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Coronavirus: Il servizio sanitario umbro al collasso e i timori crescono

PERUGIA – “Quel che temiamo più di ogni cosa, ha una proterva tendenza a succedere realmente”. Lo affermava Theodor Adorno, filosofo tedesco che fu perseguitato dal Nazismo sino alla sua fuga prima nel Regno Unito, poi negli Stati Uniti. Paura e sicurezza sono strettamente correlate, all’accrescere della prima aumenta progressivamente anche la richiesta della seconda. Tra le misure che, la storia insegna, sono state adottate per rispondere alla necessità di sicurezza e per lenire il senso di paura individuale e collettiva, la condicio che imponeva il sovrano era quella di limitazioni alle libertà individuali in cambio della difesa offerta dal suo esercito. Né più né meno dell’era Covid19 che stiamo vivendo, dove alle drastiche misure di limitazione delle libertà individuali si offre la prospettiva della difesa di un bene primario come quello della salute, o meglio, in attesa di un eventuale vaccino che potrebbe immunizzare grandi porzioni della popolazione, adottando metodi empirici che nella lontana Cina hanno prodotto evidenti risultati. Dunque nel mix tra limitazioni delle libertà personali, misure di prevenzione e soprattutto grazie all’operato di chi la sicurezza e le garanzie di salute le fornisce per professione, lo Stato erge il suo scudo protettivo a difesa della moltitudine. Ma il fattore imponderabile Covid19, al pari di altre pandemie nel corso della storia, ha rotto questo equilibrio: le paure, i timori, meglio le angosce, si ripresentano in questi casi più forti di prima, anche in base al fatto che l’agente che sfugge al controllo, crea a cascata molte altre paure: la crisi economica che ne deriva, il lavoro che diventa a rischio, il futuro dei figli e della famiglia e via di seguito. In base allo schema sociale accennato sopra, dunque, offriamo gran parte delle nostre libertà individuali in cambio di quella che al momento rimane un’ipotesi, soltanto un’ipotesi di garanzia di sicurezza per la nostra salute. Ma quando lo schema si intoppa a causa di una variante, più e meno prevedibile, che interviene a rendere ancora più precario il patto tra cittadini e istituzioni, cosa succede? Quanto sta accadendo in Lombardia è emblematico: le strutture sanitarie sono sature e i rischi che collassino sono molto alti. A paura si accresce paura. E in Umbria? E’ di queste ore la notizia che il Servizio sanitario regionale è ormai vicino al collasso, soprattutto a causa della carenza di ventilatori polmonari determinanti per i malati più gravi in terapia intensiva. Ero stato facile profeta nel prevedere che tutto questo si sarebbe verificato, prospettando – preso anche io dalla paura – che in una situazione di estrema urgenza e necessità, anche l’Umbria, arrivata a saturazione nelle sue capacità di affrontare l’emergenza, avrebbe adottato il criterio spietato del limite dei 60 anni valido per essere escluso dalla terapia intensiva così come qualche medico in Lombardia aveva prospettato come extrema ratio dettata dall’emergenza. Per l’Umbria forse un’iperbole che non si verificherà nemmeno di fronte alla saturazione delle disponibilità in terapia intensiva che si sta prospettando, ma che trova un suo fondamento se la pandemia dovesse progredire con la velocità che i numeri stanno attestando. Esiste un documento degli anestesisti lombardi che confermano quanto da me scritto, vale a dire del criterio di “sostenibilità” delle strutture in base al limite dei 60 anni, tra l’altro notizia ripresa anche dalla stampa britannica. Nella relazione tecnica della Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva Siaarti si legge tra i 15 punti redatti il 7 marzo scorso che fra “i criteri straordinari, che riguardano tutti i pazienti intensivi e non solo i pazienti infetti con infezione da Covid-19, potrebbe essere necessario porre un limite all’età di ingresso ad esempio: riservare risorse che potrebbero essere scarsissime a chi ha in primis più probabilità di sopravvivenza e secondariamente a chi può avere più anni di vita salvata”. Ulteriori fonti hanno confermato che questo limite sono appunto i 60 anni. E’ così che funziona in guerra, è così che funziona nelle catastrofi. Li chiamano principi “etici”, anche se di etico mi pare ci sia ben poco e anche in considerazione del fatto che la stragrande maggioranza dei contagiati più gravi sono anziani. In compenso sono stato accusato di allarmismo e di essere “scribacchino” inadeguato al quale è stata affidato inconsapevolmente una materia delicata come il coronavirus. Ma forse anche questa è stata una reazione spropositata a una paura profonda. I prossimi giorni saranno decisivi per valutare meglio la situazione.

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