell’ambiente. In realtà lo sforzo di tutti noi era volto proprio a non connotarsi stilisticamente, in modo da essere il meno prevedibili possibile.

Hai lavorato con grandissimi musicisti all’interno del gruppo; ci parleresti del tuo rapporto con Demetrio Stratos e Giulio Capiozzo ? 

Avevamo un rapporto strettissimo. Area era un collettivo che richiedeva il massimo della sinergia e la consapevolezza di essere un organismo che si nutriva, sì delle diversità individuali, ma richiedeva anche una coesione molto forte.
Eravamo legati da profonda amicizia, ma per rimanere nel gruppo era necessario dimostrare anche un impegno quotidiano totale. Non si stava negli Area solo per affetto, bisognava lavorare sodo, e questo abbiamo fatto per una decina d’anni.

Dopo la scomparsa di Demetrio il gruppo ha avuto fasi alterne; tu in ogni caso hai proseguito il discorso e lo fai anche oggi, dopo varie incarnazioni; ricordo nel 2010 il concerto a Siena nell’ambito della “Città Aromatica” (di cui era direttore artistico Mauro Pagani, ex PFM),  e due anni dopo la data zero del tour proprio in Umbria, ad Orvieto; cosa ci racconti in proposito ?

In quell’occasione, per la prima volta dopo tanti anni, io, Paolo Tofani e Ares Tavolazzi ci siamo ritrovati su un palco a suonare assieme. Ci siamo divertiti molto e, assieme al batterista Walter Paoli, abbiamo deciso di riprendere per qualche tempo l’attività come “Area Reunion”, che ci ha visto suonare in molte città d’Italia, ma anche a Londra, New York, Dublino. In seguito abbiamo realizzato anche un doppio cd, LIVE 2012.

C’è anche un Fariselli autore di colonne sonore, è corretto?

Sì, nel corso della mia vita, oltre al mio percorso di musica d’arte, ho realizzato composizioni per cinema, teatro, danza e anche per bambini di tutte le età. Quella che si dice musica d’uso. Come compositore ho imparato molto da tutte queste esperienze.
Ultimamente però sono tornato ad occuparmi esclusivamente di musica dal vivo e a  realizzare dischi legati null’altro che alla mia creatività.

Ne parlammo anche durante l’intervista quest’inverno con Massimo Sordi (il presidente di Trasimeno Prog) nella rubrica “4 chiacchiere a casa di”.  Ci racconti com’è che prima sei comparso in un programma per bambini come L’albero Azzurro  ed in seguito con tua moglie, Cristina Bergo, sei stato autore della serie di cartoni animati a soggetto musicale Taratabong, prodotti dalla RAI, che nel 2009 si è aggiudicata il 1° premio internazionale a Cartoons on the bay?

Ho iniziato a scrivere musica per bambini negli anni novanta, su richiesta della regista Velia Mantegazza, che era la regista di un innovativo programma chiamato L’Albero Azzurro. Dopo le mie iniziali perplessità (non  avevo nessuna esperienza coi bambini) decisi di tentare e scoprii che poteva essere un lavoro molto interessante e divertente. L’Albero Azzurro, allora, comprendeva una squadra di lavoro eccezionale e per me fu l’occasione per imparare tante cose. Dopo quella esperienza, continuai per conto mio a produrre musica per ascoltatori sempre più piccoli, con la collana di musica strumentale “La Musica delle cose e degli animali” e quando Marco Bigliazzi propose a me e mia moglie di lavorare alla serie televisiva Taratabong, per bambini di circa due anni (la frontiera) accettai di buon grado perché ormai mi veniva naturale.

E del Patrizio Fariselli scrittore cosa ci dici? Ho il tuo libro “Storie elettriche” ma ce ne sono anche altri, giusto?

Sì, per l’autunno è prevista la ristampa sia di Storie elettriche, che della collana per bambini “La Musica delle cose e degli animali”, con CD allegato. Inoltre sto lavorando a un libro di partiture coi brani degli Area in arrangiamento pianistico, e a una raccolta di racconti.

Oltre al discorso Area, ora Open Project, hai altri progetti ?

Cerco di mantenere l’attività live con diverse formazioni e relativi, diversi, repertori.
Parlo di concerti di piano solo, o in duo con mio fratello Stefano, in trio con Giovanni Giorgi e Caterina Crucitti e poi in quartetto, come a Castiglione del Lago, con Claudia Tellini, Marco Micheli e Walter Paoli.

In questo periodo c’è qualcosa che ti piace ascoltare? 

Negli ascolti sono piuttosto onnivoro, anche se tendo a privilegiare i grandi maestri del jazz

Come hai passato il periodo del lockdown ?

Ho sfruttato i primi mesi di clausura per imbastire un nuovo disco. L’ho scritto e ne ho impostato la pre-produzione. Basterebbe andare in studio e inciderlo. Sto aspettando di essere pronto interiormente.
Sarà un lavoro sostanzioso, con tante parti cantate. Ci sarà anche il sequel de “La Mela di Odessa”: la vera storia di Jan Appel, stavolta raccontata dal punto di vista della foglia, cioè della nave che lo condusse dove “il mondo era diventato mancino”.

Siete stati tra i primi a tornare a suonare lo scorso anno, pur se senza pubblico; cosa ci racconti del concerto all’Auditorium Parco della Musica ?

L’abbiamo fatto perché gli organizzatori del Roma Jazz Festival hanno ritenuto giusto onorare gli impegni coi musicisti e il loro pubblico, nonostante la pesante clausura che, tra l’altro, ci ha distrutto il tour promozionale di “Live in Japan”.  Il concerto è stato bello ma non si può dire che fosse una dimensione piacevole. Bisogna tornare alla buona, vecchia pratica di suonare dal vivo di fronte alla “gente che sa amare”, la nostra gente. Altro che streaming!

Lo scorso anno è uscito il doppio cd e dvd Live in Japan, e su quello dovrebbe basarsi l’esibizione al festival nel giorno dell’apertura, il 19 agosto; a me il disco piace molto; ce ne parli?

Confesso che all’inizio non ero intenzionato a far uscire un disco live, e come me la pensavano i miei musicisti. In Giappone abbiamo suonato con la sola preoccupazione di fare un buon lavoro per un pubblico che ci ha sempre amato e da sempre segue la nostra musica. Nessuno di noi aveva badato alle riprese ed eravamo un po’ preoccupati.
Solo quando ho visionato il materiale audio e video, un paio di mesi dopo, mi sono convinto che quel materiale, anche grazie al superbo lavoro di Mattia Garimanno, meritava di essere pubblicato. E’ uscito come doppio CD+DVD in Italia e in Giappone, per Warner Music e King Records.

Avete ricominciato a suonare da pochi giorni; pronto per l’esibizione al festival?

Siamo carichi come molle! Saluto tutti caldamente e vi invito al concerto. Durante la serata manterremo la formula che, con gli Arti & Mestieri, abbiamo tenuto a Tokyo, due anni fa. Vi garantisco che ci sarà sostanza e qualità.

Dopo il festival avete in programma altri concerti, Progetti futuri?  

Ci saranno altri concerti, ma soprattutto mi preme la finalizzazione del disco di cui parlavo poco fa.

Ringraziamo Patrizio Fariselli per la sua cortesia e disponibilità. Ricordiamo che il suo progetto Area Open Project si esibirà il 19 agosto, nella serata inaugurale della seconda edizione del Trasimeno Prog Festival.

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