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TERNI, il risveglio del “drago”, l’inceneritore che continua a spargere veleni

TERNI – C’era una volta a Terni un drago che spargeva veleni, rendendo invivibile l’ambiente. Per i ternani fu un processo lungo e doloroso ridurlo a più miti consigli. Una volta ammansito, però, non fu difficile trovargli dei tratti simpatici e farne addirittura una mascotte. Non più male assoluto, ma uno di famiglia. Un mito, alla fine. Il simbolo della città.

Che il mostro della leggenda non sia mai morto, non c’è dubbio. Nella città – fabbrica ha trovato la via della riscossa e da centocinquant’anni è tornato a insufflare nell’aria, nel suolo e nell’acqua della Conca sostanze tossiche. Mascherato da progresso, pastura tra gli insediamenti produttivi. Ogni tanto prende qualche strapazzata dalle autorità, ma può sempre contare sulla sua buona stella e riprendere ad ammorbare, spavaldo.

Il risveglio del drago

Nel gennaio 2024, un pennacchio di fumo si leva dal camino dell’inceneritore Bioter di Maratta, fermo dal 2020. Si tratta di “soffiature”, attività di manutenzione. Per i ternani è il segno che il drago tornerà ad alitare anche da lì. Non sbagliano. La società Bioter comunica la “messa in esercizio” dell’impianto a partire dal 13 maggio, preludio di quella “messa a regime” che prevede entro novanta giorni l’avvio della produzione. Per Terni si apre una vecchia ferita.

Dalla parte di Bioter il pronunciamento del TAR del 25 novembre 2024 che annulla il provvedimento regionale che subordinava il riavvio dell’impianto alla revisione dell’AIA – Autorizzazione Integrata Ambientale per l’adeguamento alle BAT – Best Available Techniques (migliori tecnologie disponibili). Contro, la Regione Umbria che presenta ricorso al Consiglio di Stato. Tra l’incudine e il martello una città che non ne può più di essere schiacciata dal conflitto irrisolto tra progresso industriale e benessere ambientale.

 

 

La reazione della Regione Umbria non si fa attendere. È del 10 maggio il comunicato nel quale l’assessore regionale all’Ambiente, il ternano Thomas De Luca, promette battaglia.

“Nonostante il ricorso della Regione Umbria al Consiglio di Stato – per il quale è stata richiesta l’anticipazione della trattazione dell’udienza decisoria che dovrebbe essere imminente – l’azienda ha deciso, assumendosene integralmente la responsabilità, di riattivare l’impianto, sebbene non risulterebbe essere stato adeguato alle conclusioni sulle migliori tecniche disponibili (BAT Conclusions) come da anni è stato richiesto dall’autorità competente. L’Ente Regione nell’esercizio delle proprie attribuzioni in materia di energia e ambiente che la vedono coinvolta nelle attività di indirizzo, programmazione e tutela della ponderazione degli interessi pubblici in gioco non intende farsi espropriare da quelli che sono i propri poteri e le proprie competenze. La lotta all’inquinamento resta una priorità assoluta della Giunta regionale”.

 

L’impianto Bioter: una ferita aperta

Situato a Maratta in via Giuseppe Ratini 1, poco distante dal termovalorizzatore gestito da Acea Ambiente S.r.l., l’inceneritore già noto come Printer, poi Terni Biomassa, poi passato a Rivalchim nel 2021 e infine a Bioter nel 2022, ha alle spalle una storia complessa. Autorizzato nel 2009 dalla Provincia di Terni per attività di co-incenerimento di rifiuti non pericolosi con una capacità superiore a 3 Mg/ora, utilizzando biomasse e CSS – Combustibile Solido Secondario, l’impianto ha visto diverse gestioni e modifiche normative.

Nel 2013, la gestione passa a Terni Biomassa S.r.l., controllata da Tozzi Holding S.r.l., che ottiene la voltura dell’autorizzazione. Con il Decreto Legislativo n. 46 del 2014, il co-incenerimento di rifiuti è sottoposto a una più stringente AIA – Autorizzazione Integrata Ambientale. Successivamente, la legge regionale del 2 aprile 2015 trasferisce le competenze in materia di AIA dalla Provincia di Terni alla Regione Umbria a decorrere dal 1° dicembre 2015.

