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A Pontuglia l’antica storia dell’arte molitoria

A Pontuglia l'antica storia dell'arte molitoria

SCHEGGINO – Accade che percorrendo i sentieri della Valnerina, ci si imbatta in luoghi ameni e deserti che la contemporaneità lascia negli anfratti di una memoria sempre più lontana, tutti presi dai riti del consumo e del lavoro, della produttività e dell’efficienza. Esistono invece posti dove il tempo ha un più lungo respiro, dove le maglie della frenesia si allentano per fare spazio alla pace assoluta, alla tranquillità e alla vita cogitabonda o se si preferisce alla vita meditabonda che non lascia altro spazio che vivere lì e ora, un presente da respirare a pieni polmoni perché immune da scorie, siano esse lo smog dei veicoli in città che quelle dello stress di un tempo dal ritmo serrato che si consuma sempre più velocemente. Capita che a Pontuglia un pugno di case abbarbicate sull’Appennino nel lembo di terra al confine con il territorio di Spoleto, ci si sieda davanti al grande vascone della piazza inanimata e si aspetti che il tempo cominci a fluire con ritmi umani perché lì è impossibile che accada qualcosa e anche il passaggio di uno dei dieci abitanti del luogo, può sembrare un evento. In realtà più che di Pontuglia con la sua splendida rocca poco più in su, bisognerebbe parlare del mulino Iacarella di Pontuglia, manufatto che risale al medioevo e che ha visto scandire la vita del paese sino agli Settanta del secolo scorso.

Lo sciabordio dell’acqua che arriva da un piccolo canale e che riempie il vascone dove un’oca e un’anatra inumidiscono i loro piumaggi, sembra il depositario della storia di questo piccolo centro; sembra voler narrare la storia dei suoi abitanti, i loro segreti più intimi sussurrati agli orecchi del viandante che deve essere “iniziato” a tanta pace e all’insignificanza del vissuto della sua gente, piccole vicende che come le tessere di un puzzle, compongono l’eco di questa parte dell’Appennino, mentre Scheggino a valle vede scorrere copiosa altra acqua, un flusso che borbotta di altre storie e di altre genti che convivono con l’episodicità dei passanti sulla Statale. Al molino Iacarella di Pontuglia bisogna invece arrivarci con la volontà di raggiungerlo, non può essere un incontro fuggevole di un transito casuale. E’ meta e arrivo prefigurato, immaginato, conquistato, perché l’isolamento e la solitudine sono sì condizioni causali, ma soprattutto condizione mentale che qui trova il suo esito migliore. Immerso nel verde della macchia circostante, capita di incontrare qualche sparuto gruppo di escursionisti o di torrentisti che qui fanno tappa prima di avventurarsi oltre e di affrontare le correnti dei torrenti che si irradiano nei dintorni. L’acqua del vascone in pietra è la voce fuori campo di una narrazione che si disvela progressivamente come quando era protagonista, unica e sola, della vita sociale del paese: raccolta nel vascone muoveva per caduta la grande ruota del molino che attivava quattro turbine, la prima per macinare cereali, la seconda per separare i diversi prodotti della macinazione, la terza per molire le olive e la quarta per azionare una pressa idraulica per la spremitura della sansa. Tripudio della ruralità e sintesi agreste, ora quell’acqua narra di altre storie, soprattutto di quella dello spopolamento, della deantropizzazione del piccolo centro che, nonostante sia stato completamente ristrutturato con le risorse destinate alla ricostruzione post terremoto del 1979, non dispone di un sufficiente standard di modernità per far sì che le persone rimangano. Sul portale di ingresso del molino è iscritta la data 1875, forse a ricordo di una ristrutturazione, l’ultima effettuata prima del suo recupero.
Il mulino, ora disattivato e in precarie condizioni statiche, per l’attivo interessamento del suo proprietario Gianni Iacarella conserva ancora, in buono stato, tutti i macchinari che documentano l’evoluzione dell’arte molitoria attraverso i secoli. Gianni Iacarella è ora impegnato in una campagna di sensibilizzazione e di raccolta fondi per la completa ristrutturazione dell’antico manufatto.

 

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