Cerca
Close this search box.

Archivio Manassei, un patrimonio da salvaguardare e valorizzare per riscoprire la storia di Terni

TERNI – Manoscritti, lettere, libri e periodici antichi e moderni. Carte pregiate vergate con pennino e inchiostro. Un archivio prezioso, quello dei Manassei, conservato in parte all’Archivio di Stato di Terni, in parte in bct, e in parte rimasto fino al 2019 nel palazzo di famiglia, prima di essere anch’esso consegnato alla biblioteca comunale per “inventariarlo, schedarlo, studiarlo, valorizzarlo e metterlo a disposizione della collettività, permettendone la ricomposizione”.

Dichiarato dalla Soprintendenza Archivistica di “notevole interesse storico” nel 1988, quel tesoro racchiuso in quattordici scatoloni torna finalmente alla luce grazie all’intervento catalografico della Sezione storico locale della biblioteca comunale – Sala Farini, fiera di aver restituito alla città un pezzo della sua storia.

“Per oltre nove secoli – spiega la responsabile di bct, Franca Nesta – la famiglia Manassei ha avuto un legame profondo con Terni. Il fondo archivistico, che si estende dal XIV al XIX secolo, documenta l’influenza esercitata dalla casata non solo in ambito locale, ma anche oltre i confini cittadini, offrendo uno spaccato del graduale passaggio da un assetto feudale a una visione più moderna e condivisa della società”.

Tra i manoscritti rinvenuti nel fondo, anche uno Statuto di Collestatte databile intorno al 1700 per il quale “si può ipotizzare che si tratti dello Statuto inedito di Collestatte e Torreorsina citato da Paolano Manassei in una sua nota del 1895 e tratto da una copia autentica del 1663”.

Presentato alla cittadinanza il 12 giugno, il progetto di ricerca I Manassei: l’archivio ritrovato ha riscosso grande interesse tra studiosi e appassionati del territorio, offrendo nuovi spunti di approfondimento su una delle famiglie più rappresentative dell’Umbria. Tra gli aspetti più apprezzati, l’attenzione riservata alla genealogia della casata, al ruolo delle figure femminili e l’intervento dello storico dell’arte Michele Benucci, dedicato a La Villa Manassei di Piedimonte: appunti di ricerca.

“Con lo studio di questo fondo – affermano le referenti del progetto, Barbara Gismondi e Sheila Santilli – siamo riusciti a colmare alcune lacune nella storia di questa importantissima famiglia locale che, interpretando il proprio ruolo con senso civico, visione economica e cultura storica, ha contribuito a disegnare l’identità territoriale della valle ternana. Uno studio iniziato con il riordino della prima porzione dell’archivio che sta proseguendo con successo”.

 

 

I Manassei

La presenza della famiglia Manassei a Terni è attestata dal XIII secolo. Tra i suoi membri si annoverano capitani del popolo, cavalieri, podestà e uomini di chiesa. Nel Seicento la casata consolidò il proprio prestigio, ottenendo riconoscimenti nobiliari e affermandosi tra le famiglie patrizie più influenti del territorio. Con titoli feudali a Collestatte e Torre Orsina, i Manassei esercitavano un controllo esteso sia sulla città che sulle campagne circostanti. Il palazzo di famiglia, tuttora visibile in via Barnaba Manassei (già via San Pietro), rappresenta una delle architetture civili più emblematiche del centro storico ternano. I possedimenti terrieri di Collestatte e Torre Orsina – storici insediamenti del feudalesimo umbro – trasformati in modelli di gestione agricola avanzata, rimasero fulcri dell’economia locale fino al secondo dopoguerra.

Parallelamente, la famiglia si distinse anche sul piano sociale e culturale, sostenendo opere e servizi pubblici di notevole impatto sulla comunità. Ne sono esempio l’approvvigionamento idrico della città mediante un sistema di condotte che incanalavano le acque provenienti dalle sorgenti di San Bernardino, di proprietà dei Manassei a Le Grazie; il sostegno all’ospedale; la partecipazione alla fondazione della Società di mutuo soccorso; la donazione di libri alla biblioteca comunale, con l’intento di incentivare l’accesso alla lettura anche tra le fasce meno abbienti.

 

Paolano Manassei e l’agricoltura sociale

Tra le figure più influenti dell’Umbria post-unitaria, il conte Paolano Luigi Giuseppe Manassei occupa un posto di rilievo per l’equilibrio con cui ha saputo coniugare nobiltà, impegno civico e visione innovativa. Nato nel cuore di Terni il 28 febbraio 1837, nel palazzo di famiglia a ridosso della chiesa di San Pietro, Paolano Manassei si dedicò agli studi giuridici a Roma, dove si laureò in giurisprudenza. All’indomani dell’unità d’Italia, si pose come mediatore tra la tradizione agricola e le nuove istanze industriali, in un momento decisivo per Terni, allora in piena transizione da borgo rurale a centro manifatturiero. Nella conduzione delle sue tenute, promosse pratiche agronomiche d’avanguardia – come l’irrigazione razionale, l’allevamento selettivo e la bonifica di aree incolte – contribuendo a ridisegnare il paesaggio della Conca. La sua concezione di un’agricoltura moderna, integrata, solidale anticipò temi oggi centrali: sostenibilità, credito etico, rappresentanza dei lavoratori.

L’attività politica del conte Manassei ebbe inizio nelle istituzioni locali: fu consigliere comunale e assessore a Terni, contribuendo all’ammodernamento civico e urbanistico della città; in seguito fu vicepresidente del Consiglio provinciale dell’Umbria, membro della Deputazione provinciale di Perugia e alla guida di numerose istituzioni agrarie: presidente del Comizio Agrario di Terni, della Cassa di Risparmio cittadina e membro della Commissione consultiva del Credito agrario. Raggiunse l’apice della carriera nel 1905, quando venne nominato Senatore del Regno d’Italia. Esponente dell’area liberale moderata, in aula si impose come voce autorevole del mondo rurale.

Non solo uomo d’azione, ma anche intellettuale pragmatico, scrisse testi su risparmio, credito rurale, emigrazione e patto colonico. In un’epoca in cui l’Italia faticava a trattenere la propria forza lavoro nelle campagne, propose modelli di cooperazione, educazione e dignità:

“L’agricoltura è la pietra angolare della grandezza nazionale. Ma senza uomini sulla terra, essa muore” – annotava sul suo taccuino intorno al 1907, preparando un intervento.

Alla sua morte nel 1920, le istituzioni umbre e il Senato del Regno gli tributarono onori solenni.

“La sua opera – si legge nella relazione commemorativa del Senato del Regno – culminò nell’idea di una grande e sana organizzazione agraria, di una rappresentanza professionale a base elettiva in ogni circondario, nella quale proprietari e lavoratori fossero uniti nel concetto della solidarietà degli interessi e nel sentimento della dignità comune.”

                                                                                                                                                                                                                                               Lorella Giulivi

 

Articoli correlati

Commenti