Alla Festa della Rete giornalisti alle prese con fake news e Perugia città a caccia di talenti

PERUGIA –Ma dov’è finita la verità, la credibilità? L’affidabilità dell’informazione e della comunicazione? In un mondo sempre più interconnesso e affollato di notizie che rimbalzano da una parte all’altra del pianeta e sempre più insistentemente sui social, è necessario non abbassare mai la soglia di attenzione per poter distinguere il vero dal falso, la fake news e la bufala dalla notizia vera e verificata. Purtroppo le cose vanno in direzione ostinatamente contraria e i tempi sempre più stretti delle nostre indaffaratissime giornate, con la complicità di un clima di superficialità diffusa, il limite sempre più esiguo tra verità e falsità è spesso oltrepassato. Con le conseguenze che sono sempre più sofisticati i sistemi per indirizzare la nostra opinione verso fatti artatamente manipolati che in tal modo diventano strumenti per deviare e disorientare le nostre idee politiche e culturali. Di tutto questo e della relazione tra informazione e media, social e fake news si è parlato ieri nel corso di un incontro alle Officine Fratti nell’ambito della Festa della Rete dal titolo “La Fake news va sempre di moda” a cui hanno partecipato Italo Carmignani, caporedattore dell’edizione perugina del Messaggero come moderatore; Davide Vecchi, direttore del Corriere dell’Umbria; Filippo Piervittori di ToBiz.it e Gabriele Gambini di Tv Zoom. Ne è emerso un quadro decisamente preoccupante che ha innanzitutto stigmatizzato l’approccio superficiale che regna, dall’avvento dei social, nelle redazioni di testate più o meno autorevoli, con giornalisti compiacenti, troppo compiacenti con le linee editoriali e che, ad esempio, pur di difendere i due carabinieri che a Firenze nei mesi scorsi sono stati accusati di aver violentato due ragazze americane, hanno costruito una fake news molto fantasiosa sulle base di dichiarazioni neanche minimamente verificate. Secondo il dichiarante l’80% delle ragazze americane in visita in Italia sarebbero state assicurate contro la violenza sessuale e che una buona percentuale di questo 80% al ritorno negli Stati Uniti avrebbe denunciato di essere stata vittima di una violenza per intascare il denaro delle società assicuratrici. No, così non va anche secondo il direttore Davide Vecchi che ammette la possibilità dell’errore, ma che dalle esperienze passate in giornali di caratura nazionale come l’Espresso e Il Fatto Quotidiano, il Messaggero, è arrivato alla conclusione che non possono essere messi sullo stesso piano social e giornali. “Noi giornalisti dobbiamo – ha detto – verificare sempre tutto. E stare soprattutto attenti ai politici che sono i maggiori diffusori di fake news”. Il problema secondo Gabriele Gambini è il corto circuito che si crea con la corsa forsennata allo scoop che sul Web diventa drammaticamente spietata: i tempi per verificare la notizia sono drasticamente ridotti ed è sempre più facile incorrere nelle bufale. Secondo Filippo Piervittori, invece, è la diffusione delle fake news l’aspetto più inquietante anche rispetto ai fini economici. Ad esempio secondo una recente indagine di mercato – ha affermato Piervittori – il potere d’acquisto del latte è calato negli ultimi mesi del 9%, ma è stato riscontrato che buona parte di questa perdita è stata causata da fake news che sono state artatamente diffuse per interessi commerciali finalizzati a sostituire il latte con altri prodotti. E secondo un’indagine Doxa il 50% degli italiani ha creduto in una fake news e il 30% l’ha condivisa. Insomma è necessario che i giornalisti recuperino la loro credibilità con un lavoro attento e paziente (Vecchi) e, per quanto riguarda le testate sul Web, cercare almeno di ridurre la “foga della notizia” che costringe a lavorare troppo in fretta (Gambini).
Di tutt’altro tenore l’incontro dal titolo “Un’altra figura di Nerd – La città a caccia di talenti” in cui sono state esaltate le doti di creatività nell’imprenditoria e nella relazione tra creatività a la brevettazione di prodotti innovativi. E’ stato citato Steve Jobs che invitava i giovani ad “esser affamati e folli”, ma è stato citato anche lo scrittore David Foster Wallace che nella raccolta di racconti “Questa è l’acqua” suggerisce che la creatività è frutto di un’attenta osservazione della realtà (Marco Mazzoni, docente di Sociologia della Comunicazione, Università di Perugia). E’ stato anche ricordato come questa follia vada però “mitigata” per far sì che un brevetto si trasformi realmente in prodotto o servizio (Andrea Alunni, Consiglio dell’European Innovation Council Accelerator Fund); o come sia importante la contaminazione tra settori per generare innovazione (Andrea Tomassini, Ceo Wearable Italia e Michele Fioroni, assessore allo sviluppo economico del Comune di Perugia), o come, infine, la diversificazione sia strategia vincente per lo sviluppo delle aziende (Matteo Minelli, Ecosuntek – Birra Flea).
 

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