Andrea Dejana e il suo “Neo mondialismo”: visioni e messaggi d’arte contemporanea

PERUGIA – Spiazzanti, irridenti, talvolta sconcertanti, concettualmente stimolanti, cromaticamente evidenti, matericamente prorompenti. Le opere di Andrea Dejana non passano, certamente, inosservate. Lui è perugino, classe 1965  e diciamo che di classe artistica si può già parlare nel … 1970, dunque scolaretto, quando ha ricevuto i primi complimenti dalla sua maestra. Con la matita, insomma, ci sapeva fare. Questione di geni parentali, visto che il padre Augusto è un eccellente pittore e ottimo spatolista.

Autodidatta, Andrea Dejana è stato attratto dal fermento della pop art ed è volato in America dove dal 1989 al 1993 ha seguito corsi di pittura a New York ma anche a  New Orleans, tappa obbligata visto che l’altra sua grande passione è la musica e del mix jazz & sax, che suona, in particolare.
Ha fondato il “Neo mondialismo”, movimento artistico-culturale che ha teorizzato e certificato in un libro manifesto, e prepotentemente proposto la sua blow up come tecnica capace di trasformare l’esperienza pittorica in gesto materico. Da oggi, sabato 16 dicembre e fino al 7 gennaio, esporrà a Perugia, Borsa merci in via Mazzini, nella mostra “Christmas Art”, assieme ad altri due artisti umbri, MaMO e Leonardo Orsini. Inaugurazione alle ore 17.
L’occasione giusta per parlare di questo e, come nostra consuetudine, di altro ancora.
– Come si è disvelata la sua anima artistica?
Ricopiando e disegnando fumetti, da bambino, con Topolino. Poi mio padre mi ha dato una mano…
– Figlio d’arte?
Se così vogliamo dire, certo mio padre Augusto ha inciso. A iniziare dal suo modo di fotografare e dalla passione che aveva per l’arte. dell’arte e quindi me l’ha sicuramente trasmessa.
– La prima conferma del suo sentire artistico?
Me la data la maestra, l’unico 10 che prendevo era a disegno.
– Dopo Topolino che accade?
Ho vissuto varie fasi artistiche. All’inizio ero un figurativo, poi man mano ho preso contatto con altre forme artistiche e così sono andato negli Stati Uniti e qui è cambiato il mio modo di intendere l’arte. Lì la Pop Art era già un linguaggio diffuso e acquisito e sono stato “contaminato”  da quel movimento.

 

Da lì nascono i miei paesaggi urbani.  Sono stato anche a New Orleans.
–  A New Orleans perché?
Per un appassionato di jazz come me era una tappa obbligata…
– Ama la musica?
Sì, la suono pure. Sax contralto.
– E a New Orleans che è accaduto artisticamente parlando?
Ho frequentato la Preservation Hall, il tempio del jazz e ho fatto della ritrattistica visto i grandi musicisti che la frequentavano.
– Ha fatto manifesti per Umbria Jazz?
Bhe no…
– Le piacerebbe?
Certamente.
– Il ritorno in Italia?
Forte delle esperienze americane ho  iniziato anche a fare spatola.
– Spatola, ovvero?
Creare con la materia. E le materie sono tante. Opere con chiari riferimenti alla Pop Art, però introducendo dei significati molto ironici, non necessariamente riferiti al consumismo così caro ad Andy Warhol, ma caricandole di messaggi sociali.
– Un esempio?
La Coca Cola proposta in tante forme commerciali, per me è diventata Coca- Ina light, un messaggio rivolto ai giovani. Può esistere una cocaina light? Porgo loro una domanda provocatoria e un messaggio: non vi fate illudere.
– Lei ha creato un manifesto culturale: il Neo Mondialismo che è anche un libro. Che cosa è?

La premessa è che non è un catalogo ma un volume che è composto dalle mie opere d’arte, accompagnate da frasi celebri e da riflessioni di autori contemporanei ed è un manifesto di coscienze
impegnate a difendere il valore della vita contro ogni forma di violazione dei diritti civili e contro tutto ciò che offende la dignità umana. E per dignità umana,  intendo anche denunciare perché nel neo mondialismo non ci sono solo diritti umani, ma anche i diritti civili e, dunque, ambientali.
Il neo mondialismo è quello che io auspico che un giorno possa imporsi.
– Sottotitolo: Ignora l’ordine alieno. Ovvero?
Ritorna la musica: l’ho ripreso dall’adesivo che aveva Joe Strummer dei Clash sulla sua chitarra: ignora gli ordini alieni, che ho messo al singolare.
– Il messaggio?

Ognuno di noi ha capacità intellettuali e di pensiero, quindi dobbiamo saper autonomamente elaborare con la nostra testa tutti quei messaggi  che ci arrivano quotidianamente. Ciò vale per i messaggi negativi come per quelli positivi che talvolta esplicito o nascondo nei miei quadri.
– L’intento?
Dare voce a tutti coloro che si sentono oppressi dal sistema. E quindi dare voce al dissenso tramite l’arte.
– E come si esplica?
In varie forme, anche a volte  audaci, perché  voglio far pensare alla nostra esistenza, a ciò che stiamo vivendo e come. Per questo nelle mie opere talvolta compaiono delle frasi, delle lettere che corroborano quello che io sento. Che vedo. Mi piace molto poterlo fare con ironia.
– E a tinte accese, a quanto si vede. Il rosso pare predominante…

E’ un colore che prediligo, in effetti, assieme ad altri tre: il nero, il bianco e il blu. Talvolta introduco il giallo.
– Le materie?
Un po’ tutte che corrispondono a varie fasi creative.
– Da qui la sua blow up?
Sì, a partire dal 2008 . Un’espressione estetica che presuppone l’estroflessione, una dilatazione dello spazio verso l’esterno della tela, per lo più monocromatica, tramite specifici accorgimenti tecnici.  In sostanza la tela fuoriesce creando una visione prospettica tridimensionale. Burri aveva utilizzato ad esempio una asticella di ferro che formava una sorta di gobba sulla tela, la mia tecnica invece  procede con  il riempimento della tela stessa che richiede molto, molto lavoro.
– L’elemento essenziale che richiede una sua opera?
La luce. Per avere il giusto impatto e significato.

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