Al cinema Esperia di Bastia Umbra le immagini forti di Alejandro Jodorowsky nel film "Psicomagia un'arte che cura"

BASTIA UMBRA – Martedì 15 e mercoledì 16 ottobre, al cinema Esperia, con inizio alle ore 18,30 (martedì) e alle ore 18,30 e 21,15 (mercoledì) è in programma la proiezione del film di Alejandro Jodorowsky “Psicomagia un’arte che cura“.
Sicuramente l’opera cinematografica più esauriente sul mondo terapeutico di cui fa parte Alejandro Jodorowsky. Se non la più convincente, sicuramente la più completa e descrittiva sul lavoro psicomagico dell’autore cileno, figlio di immigrati ebreo-ucraini e attualmente parigino, nella cui città francese ha fondato con Fernando Arrabal e Rolando Topor il movimento di teatro “panico”. Proprio in Francia questo documentario è girato. Racconta il suo rapporto con la psicanalisi e il suo rapporto con il quotidiano in cui si dovrebbe insegnare alla ragione a parlare il linguaggio del sogno e non il contrario. D’altronde da trent’anni Jodorowsky, una volta al mese, legge i Tarocchi gratuitamente in un caffè della sua città adottiva, perché la sua “Tarologia” non deve predire il futuro, bensì risolvere i problemi del presente. Il suo è un messaggio che si trasforma in massaggio iniziatico, perché se la psicanalisi si basa sulla parola, la sua psicomagia si basa sull’azione, sull’intervento, sul terapista che “tocca” il suo paziente, lo manipola lo soffoca, lo comprime, lo abbraccia, lo accoglie fino in fondo.
Un’antologia delle pratiche terapeutiche vengono sciorinate per tutto il girato, amalgamata con spezzoni dei suoi film, le sue opere teatrali, i suoi incontri, le sue interviste. Veri e propri psicodrammi si liberano dinanzi alla telecamera, sangue mestruale, danze ancestrali, corpi avviluppati, urla, dolori, sofferenze, confessioni profonde, perché la finalità della psicomagia, trasformando il consultante in guaritore di se stesso, è fare in modo che si collochi nel proprio ego adulto, un ego che non può occupare nessun altro tempo se non il presente. Immagini forti, destabilizzanti a volte, terribilmente vere, in atto sulla scena. Nelle diverse dimensioni della vita, si stabiliscono dei collegamenti distruttivi fra esse. Le rappresentazioni sceniche sono una continua lotta tra le esigenze intrapsichiche e le richieste della realtà, per riscoprire spontaneità e creatività. L’inconscio sarà anche la ragione ultima, oltre l’interesse materiale di classe e la volontà di potenza, e Jodorowsky, attraverso l’ininterrotta psicomagia, riparte da dove Freud ha finito. Quest’ultimo incontra le persone nel setting artificiale, Jodorowsky le incontra sul campo, nel suo ambiente. Freud analizza i suoi sogni, Jodorowsky dovrebbe invece trovare, a 90 anni, il coraggio di sognare ancora.
Una bomba mentale, è la psicomagia degli atti, che libera l’infanzia e scardina l’istituzione famiglia. Terapia individuale e di gruppo, l’immagine è clinico-fotografica, mai estetizzante. La forma va a benedirsi e i movimenti di macchina apparentemente superflui spariscono. Un viaggio nel tempo, ma anche un viaggio nelle stanze dell’anima. Arredamenti del cuore, spazi s’intersecano sulla linea del grottesco, del bestiale, e del cinema fatto in casa, quasi come in una camera verde per cui il tempo si è fermato per sempre. Malinconia, poesia, ironia, sipari che si aprono e chiudono sul tormento della morte. Testamento filmato che si muove a briglie sciolte, senza freni espressivi e senza doversi misurare con lo stile maledettamente perfetto. Anche nella bufera dei sogni infranti e del peso a volte insopportabile dell’esistenza, lo sguardo di Jodorowsky non rappresenta il normale per rappresentare il nulla, che non rappresenta il saggio sulla società, ma la poesia dell’uomo. Anche quest’ultimo saggio filmato ha disseminato, tra sbalzi repentini di rumori, frastuoni e cacofonie, richiami disperati alla ricerca di una danza inebriante.

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