A Valfabbrica per il Palio: tre rioni fanno rivivere il Medioevo in attesa del torneo cavalleresco

VALFABBRICA – Lungo la Via di Francesco – l’itinerario che rievoca il cammino intrapreso del Santo di Assisi per la prima volta nell’inverno tra il 1206 e 1207, quando fuggì dalla casa paterna e si rifugiò a Gubbio, percorso oggi amatissimo da chi si muove sulle tracce del Poverello, a piedi ma anche in mountain bike – c’è Valfabbrica. Luogo che rimanda subito a quello scenario medievale dell’Umbria che appartiene all’immaginario collettivo. Non è un caso, dunque, che proprio qui a Valfabbrica sul finire di agosto il leit motiv sia “Tutto il Medioevo che hai dentro”. Siamo andati a vedere.



Il leit motiv è quello che fa da traino al Palio che da 45 anni all’ombra del castello coinvolge il paese di circa tremila anime. Un’autentica festa che immerge tutto il borgo in un periodo storico di grande fascino e che vede impegnate direttamente almeno un migliaio di persone arruolate nei tre rioni Badia, Osteria e Pedicino., una sfida “multidisciplinare” se si tiene conto delle altre giostre che hanno luogo in Umbria e a ben guardare le difficoltà non mancano: i cavalieri (assolutamente blasonati visto che arrivano per lo più da Foligno e Faenza) sono infatti chiamati a cimentarsi in tre diverse prove che sono un po’ il compendio di questi giochi cavallereschi: la corsa degli anelli, la corsa del Saracino e lo scontro diretto. Ecco perché si chiama anche Giostra d’Italia.

Ma andiamo per gradi, perché questa non è altro che la conclusione. Prima della sfida al Campo de li giochi, ci sono le rievocazioni storiche, autentici allestimenti teatrali in cui i valfabbrichesi si riscoprono attori di grande talento, con scenografie e coreografie di grande impatto e suggestione. Assistere agli spettacoli che Badia, Osteria e Pedicino propongo al pubblico assicura emozioni e strappa applausi convinti. L’ultimo rione ad andare in scena è stato Pedicino, in quanto vincitore dell’edizione 2018 con il cavaliere folignate Luca Innocenzi, dunque campione in carica: il terziere di cui è caporione Massimo Mancini (sullo stemma c’è la torre tuttora visibile all’ingresso del centro storico) ha ricostruiti – tra realtà e fiction – la storia di un priore, ma anche quella dell’essere umano e della sua stessa natura, fatalmente rivolta al perseguire ricchezza e potere come se fossero sinonimi di felicità. In ultimo però – si scopre – ognuno deve apprendere che la via per ottenerla passa per altre esperienze che nulla hanno di materiale. Il rione rosso-nero Osteria, guidato da Francesco Chiappini (l’effigie è un’aquila e deve il suo nome al primo borgo situato fuori dalle mura), ha messo in scena quest’anno una storia di coraggio tutta al femminile, esaltando la figura della donna come elemento imprescindibile della nostra società: la rievocazione è stata una vera e propria dedica alle donne dell’Osteria, a quelle che ci sono e soprattutto “a quelle volate in cielo, che da lassù siamo certi saranno al nostro fianco”. Il rione giallo-nero Badia, di cui è caporione Luca Settembrini (prende il nome dall’antica Badia Benedettina di Santa Maria Assunta e ha come stemma una lupa) ha raccontato di un gruppo ben assortito di girovaghi-artisti attraverso la storia del “sor Villelmo de Fioriti”, ricco vassallo in Vallis Fabreca e nello specifico loco de “Fedebona”. Il signore, addolorato per la perdita della sua amata consorte, ordina che in ogni edicola di ogni contrada sia ritratta la sua bella amata come madonna in trono, per averne degna memoria. E vedendo tal somiglianza nella bella figlia, pensa bene di tenerla chiusa e “custodita” in casa…



Non manca poi il risvolto della gastronomia tradizionale umbra, con la taverna condivisa dai tre rioni e che si affida a Massimo Infarinati, chef presso le “Terre della Custodia”. “Gli eventi e gli spettacoli riempiono le serate, la taverna offre un servizio d’eccellenza ed i rionali lavorano mesi alla costruzione delle rievocazioni storiche per regalare al paese ed ai suoi visitatori arte e passione – ci dice Claudio Mancini, presidente del Palio – tutto si svolge nell’attesa dell’ultimo giorno che, con la giostra cavalleresca, assegnerà ai colori del più valente dei rioni l’agognato Palio”.

Ed eccoci allora al torneo. Per quanto riguarda la prima prova, il cavaliere armato di una lancia in ferro deve essere abile nella mira per infilare tre anelli: particolarmente difficoltoso risulta infilare due anelli consecutivi, uno dei quali posto addirittura immediatamente dopo l’uscita da una curva. La prova del Saracino, che rappresenta la sfida ad un guerriero moro, si effettua invece con una lancia in legno, ed è particolarmente insidiosa poiché, per ottenere il punteggio massimo, il cavaliere deve sferrare un colpo sul bordo esterno del disco-bersaglio posto sul buratto, correndo il rischio di fallirlo completamente. Inoltre la giostra, nel suo complesso, premia ciascun cavaliere con ulteriori punteggi in base ai tempi di tornata, permettendo così di sviluppare interessanti strategie. La corsa degli anelli e la corsa del Saracino sono disputate, in maniera alternata, due volte per ciascun rione per arrivare con la somma dei punteggi all’eliminazione di un cavaliere. Gli altri due approdano alla fase finale, lo scontro diretto. Quest’ultima prova simula l’antica sfida tra due cavalieri che, armati di lancia, si scontrano frontalmente. Si aggiudica il Palio colui che per primo raggiunge il bersaglio che, una volta centrato, non può essere colpito dall’altro cavaliere.




Gli eventi medievali sono una buona occasione per essere a Valfabbrica e magari per cimentarsi almeno in qualche tratto del Cammino (la lunghezza totale è di 42 km) toccando ambienti naturali incontaminati e riscoprendo importanti testimonianze storiche, come il castello di Coccorano e Sambuco, ed antichi complessi monastici. Del resto questa antica cittadina – la cui fondazione e sviluppo sono connessi alle vicende dell’abbazia benedettina di Santa Maria in Vado Fabricae, citata dalle cronache dall’anno 820 – nel passato ha legato al proprio nome quelli di grandi personaggi: dall’imperatore Ludovico il Pio da Aquisgrana (che le concesse l’autonomia) a Federico Barbarossa, che nel 1177 pose la “ecclesia de Valle Fabricae, in comitatu Asisii” sotto la propria protezione. Tutto in un territorio che ancora oggi si presenta per gran parte così come il Poverello di Assisi ebbe modo di vederlo.

La valle è quella adagiata sulla sponda sinistra del fiume Chiascio, tra Perugia, Assisi e Gubbio. Luoghi che rimandano subito a quell’immagine medievale dell’Umbria che appartiene all’immaginario collettivo. E del resto l’attrazione che esercitano – in tutta Europa, ma anche nel resto del mondo – è documentata dalle presenze in costante crescita. Una prova interiore per tutti coloro che si muovono lungo il suo tracciato, ma di certo anche un impegno dal punto di vista fisico. Fatica sì, ma appagante. E il paesaggio finisce con il riempire gli occhi ma soprattutto il cuore.

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