Ars Contemporanea, stasera "Lo ammetto ho tentato di essere felice": intervista al regista Manfredi Rutelli

CASTIGLIONE DEL LAGO – C’è aria di festa al Trasimeno. Festa della cultura, finalmente, un po’ più libera rispetto a qualche settimana fa ma ancora un po’ reclusa. Gianluca Brundo, però, ha avuto il coraggio di osare e ha voluto comunque dare vita a questa IV edizione di Ars Contemporanea che inizia oggi, venerdì 24 luglio, e si conclude domenica 26. Un’edizione tra l’altro completamente gratuita per tutti e per tutto. Un segnale di condivisione di tempi difficili.

Gianluca Brundo

C’è aria di festa in realtà anche per lui, visto che stasera alle ore 21 debutta con lo spettacolo in prima nazionale “Lo ammetto, ho tentato di essere felice”, riduzione teatrale del suo ultimo libro dalle forti tinte autobiografiche. Un monologo messo in scena da Manfredi Rutelli, regista, drammaturgo e docente teatrale, che abbiamo intervistato per Gruppo Corriere e che proponiamo ai lettori di Vivo Umbria.
Manfredi Rutelli

Questo è un monologo in un palcoscenico interminabile come quello della Rocca del Leone di Castiglione del Lago e che da soliloquio deve lasciare tracce comunque tangibili al pubblico… necessariamente distante. Non è cosa facile.

“E’ stimolante. Partiamo dal fatto che viste le contingenze – sorride Rutelli – un palcoscenico enorme come quello della Rocca assicura senza alcun dubbio l’opportuno distanziamento. Da questo punto di vista non ho avuto alcuna problematica da risolvere. Battute a parte, l’attore non sarà da solo; con Gianluca Brundo in scena c’è un violoncello, strumento struggente che abbiamo fortemente voluto, suonato dal maestro Ermanno Vallini. E poi un ruolo importante hanno i costumi di Maria Ines Saglietti”.

La copertina di “Lo ammetto ho tentato di essere felice”

Cosa ha comportato nella trascrizione registica  partire da un testo autobiografico?

“Ho messo in scena un personaggio che intraprende un viaggio. Certamente non negando la valenza che sia l’autore ad essere in scena. In evidenza ho messo la volontà di un padre che vuole scrivere una lettera alla propria figlia ma non ci riesce. E pensa a voce alta. Traccia un sentiero fatto di oggetti simbolici disseminati sul palco che rappresentano il suo vissuto. E poi trova il finale, l’ultima frase di questa sua lettera”.

La cifra teatrale?

“Leggerezza e profondità”.

Lei, in questo caso, è regista di un attore amico. Nell’immaginario collettivo chi dà il ciak è severo.

“Per quello che mi riguarda alle prime armi, in effetti, sono stato cattivo con gli attori. Poi, maturando nelle certezze artistiche, ha finito per far prevale il confronto, il consiglio. Nel caso di un monologo, come in questo caso, si tratta eminentemente di un rapporto a due: attore-regista. Propongo delle cose, stimolo in maniera interrogativa, apparentemente senza certezze. Nel caso di Gianluca Brundo e della sua intelligente percezione attoriale, il resto è venuto da sé. Avevamo di fronte un foglio bianco, ci siamo detti: ‘scriviamoci le cose che ci interessa dire’. C’erano dei margini di cui tenere conto, senza dubbio; detto questo ho lasciato la massima libertà di espressione. Dopo la prova generale ci siamo detti: ‘abbiamo fatto un bel lavoro’”.

Inventiamo uno spot per convincere il pubblico a vedere lo spettacolo: ‘Dovete venire’… perché?

“E’ la confessione di un uomo per cercare di essere migliore”.

Lei è nato a Roma ma di fatto lavora in Toscana, soprattutto nel Senese. Ha iniziato dalla Rete Teatrale Amiata e Val D’Orcia per poi diventare direttore artistico degli eventi di Montalcino e molto altro ancora.

“Romano di nascita, toscano d’adozione. Sì, le amministrazioni apprezzano l’attenzione che pongo alla realizzazione di percorsi capaci di lasciare tracce alle comunità locali”.

Prevale maggiormente l’intesa di natura politica o quella sociale?

“Sociale prima di tutto ma, di conseguenza, anche quella politica”.

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