Capochinismo: al Morlacchi la commovente filosofia del vivere soli secondo Lucia Calamaro

PERUGIA – Cercasi comprensioni, verrebbe da dire persino convinte adesioni,  al “capochinismo”, concetto filosofico di vita teorizzato da Lucia Calamaro nel testo teatrale “Si nota all’imbrunire” perfettamente interpretato da Silvio Orlando. L’atteggiamento del capo, per l’appunto chino su se stesso e rivolto alla Madre Terra che può essere rappresentata dal semplice pavimento, palesa un atteggiamento da vinto che induce a pensare alla rassegnazione del soggetto quando esso in realtà riassume in sé coraggio, orgoglio, irriverenza, ironia, anticonformismo, memoria, commozione e naturale disperazione: sentimenti tutti riconducibili a uno stato di solitudine con il quale fare i conti senza sconti. Devoto Oli farebbe certamente di meglio, qualora lo volesse, nel definire il vocabolo: varrebbe comunque la pena, a nostro modesto avviso, indagasse su questa “voce” per inserirla nelle cose dense di significato che il teatro contemporaneo può dare.
Apertura più degna, ieri sera 29 ottobre, per la Stagione di un Morlacchi che sta prendendo nuova forma grazie al contributo finanziario e umano di Brunello Cucinelli nel rispetto del passato con una platea più razionale, con sedute finalmente a misura di gambe ed estremamente eleganti, non poteva esserci. Commedia strepitosa di due ore in due atti peraltro diversi di una stessa messinscena: al turbinìo del primo che in qualche modo ricorda la commedia di Eduardo De Filippo, segue quello più alla Pirandello  dove sono i soliloqui a prevalere con personaggi in cerca di un’anima, addirittura di una presenza reale. Che non c’è. I due riferimenti servono solo e unicamente a orientare in qualche modo, chi scrive, e forse anche chi legge, nella giungla di una drammaturgia però  assolutamente originale e perfino debordante di una scrittura eccelsa che ti inonda di concetti profondi, densi, amari e dolci, divertenti e tristi, reali e irreali, rilasciati a mitraglia uno dietro l’altro fino a scomporre e ricomporre il nostro vissuto.  Su tutto impera l’armonia dell’ironia resa da uno straordinario Silvio Orlando affiancato da Vincenzo Nemolato, Roberto Nobile, Alice Rendini e Laura Rondanini interpreti dei loro ruoli non facili in maniera efficace e funzionalissima alla narrazione. Che bello. Che peccato, d’altro canto, perdere tanta intelligenza. Perché non riesci a stargli dietro. Lo Stabile dell’Umbria dovrebbe consentire un doppio ingresso con un unico biglietto. Impossibile. Anzi, giusto: stimolarci a restare con la concentrazione desta, è come sollevare quel capo, distoglierlo da quel punto fisso che si trova in basso,  elevarlo nel dovuto rispetto che il “capochinismo”, comunque, merita.

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