Addio Manuel Frattini, principe del musical

Manuel Frattini si è spento a 54 anni sabato notte improvvisamente dopo l’ennesimo spettacolo, interpretato con la sua proverbiale generosità.  Lo avevo intervistato l’ultima volta nell’aprile dello scorso anno per Gruppo Corriere alla vigilia del suo “nuovo” Robin Hood che portava al Lyrick di Assisi nella versione riveduta e corretta dopo 10 anni dalla prima uscita. In quel nostro colloquio si era mostrato non solo gentile, cosa che gli era propria, del resto, nel raccontare la passione per il suo lavoro ma ci aveva fatto qualche accenno importante anche alla sua vita che oggi ci pare giusto ricordare per sostanziare il suo spessore umano. Volentieri, infatti, era andato a ritroso nel tempo, fino al successo raggiunto da giovanissimo come primo ballerino e coreografo in notissime trasmissioni Rai e Mediaset. Poi, era il 1991, aveva iniziato ad alzarsi la mattina senza sentire più la voglia che aveva prima di andare a lavorare. Stava finendo l’era di quella tv in cui il varietà richiedeva professionalità e meritocrazia a chi danzava. La sua fortuna, ci confessò,  era stata proprio aver avvertito per tempo questa “nausea”. Così, alle prime avvisaglie, aveva fatto la sua prima audizione per il musical A chorus line, della Compagnia della Rancia. E da lì aveva iniziata una nuova vita.
Era emozionato, nonostante tutta l’esperienza che aveva maturato in tanti anni di carriera, per quel Robin Hood, ruolo che amava particolarmente. “Il regista Mauro Simone, le coreografie di Gillian Bruce, la stessa produzione Medina hanno voluto farne un family show, accessibile a un pubblico di tutte le età. Non voglio dire quale dei due Robin Hood sia migliore, questa  versione però è maggiormente nelle mie corde” ci aveva detto. Adorava il musical: “La gente ci è vicina. Ci sono i fedelissimi, quelli che nel frattempo sono diventati madri e padri, ma c’è anche chi si avvicina per la prima volta a questo genere e ne rimane affascinato. Siamo conosciuti come un popolo che ama il canto, la danza e, senza scomodare la lirica, ricordiamoci il successo dell’operetta. Dunque amare il musical  è una conseguenza diretta, vista la labilità dei confini tra i vari generi d’arte”. Gli era piaciuto La La Land.
“Riconosco che i due attori, fantastici nella recitazione, non sono poi così performanti dal punto di vista tecnico, ma la magìa nel film c’è. Il regista Damien Chazelle ha  inserito magistralmente una serie di citazioni sulla storia del musical che ho molto apprezzato. Detto questo, qualche punto in più per me lo merita The greatest showman di Michael Gracey”.
Nelle sue parole tutta la passione per 26 anni dedicati al musical. “Sono cresciuto a pane e Fred Astaire: ero un bimbo che si incantava molto di più di fronte ai suoi film che non ai cartoni animati. La danza, poi, è stato il mio grande amore. L’entusiasmo non è cambiato di una virgola anche perché ho fatto un percorso molto stimolante, ho incrociato artisti meravigliosi e tutto quello che ho fatto lo rifarei”.
Gli sarebbe piaciuto poter danzare sempre al ritmo di un’orchestra che suona dal vivo: “Sarebbe straordinario. Quando mi è capitato ho provato sensazioni indimenticabili. Il fatto è che ammortizzare i costi è impensabile: noi non abbiamo residenze permanenti, teatri che possono ospitarci, come accade oltreoceano, per anni. Abbiamo l’obbligo di essere itineranti e si deve considerare la necessità di proporre un costo del biglietto accessibile”.
Aveva un desiderio, quasi un sogno che ci confessò in quella circostanza, un personaggio da tirare fuori dal suo cassetto: “Charlie Chaplin, mi affascina, da sempre. Lui è veramente stato unico, un grande in tutto quello che ha fatto e chissà che prima o poi…”.
Adorava la pace della sua casa nella campagna Pavese e se gli chiedevi l’artista che considera davvero speciale, non aveva dubbi: Rita Pavone.
“Con lei ho un bellissimo rapporto di amicizia. Mi rivedo nella sua energia. Ha un talento smisurato. Ho un’ammirazione smodata”.
Tra i tanti premi che aveva ricevuto, teneva particolarmente al Flaiano: “Mi sono emozionato al pensiero che prima di me era stato assegnato a Masina, Mastroianni, Proietti…”.
Gli piaceva particolarmente il rapporto che aveva instaurato con Paolo Cardinali e il teatro Lyrick. “Anche per la sua storia, per come è nato… da una fabbrica dismessa. Il Lyrick è assolutamente avvolgente, ha un ampio palcoscenico, possiede le giuste dimensioni e poi è collocato ai piedi di una città magica”. Chiudemmo l’intervista domandogli dei tempi complicati che viviamo e chiedendogli cosa augurare a se stesso e al suo pubblico: “Nello spettacolo Peter Pan, Trilly sta per morire e in quel momento chiedo al pubblico di gridare forte ‘io credo alle fate’ perché solo così potrà salvarsi. Ho visto nonni alzarsi assieme ai loro nipoti, mi emoziona raccontarlo… E allora auguro a tutti di non smettere di sognare”. Manuel Frattini non c’è più. Ce ne rendiamo progressivamente sempre più conto proprio mentre parliamo di lui. Ci restano la sua professionalità, l’amore per la danza, la gioia del canto, la sua grande umanità e questo suo invito. Non è poco. Grazie di tutto.
 

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