Christian Pabst, dalla Germania all’Italia per usare cuore e cervello nel jazz

PERUGIA – “Quando ero piccolo,” ricorda Pabst, “le vacanze con la mia famiglia avevano sempre direzione sud Europa, alla ricerca del sole e caldo. Ricordo che sin da bambino, la vista delle palme mi abbia sempre affascinato: associavo questi alberi meravigliosi, a un viaggio più’ lungo del solito, più lontano, che mi avrebbe portato in luoghi e paesaggi molto diversi da quelli di casa mia. Trae ispirazione da questi ricordi il nuovo album del pianista tedesco Christian Pabst “The Palm Tree Line”.

Cominciamo con il dire che Christian Pabst, dal 2020, ha deciso di stabilizzarsi in Umbria, a Perugia dopo anni vissuti ad Amsterdam ed essere nato in Germania, giusto?
Giusto.
Quali sono le motivazioni che ti hanno spinto a vivere in Italia, in particolare modo a Perugia?
Io non avrei mai detto che un giorno avrei vissuto in Italia, ma sono contentissimo di questo fatto. Come hai detto giustamente sono tedesco, però per anni ha vissuto ad Amsterdam per studiare pianoforte, jazz e musica da film. Lì al Conservatorio ho incontrato la mia futura moglie.
Italiana?
Esatto. Che all’epoca studiava anche lei al Conservatorio. Ci siamo sposati, siamo stati insieme tantissimi anni. A un certo punto abbiamo deciso che se volevamo avere un futuro insieme non dovevamo più stare in Olanda. Abbiamo parlato tanto e ci siamo chiesti: dobbiamo andare in Germania? Dobbiamo andare in Italia, cosa facciamo? Perché comunque era in ballo un cambiamento importante, un grande passo per la vita.
Ha influito nel prendere questa decisione anche il fatto che Perugia è il luogo di svolgimento di Umbria jazz?
Assolutamente. Perché – diciamo – io ho avuto un po’ di dubbi a trasferirmi così in Italia senza avere lavoro, però accompagnando mia moglie a visitare la sua famiglia di origine che vive a Perugia, prima ancora di trasferirci, siamo venuti due-tre volte all’anno e ho verificato che in Umbria comunque c’è un’abbondanza di cultura, tantissimi eventi e, come dici tu, a Perugia, specialmente Umbria Jazz. Diciamo che c’è un pubblico che comunque ama il jazz, per me che sono un jazzista un fatto determinante.
Il tuo nuovo disco sembra essere ispirato da una visione dell’Italia come paese un po’ esotico, un paese assolato e caldo, ma non è l’unico, c’è anche il Sud America con brani come Mambo, Alhambra, Déjame Llolar.
Il nuovo disco rappresenta anche il debutto del mio nuovo gruppo italiano e sono molto contento che finalmente posso pubblicare qualcosa proprio con un gruppo italiano e si intitola The Palm Tree Line perché la linea delle palme prende spunto dalla regione, unica zona del mondo, dove crescono le palme, tra il quarantaquattresimo grado Nord e il quarantaquattresimo grado Sud, ma vivendo in Italia volevo anche esprimere le mie esperienze musicali, allora ci sono anche brani italiani, ovviamente, ma diciamo in una visione un po’ampia, diciamo un po’ la musica del Sud, la musica latina.

Inoltre la tua visione è anche ispirata dalle immagini, forse anche per le tue esperienze precedenti al Conservatorio, dove hai anche approfondito l’argomento della musica da film. Ne scaturisce una sinestesia che evoca sogni e immagini lontani. E le luci del tramonto, in un’onda calda, avvolgente.
E infatti ci sono anche due o tre canzoni che vengono proprio dai film, da “Matrimonio all’italiana”
e anche da “Un’ora sola ti vorrei” che ho scoperto nei film. Per me è stato interessante perché comunque nelle versioni originali sono proprio brani italiani, quelli popolari. Magari possono sembrare troppo semplici, perché nel jazz si usano anche cose complesse, però queste melodie
mi sono rimaste nella testa così tanto che mi sono detto: devo suonarle, devo fare un arrangiamento devo trovare il mio modo.
Ecco, infatti in questo album in particolare c’è un’attenzione melodica. Ti chiedo: è questo che rende bella la musica?
Sì, per me la bellezza della musica è una melodia forte, una melodia cantabile, un equilibrio tra il cuore e il cervello. In particolare, in questo album ho cercato di suonare e presentare il decantabile e accessibile però nel contesto un po’ diverso e questo gioco mi piace. Le melodie sono assolutamente importanti per me.
Questo è il tuo primo album con musiche di altri compositori, perché gli altri quattro sono tutte tue composizioni originali. Giusto?
Vero, questo è il mio quinto album e di solito faccio esclusivamente musica originale. Ma da anni, stavo pensando di accettare la sfida di fare un album con musica di altri e da quando mi sono trasferito in Italia ha assimilato tutte queste nuove influenze musicali-culturali.
Come è avvenuta la scelta di Modugno, Trovajoli, Bongusto?
“Sono venuto a Perugia nel 2020 durante la pandemia e io e mia moglie abbiamo passato tutti i vari lockdown guardando tutta la storia del cinema italiano, film bellissimi e film bruttissimi, abbiamo visto tutto e le canzoni italiane scelte per l’album provengono proprio da questa esperienza.

Ti avvali anche di ottimi musicisti, tra cui anche umbri. Come è avvenuta questa scelta?
Sì, c’è Lorenzo (Brilli, n.d.a.), questo fantastico batterista di Perugia, poi c’è Federico Gili alla fisarmonica, anche lui umbro, eugubino; Ilaria Forciniti, mia moglie, perugina, che canta due brani. Il gruppo è cresciuto molto organicamente, perché Francesco Pierotti, il contrabbassista, era già un mio amico e da sempre avevamo l’idea di suonare insieme, ma la distanza ce lo rendeva impossibile. Lui è stato il primo che ho chiamato quando mi sono trasferito. Lorenzo ha invece saputo dai social che sono mi ero trasferito a Perugia e mi ha contattato direttamente con l’idea di fare una jam session. Abbiamo sentito immediatamente che c’era un click (un’intesa ritmica, n.d.a.)  e abbiamo iniziato a suonare insieme. E dopo grazie a Lorenzo e Francesco, ho conosciuto altri musicisti in Umbria, tra l’altro Federico Gili. Così abbiamo suonato un po’ insieme in qualche concerto e dopo abbiamo iniziato a lavorare su questo disco.

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