Ancaiano e la sua splendida rocca restaurata, gloria della famiglia spoletina

ANCAIANO – Pochi passi da Ferentillo, su per una strada che si perde nella verdeggiante gola solcata dall’omonimo fosso, alle falde del monte Fionchi, si scopre, come per magia, il paese di Ancaiano. Il palazzotto in basso, la rocca in alto, al centro le case aggrappate alla china rocciosa di fronte alle frazioni di Loreno, Nicciano, Belvedere, Salari, Mezzanello. La chiesa di San Martino del XVI/XVII sec. è chiusa al culto da diversi anni  a causa dei danni provocati dal terremoto. Ad un unica navata, abside circolare, campaniletto a  vela con due  fornici e campane. Il paese si sta spopolando; ma ancora resiste la sua attrattiva turistica volta all’ambiente. Quella che non morirà mai è la storia millenaria del luogo e la superba rocca, ne e’ un esempio con l’alta torre dominante.

Interno del castello: si notano l’arco e quella che era la foresteria

 
Porta di accesso alla rocca: sull’architrave lo stemma degli Ancaiani, il leone rampante

 
Veduta della torre con loggetta e postierla

 
Panorama dalla torre: vista sulle frazioni di Nicciano e Loreno

Gli Ancaiani,  nobile famiglia spoletina, prese il nome da questo castello. Discende dagli antichi romani. Famiglia che ai suoi bagliori fu ghibellina poi guelfi moderati. Nel 1185 divennero “comunales” di Spoleto dopo l’incendio del Barbarossa. Nel 1190 il castello passa ai duchi di Spoleto; successivamente lo tennero come vicari del comune. La famiglia aveva il palazzo in citta’ e la chiesa in San Benedetto (distrutta nel 1865 per l’ ampliamento della strada interna alla citta’). Tra i monaci che firmarono la cessione a Spoleto dell’abbazia di San Pietro in valle e dei castelli vicini furono: Filippo e Berardo Ancaiani. Nel 1319 Vanni, Andrea, Tommaso, Ranallo capitanarono i ghibellini che presero Spoleto. Anche se  Giacomo di Offreduccio Ancaiani fatto cavaliere da re Sigismondo era di parte guelfa, fu mandato il 25 settembre del 1444 insieme ad altri oratori, a trattare affari urgenti dal Legato Pontificio. Nel 1473 Placido Ancaiani e’ capo dei guelfi a Spoleto da allora nominato “padre della patria”. Da questa data assunsero lo stemma: leone rampante con il motto “ortus cum patria”. Forse per la sua bonta e popolarita fu ucciso da un servo. Nel 1478 gli Ancaiani tornano in possesso della abbazia di San Pietro in valle,  primo abate fu Benedetto, poi Decio e Ancaiano, Alojsio ecc.. Nel 1566 con la decadenza di Attilio e Flaminio del conti di Carnano – Baschi, Andrea Ancaiani, che ne aveva sposato la sorella Atalanta, pote’ ricomprare tutti i loro beni posti in vendita dal papa. Ebbero questa signoria fino al 1896 con l’ultimo Ancaiani Barone Decio. Verso la fine del XVIII secolo Carlo Ancaiani fu comandante delle truppe pontificie sconfitte a Faenza dai francesi (1797). Mario Ancaiani fu primo Arcivescovo di Spoleto (1821). La famiglia prosegui dandosi all’appalto delle gabelle per l’Umbria, così Decio (1671-1685), Andrea (1712-1729), Carlo (1731-1751). Gli ultimi due Ancaiani furono: il barone Checco e il barone Decio. A Tenaglie ancora esiste il loro palazzo. Ad Ancaiano è stato venduto a famiglie del luogo, così la rocca. A Spoleto palazzo Ancaiani fu sede del governatorato, poi della Prefettura del Trasimeno, della Delegazione Pontificia e successivamente Sottoprefettura con il Regno d’Italia fino al 1927. Oggi è sede del Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo (CISAM).

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