Chiara Becchimanzi: la satira per ridere su ciò in cui crediamo di credere

FOLIGNO – Per “Foligno on stage” torna a riaprirsi il sipario del rinnovato Auditorium Santa Caterina per ospitare ancora la stand-up comedy. Dopo aver girato l’Italia con “Terapia di Gruppo”, format che mescola sapientemente stand up comedy, teatro e improvvisazione realizzando un’esperienza interattiva diversa di replica in replica per un processo terapeutico che è servito soprattutto a lei, Chiara Becchimanzi rilancia con “Terapia d’Urto – Dio Patria e Famiglia” sabato 2 marzo (ore 21), fondendo il suo flusso di coscienza a quello del pubblico per scagliarsi in maniera violentemente esilarante contro tutto ciò in cui crediamo di credere.

– Dio, Patria e Famiglia Vogliamo prendere in considerazione queste tre voci? Cominciamo da Dio.
Diciamo – afferma Chiara Becchimanzi – che io mi scaglio, in maniera ovviamente cialtrona ed esilarante, contro i valori italici. Quindi il primo valore è la religione. Perciò Dio.
Io sono atea. Lo sono sempre stata e tento di dire, parodizzando non tanto la fede, quanto la retorica della religione, quanto a volte ci annebbia la vista perché diventa uno schema dal quale non riusciamo a uscire. Diciamo, più che con Dio me la prendo col Vaticano direttamente e propongo una nuova religione.
– Una nuova religione? Cioè?
Non posso dire di più, altrimenti spoilero troppo lo spettacolo.
– E Papa Bergoglio?
Ce n’è anche per lui nello spettacolo. Sono d’accordo sul fatto che ogni tanto faccia interventi sensati ma anche d’accordo sul fatto che ogni tanto no. Quindi diciamo che c’è proprio questa contraddizione che viene fuori nello spettacolo, sempre, in maniera molto rispettosa chiaramente, ma più che contro la persona, contro l’istituzione.


– Passiamo alla patria.
Ironizzo sull’orgoglio di essere italiani. Quali sono le contraddizioni rispetto all’orgoglio di essere italiani. Cosa vuol dire far parte di una nazione, se sia così davvero importante e non magari sia invece anacronistico portare avanti il ​​valore nazionalista quando in realtà dovremmo essere tutti un po’ cittadini del popolo? Ma soprattutto quali sono poi i valori dell’essere italiani, cioè quelli che veramente interessano al popolo? Quali sono? Sanremo e le manganellate di Pisa? Il calcio?
Se poi li vai a interrogare sulla cultura italiana e metti nello spettacolo come io faccio a volte, una serie di citazioni e là vediamo se poi siamo tutti preparati. Siamo tutti in connessione con le nostre radici? Sappiamo da dove veniamo? E poi? Io propongo anche uno sguardo alternativo ad altre lezioni, cioè decentro un po’ l’ombelicismo. Io dico che noi siamo malati di ombelicismo, cioè guardiamo soltanto il nostro ombelico e quindi spesso non guardiamo fuori da noi. Invece fuori da noi ci sono degli esempi interessanti per avere un’altra prospettiva sulla realtà e sul nostro senso all’interno della realtà, il senso proprio dell’umanità e non solo dell’essere italiani o no.
– E che cosa vuol dire essere patrioti?
Lo snocciolo raccontando una serie di aneddoti che riguardano varie parti dell’Italia che ho attraversato, ma anche, diciamo così, vari nazionalismi che ho conosciuto, sempre ovviamente in maniera parodica. Perché così sembra uno “pippone” politico. In realtà lo è perché io credo che l’arte sia politica, non mi interessa l’intrattenimento.
Mi permetto appunto di dare degli altri suggerimenti su cosa voglia dire patria o no.
– Quali sono?
Ci risiamo, non posso spoilerarli, comunque sono cose molto attuali, venite a vederli.
Ti posso dire che racconto appunto del mio attivismo, quindi tutto ciò che purtroppo è successo a Pisa io l’ho visto succedere tante altre volte, indipendentemente poi dal colore politico di chi governa. Ci sono stata anche in mezzo, quindi l’ho presa la carica, perciò ecco, so che cosa vuol dire. Diciamo che la verità non è sempre quella che viene raccontata rispetto a come vanno poi queste manifestazioni. Per cui, ecco, cerco di dare una serie di esempi anche di integrazione così
inaspettata che ho incontrato nel mio attraversare le periferie in Italia sia come attivista che come operatrice culturale, che come artista.
– Passiamo alla famiglia?
La famiglia, quindi parliamo di maternità, o meglio di matrignità, perché io non bazzico la maternità, non mi interessa. Grazie, go anche un’altra idea di famiglia.
E parlo anche di temi molto, molto delicati che hanno anche a che fare con la salute della donna,
con la salute mentale che però diventano da medicare perché vogliono farli diventare delicati.
Perché dovrebbero essere delicati? Dovrebbero essere temi pacifici di cui si parla tranquillamente, senza vergogna e senza pudore. Tipo l’aborto.
– Sei passata dalla Terapia di gruppo in tempi Covid, il tuo precedente spettacolo, dove tentavi di analizzare e superare quella fase critica sia a livello sociale che individuale, alla Terapia d’urto, quindi, a qualcosa che impatta e che tenta di risvegliare le menti sempre nei canoni dell’ironia e del sarcasmo.
Assolutamente sì. Allora in realtà Terapia di gruppo è uno spettacolo che è tuttora in tour e che poi si è evoluto, nel senso che poi cambia avendo un modulo, diciamo così, molto basato sull’improvvisazione, sulle conseguenze dell’attualità, perciò Terapia di gruppo continua ad andare avanti in base anche alle location che lo richiedono. Invece Terapia d’urto è uno spettacolo meno interattivo, diciamo così, si basa meno sul sentimento del pubblico. Vado io un po’ più dritta per quanto comunque io cerchi continuamente l’interazione comica e non col pubblico per capire qual è il polso della sala. Però in realtà è uno spettacolo un po’ più dritto o meno improvvisato che va più che a svegliare, io dico scotoliare, come avrebbe detto mia nonna, che è una grande protagonista dello spettacolo insieme a me, perché la cito spesso.
Una bella scotoliata, alla napoletana, prendendosi anche la libertà e anche la gioia di non essere d’accordo, perché se parliamo solo con le persone con cui siamo d’accordo che parliamo a fare? Cioè dobbiamo parlare con quelli con cui non siamo d’accordo, perché dal confronto possono nascere delle cose.
Ad esempio, sono andata a vedere un mio collega che recentemente ha fatto un pezzo di satira contro le femministe. Io chiaramente sono femminista. Io non ero d’accordo neanche con una parola, però ho riso dall’inizio alla fine. Cioè questa è la differenza, no? Tra l’offendersi e il non offendersi. Il politicamente corretto è un altro grande tema dello spettacolo, la cancel culture, quanto siamo preoccupati di cambiare delle cose quando in realtà le dobbiamo ricontestualizzare.
Io auspico che la gente non sia d’accordo con me, però la sfido a non ridere perché riderà comunque.

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