SPOLETO – “…Ebbi la consapevolezza, chiara come quella di dover morire, di amarla più di qualsiasi cosa avessi mai visto o potuto immaginare. Di lei restava soltanto l’eco di foglie morte della ninfetta che avevo conosciuto. Ma io l’amavo, questa Lolita pallida e contaminata…” queste alcune delle frasi tratte da Lolita, il romanzo di Nabokov al quale Marco Martani fa riferimento quando dal pubblico in sala una voce di donna si alza per chiedergli quale sia il romanzo per cui darebbe via una gamba. L’autore di Come un padre presentato sabato 25 maggio a Spoleto non ha dubbi: tra i tanti, sicuramente Lolita.
La curiosità del pubblico non si è placata ed è stata diretta da chi moderava, la giornalista del Messaggero Antonella Manni che, dopo aver introdotto l’assessore alla Cultura Ada Urbani dandole l’onere dell’apertura, presentava il nuovo lavoro di Marco Martani. Lo sceneggiatore spoletino ha spiegato la visione data a questo suo tipo di narrazione edito da DeA Planeta, casa editrice nata dal connubio tra la DeAgostini e lo spagnolo Grupo Planeta, già di interesse per i produttori del cinema americano: “Passati dieci anni il personaggio mi aveva talmente intrigato… Avevo bisogno di scrivere un racconto in modo individuale, un lavoro singolo e non di gruppo come si fa con la sceneggiatura”. Dieci anni passati con il protagonista, Orso, un guerriero dal cuore addormentato, un killer della mala che nel paradosso di vivere una vita illecita sfugge al destino di essere padre per difendere la donna che ha amato e la loro figlioletta dalla spietata organizzazione di cui fa parte e forse anche da sé stesso. Ecco allora che le fragilità umane rientrano nel raccordo di una scelta dolorosa che l’autore compie per uno scopo: rendere Orso più umano anche se frutto della sua immaginazione, donandogli caratteristiche che agli occhi dei lettori possano essere condivisibili.
Un padre mancato e mancante, “credo che nessuno riesca a non attivare l’aspetto sentimentale, non siamo macchine” commenta Martani mentre ripensa alla sua trama come ad una “(ri)educazione sentimentale” del noir, di fatto inattiva come la intendeva Flaubert nel suo originale del 1869. Nella sala conferenze di Palazzo Mauri l’elogio alla letteratura si esprime nelle gesta di “un uomo speciale in una situazione normale”, un mondo altro che l’autore esplora con incanto: “Mentre scrivevo mi sono sorpreso a tradire lo schema mentale che da sceneggiatore mi ero fatto, trasportato dalle azioni dei personaggi”, un binomio di linguaggi che ritorna spesso nei suoi discorsi non potendo egli scindere, senza particolare rammarico, tra la professione che svolge e la persona che è, condizionato inconsciamente dai libri che ha letto e affaticato ma grato per quelle letture.
Valentina Tatti Tonni