A Spoleto un solstizio d’estate particolare: Laura Magnani in concerto

SPOLETO – È seduto sulle ginocchia della mamma, si dondola e agita le sue piccole mani paffute. Il bambino muove le dita rapito dalla musica barocca, quelle tre sonate solistiche in Do, Re e La Maggiore con cui Domenico Scarlatti apre il concerto per clavicembalo. Ieri sera, 21 giugno 2019, alla Rocca Albornoziana di Spoleto all’interno della manifestazione “Festa della Musica” a prestare le mani e l’interpretazione a cinque grandi compositori è stata la pianista Laura Magnani. Con l’occasione le è stato consegnato il premio Donna Sapiens 2019, un riconoscimento al femminile per “la sua capacità di attrarre il pubblico e la cultura musicale a Spoleto” giunto quest’anno alla sua VIII edizione e promosso dalla sezione spoletina di FIDAPA BPW Italy con Pina Zito, Donne contro la Guerra che nella cittadina umbra gestisce anche il Centro Anti Violenza con Marina Antonini, il Comune di Spoleto. Si sono altresì ricordati i nomi delle altre due vincitrici del premio di quest’anno, ossia Romanella Gentili Bistoni e Adriana Garbagnati.

La pianista Laura Magnani

La vicesindaco Beatrice Montioni, presente alla serata, non ha mancato di esprimere il suo entusiasmo: “È stato un piacere ascoltarla, soprattutto perché oltre a parlare di musica ha parlato anche di sé e questo è qualcosa in più”, ha dichiarato riferendosi a quelle sonate di Schubert che la Magnani ha raccontato di aver ascoltato in gravidanza perché fonte per lei di “grande serenità”. Trasmessa poi attraverso la pancia a suo figlio che, appena nato, riconobbe in quelle note una familiarità coinvolgente.
Se durante il barocco le figure del Rinascimento dovevano razionalizzarsi per suscitare emozioni, come appunto attraverso forme nuove come la sonata, il romanticismo nell’Ottocento con i proposti tre movimenti delle Drei Klavierscke D946 di Schubert rientravano in quella difficoltà di subordinare ancora il proprio essere alla corte e alla Chiesa per rivendicare una piena autonomia creativa. Nel compositore austriaco, pur ravvisandosi influenze di Mozart e Bach, il passato nei suoi Impromptus si fa vivace sotto i tasti. Sarà Brahms, nella sua continua ricerca formale, a curare le trascrizioni per pianoforte di alcune delle composizioni di Schubert rimaste fino ad allora semisconosciute.
Nell’evidenza di un pubblico più ricercato durante l’Allegro l’applauso non riesce a trattenersi, come per la musica, simile a un carattere difficile ma passionale. Così come furono per le giovani parigine dell’epoca i Deux Arabesques di Debussy, il quale già a 18 anni decise di andare controcorrente rispetto a chi ancora volgeva l’attenzione verso il recupero della prima polifonia, un po’ sull’esempio innovatore di Mahler si fece suggestionare dalla pittura impressionista e dal simbolismo (che a sua volta influenzò Satie). Il fatto che ogni emozione doveva mantenere la sua tonalità rimase ancor più vero durante gli intervalli pittorici di Picasso che sembrano qui concatenarsi e anticiparsi nella Ballata n. 1 Op. 23 in Sol minore, anche detta “la rossa”, di Chopin, l’ultimo classico del romanticismo che con “grande respiro” vi riassume all’interno tutti i suoi studi, i suoi concerti, le sue mazurche. Anche Chopin innovò: la Berceuse, qui non udita ma che non sarà sfuggita ad un orecchio attento, era molto vicina a Debussy e fu eseguita in Scozia poco prima di morire. Inoltre, è proprio in questo tipo di Ballate che è possibile capire l’ispirazione che trascinò Rachmaninov.
La serata, poco prima che gli ascensori chiudessero i battenti, si è conclusa su tre brani tratti da Gershwin che nei preludi ha ricavato un continuum tra la prima esecuzione e l’ultima, li ha ritrovati come se, laddove tutto sembrava finire, inizia.
 

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