Il braccio di ferro con la Regione e le proteste dei cittadini

Tra il 2015 e il 2020, si susseguono autorizzazioni, diffide, sospensioni e ricorsi. L’attività dell’impianto è discontinua, ma quando l’inceneritore lavora non passa inosservato. Nel 2015, un’inchiesta della Procura di Terni documenta circa trenta violazioni ambientali, tra cui emissioni inquinanti superiori ai limiti consentiti e smaltimento improprio di rifiuti speciali. Otto persone, tra cui i vertici dell’azienda, finiscono nel registro degli indagati.

In un contesto di forte allarme sociale, nel 2016, la Regione impone all’impianto l’adeguamento alle BAT – Best Available Techniques (migliori tecniche disponibili), mentre il sindaco di Terni ne ordina la chiusura temporanea. Terni Biomassa impugna i provvedimenti davanti al TAR.

Nel marzo 2017, la Regione Umbria rilascia una nuova AIA, autorizzando l’impianto all’utilizzo in co-combustione di biomassa vergine per un quantitativo massimo di 7.800 tonnellate all’anno, insieme a rifiuti non pericolosi come il CSS e il pulper di cartiera. Tre giorni dopo, la città diventa teatro di una delle più imponenti manifestazioni ambientaliste della sua storia recente.

Organizzata dal Comitato No Inceneritori e caratterizzata dall’assenza di simboli di partito, la protesta vede la partecipazione di circa 7.000 persone, in gran parte famiglie e giovani, che sfilano per le vie del centro cittadino rivendicando il proprio diritto alla salute. Sugli striscioni, a caratteri cubitali, un grido di dolore: I vostri profitti non valgono le nostre vite.

Contro l’AIA rilasciata dalla Regione, il sindaco di Terni e il Comitato No Inceneritori ricorrono al TAR, ma i ricorsi vengono respinti. Il contenzioso tra la Regione Umbria e il gestore prosegue.

Nel 2018, nuovi rilievi di ARPA Umbria – Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale spingono la Regione a diffidare nuovamente l’azienda. Nel 2020, l’attività di Terni Biomassa si arresta e l’anno successivo, la società ritira il proprio ricorso. Tutti gridano vittoria. Il drago sembra sconfitto. Ma così non è.

Nel 2023, Bioter comunica lavori di manutenzione, mantenendo l’impianto fermo. Nel 2024, la Regione ribadisce che l’impianto non può ripartire senza il riesame dell’AIA e l’adeguamento alle BAT – Best Available Techniques. Il contenzioso finisce nuovamente davanti al TAR che, a febbraio 2025, dà ragione a Bioter, annullando il provvedimento regionale. La Regione presenta ricorso al Consiglio di Stato. Nel frattempo, Bioter comunica ufficialmente la riattivazione dell’impianto.

Le criticità ambientali e sanitarie

Un tempo tra i poli industriali più importanti d’Italia, Terni ha pagato un prezzo ambientale altissimo per il suo sviluppo. Dalle acciaierie alle industrie chimiche, passando per la produzione energetica, cartaria e gli inceneritori, la città ha visto accumularsi nel tempo gravi forme di inquinamento di suolo, aria e acque.

Nel 2001, con un decreto ministeriale, diverse aree del territorio – tra cui Maratta, Prisciano, Papigno e Nera Montoro – sono state incluse tra i SIN – Siti di Interesse Nazionale da bonificare sotto la supervisione del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE).

Le indagini ambientali condotte da ARPA Umbria – Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale – e ISPRA – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale – hanno confermato una contaminazione diffusa, con metalli pesanti, diossine, solventi e idrocarburi riscontrati in suolo e falde. Non va meglio per la qualità dell’aria, con livelli preoccupanti di PM10 (polveri sottili), benzene e ossidi. Una situazione aggravata dalla conformazione a conca della città, che intrappola gli inquinanti e rende Terni uno dei centri urbani più critici sul fronte ambientale.

Il progetto SENTIERI – Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, ha analizzato i dati sanitari dei Siti di Interesse Nazionale, tra cui Terni-Papigno. Le edizioni del 2014 e del 2018 hanno evidenziato un eccesso di mortalità per tutti i tumori maligni, in particolare per il tumore polmonare e il mesotelioma pleurico negli uomini, oltre a un aumento dei ricoveri ospedalieri per malattie respiratorie e cardiovascolari. È stato inoltre riscontrato un eccesso di tumori in età pediatrica e giovanile, suggerendo la necessità di ulteriori approfondimenti epidemiologici.

