PERUGIA – La Galleria nazionale dell’Umbria con il progetto Camera Oscura, fa registrare la nuova serie espositiva dedicata a Gianni Berengo Gardin in relazione al grande maestro del secolo scorso Giorgio Morandi. Due sguardi – come ha sottolineato il direttore della Gnu Costantino D’Orazio – che si intersecano sul piano delle cose, oggetti esaltati nella loro forma che ne disvela anche la poesia. Una poesia “rubata” alla quotidianità che Morandi riusciva a scorgere e a riprodurre in arte, raffigurandola nella sua essenza. La terza mostra dedicata alla fotografia che prende il via alla Gnu da oggi e sino al termine del mese di settembre (28 settembre), segue quelle di Fulvio Roiter dedicata ai fioretti di San Francesco e quella di Robert Doisneau, dunque dopo il soprannaturale e le persone – ha notato D’Orazio – arriva il momento delle cose. Cose che, con la curiosità di un esploratore – Gianni Berengo Gardin – ferma con la sua Leica in scatti discreti che restituiscono tutta la poetica che Morandi sapeva trarne. La mostra a cura di Alessandra Mauro nell’ambito, come detto, del progetto Camera Oscura di Marina Bon Valsassina e Costanza Neve si avvale anche del prestito del Museo Morandi di Bologna di due opere del Maestro, una del 1930 e l’altra del 1951 in grado di restituire la cifra stilistica dell’artista nella – parafrasando l’intervento di Alessandra Mauro -. Lezione delle cose e la metafisica degli oggetti comuni (Aurora Roscini Vitali). Un bianco e nero perfetto nelle stampe che derivano direttamente dal lavoro in camera oscura, quindi nella forma analogica della fotografia risaltano un’attenzione particolare alla luce e all’alternanza tra chiari e scuri che sembrano dotare le cose di un’umanità che si associa perfettamente alla quotidianità con oggetti di uso comune. In effetti – come spiega Alessandra Mauro – Gianni Berengo Gardin che in occasione della presentazione della mostra ha inviato un suo contributo video, dato che a 95 anni le sue condizioni di salute con sono ottimali – è un appassionato collezionista che sembra voler cogliere l’essenza degli oggetti e delle cose, come la lunga serie di cacciaviti rossi che arricchisce le sue collezioni. La mostra alla Gnu dal titolo “Gianni Berengo Gardin fotografa lo studio di Giorgio Morandi” è ispirata al lavoro che il grande fotografo fu chiamato a realizzare nel 1993 nello studio dell’artista prima che fosse smantellato e trasferito nei locali del Museo Morandi a Bologna. Berengo Gardin si approcciò con molta discrezione allo studio del Maestro nell’intento di raccontare l’ambiente in un bianco e nero ricco di pathos e di umanità, ambiente che si arricchì di uno sgabuzzino seminascosto e chiuso a chiave che solo per caso fu riaperto all’occhio della fotocamera e che confermò la scoperta del mondo altro di Morandi ricco del mistero dei suoi oggetti e delle sue cose.