Maratta, cuore nero dell’Umbria

Nel 2023 e 2024 la centralina di monitoraggio di Maratta, area dove sorge l’impianto Bioter, ha registrato 41 giorni di sforamento del limite giornaliero di PM10, superando abbondantemente la soglia di 35 giorni fissata dalla normativa vigente e più che raddoppiando il nuovo tetto previsto dalla Direttiva UE 2024/2881 che entrerà in vigore nei prossimi anni. I dati peggiorano nel 2024, con valori medi annuali di PM10 e PM2.5 oltre i futuri limiti comunitari del 2030.

“Maratta – si legge nel comunicato della Regione Umbria del 10 maggio –  si conferma così l’area più inquinata dell’Umbria e l’unica a non rispettare le soglie di legge sulla qualità dell’aria”.

Una criticità che in passato ha già portato la Commissione Europea ad avviare una procedura di infrazione contro l’Italia, rischio che potrebbe ripresentarsi con conseguenze anche economiche per le istituzioni locali.

Per fronteggiare l’emergenza, la Regione Umbria ha approvato nel 2022 il nuovo Piano Regionale per la Qualità dell’Aria, che punta a ridurre l’inquinamento nella Conca ternana. Tra le misure chiave, quella definita P1T02 prevede limiti emissivi più stringenti per gli impianti industriali, applicando i valori più severi previsti dalle BAT (Best Available Techniques). Un Accordo di programma con il Ministero dell’Ambiente ha messo sul piatto 29 milioni di euro per il risanamento. Tuttavia, il mancato rispetto delle misure previste potrebbe compromettere l’accesso a questi fondi.

 

 

Le BAT

Le BAT – Best Available Techniques (migliori tecniche disponibili), rappresentano il riferimento tecnico per definire i limiti autorizzativi nelle AIA (Autorizzazioni Integrate Ambientali) ai sensi della Direttiva 2010/75/UE sulle emissioni industriali (IED – Industrial Emissions Directive). Sono raccolte nei cosiddetti BREF – BAT Reference Documents, redatti dallo European Integrated Pollution Prevention and Control Bureau che opera presso il Joint Research Centre della Commissione Europea. Elaborate con il contributo degli Stati membri, dell’industria e delle ONG, sono valide per i diversi settori industriali. Quelle applicabili agli inceneritori di rifiuti contenute nel documento ufficiale europeo intitolato BAT Conclusions for Waste Incineration (WI) sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il 3 dicembre 2019 e sono vincolanti entro quattro anni dalla pubblicazione, quindi dal 3 dicembre 2023.

Le BAT WI si applicano a: inceneritori (dedicati), co-inceneritori (es. cementifici, centrali elettriche, impianti industriali che usano rifiuti come combustibile); impianti che trattano sia rifiuti pericolosi sia non pericolosi.

I principali ambiti trattati dalle BAT WI includono: Riduzione e controllo delle emissioni in atmosfera (inclusi NOx – ossidi di azoto, SOx – ossidi di zolfo, polveri, metalli pesanti, diossine); Trattamento e scarico delle acque reflue; Recupero energetico e rendimento; Gestione di ceneri e residui; Odori, rumori, vibrazioni; Monitoraggio ambientale continuo (es. per polveri, NOx, TOC – Carbonio Organico Totale); Misure gestionali, manutentive e di prevenzione incidenti.

Bioter sostiene che le BAT per l’incenerimento dei rifiuti non siano applicabili al proprio impianto di Maratta in quanto questo sarebbe classificabile come impianto di co-incenerimento, e non come inceneritore ai sensi della normativa vigente. La società sottolinea che il combustibile utilizzato consiste in biomasse e rifiuti non pericolosi, e che l’impianto opererebbe prevalentemente come unità di produzione energetica da fonti rinnovabili. Tuttavia, secondo la normativa europea (Direttiva 2010/75/UE), anche gli impianti di co-incenerimento sono soggetti all’applicazione delle BAT WI, se trattano rifiuti – a prescindere dalla pericolosità – come combustibile.

La partita è aperta. In città, per ora, tutto tace, in attesa che il Consiglio di Stato si pronunci. Sotto la cenere del silenzio continuano, però, a covare interrogativi. Il timore è che il drago possa bruciare anche le BAT.

                                                                                                                                                                                                                                                                  Lorella Giulivi

 

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