Cerca
Close this search box.

“Dall’Idea meno buona” un articolato progetto sudafricano in collaborazione con Spoleto Festival

SPOLETO – La Fondazione Carla Fendi e i Mahler & LeWitt Studios ospitano The Centre for the Less Good Idea, un progetto in collaborazione con Spoleto68 Festival dei Due Mondi.

Il programma, curato da Guy Robertson (Curatore e Co-Direttore, Mahler & LeWitt Studios) e prodotto dalla Fondazione Carla Fendi, include residenze, workshops, eventi – tra cui una lecture di William Kentridge – e la mostra Unhappen Unhappen Unhappen – Pepper’s Ghost Dioramas, che presenterà in anteprima quattro diorami animati, realizzati da Anathi Conjwa, William Kentridge, Micca Manganye e Sabine Theunissen, oltre al video Moments of making di Noah Cohen.

 

Fondato nel 2016 da William Kentridge e Bronwyn Lace a Johannesburg, in Sudafrica, The Centre for the Less Good Idea promuove progetti collaborativi e interdisciplinari, con particolare attenzione al supporto di artisti del continente africano. La sua peculiare strategia è quella di incoraggiare gli artisti a perseguire “l’idea meno buona”: ovvero quell’idea che inizialmente si pone ai margini, come risultato di un blocco creativo o di un caso fortuito, ma che in seguito porta a maggiori opportunità esplorative.

 

“Che cosa significa seguire l’idea meno buona?” dice Kentridge in occasione della sua recente nomina a Parigi come nuovo membro dell’Académie des Beaux-Arts. “Quando ho iniziato a realizzare disegni animati utilizzando una tecnica di disegno e cancellazione con carboncino, pensavo di sbagliare continuamente. Non riuscivo a ottenere una cancellazione perfetta. Ho provato diverse carte e gomme, rimaneva sempre una traccia grigia. Alla fine, gli amici mi hanno detto: ‘Smettila di lamentarti, è questa macchia grigia, questa traccia del tempo, che è interessante. Quanto sono stato stupido a non averlo visto prima? La macchia grigia che segue la linea – questa è l’idea meno buona. Ma ‘l’idea meno buona’ ha anche significati più ampi, inclusa una diffidenza verso le grandi idee”. Aggiunge Kentridge: “La storia del ventesimo secolo ci ha mostrato i disastri che hanno accompagnato ogni progetto che affermava di essere certo su come il mondo dovesse essere. Quando le grandi idee falliscono, cerca altre soluzioni più vicine, più parziali, più circoscritte. Il nome – The Centre for the Less Good Idea – proviene da un proverbio africano, che consiglia, ‘Se il buon dottore non può curarti, trova il dottore meno buono.’”

 

Il Centro condividerà la propria filosofia e i propri metodi in alcuni workshop ed eventi, tra cui un’introduzione pratica alle tecniche di Pepper’s Ghost, un workshop di composizione dal vivo, che utilizza archivi di film muti e alcune conversazioni con gli artisti.

 

William Kentridge sarà insignito del Premio Carla Fendi STEAM 2025 in riconoscimento del suo talento creativo e del prezioso lavoro che svolge in ambito sociale sia personalmente che con The Centre for the Less Good Idea.

 

Con riferimento al lavoro di Kentridge con il Centro e alla mostra Unhappen Unhappen Unhappen, Maria Teresa Venturini Fendi, Presidente della Fondazione Carla Fendi, dichiara: “Non credevo che nello spazio miniaturizzato di un diorama, una ‘scatola’ con un lato aperto alla visione dello spettatore, fosse possibile racchiudere così tanti mondi. Kentridge e gli artisti di The Centre for the Less Good Idea danno vita a narrazioni connesse al presente e al passato, animate da suoni, voci, canti, immagini. Storie complicate e dolorose che spesso scaturiscono dai traumi dell’apartheid e del colonialismo, ma che hanno sempre un lato ludico e sorprendente che permette di andare oltre. E’ il fascino dell’affabulazione che The Centre for the Less Good Idea riesce a creare grazie a un metodo di lavoro basato sulla collaborazione tra scrittori, ballerini, cineasti, artisti, musicisti. Più di 1400 artisti africani e di ogni parte del mondo hanno partecipato ai lavori del Centro, e girano il mondo coinvolgendo il pubblico nei loro spettacoli, workshop, incontri. E’ questa sinergia collettiva, perfettamente in linea con l’approccio multidisciplinare e sociale della Fondazione – oltre alla ricchezza del valore artistico di Kentridge e di tutto il gruppo – ad avermi attirato verso questo progetto a cui va un meritato riconoscimento.”

 

MOSTRA

 

UNHAPPEN UNHAPPEN UNHAPPEN – PEPPER’S GHOST DIORAMAS

Ex-Battistero della Manna d’Oro, Piazza del Duomo
28.06-13.07 | 11.00 – 19.00 (gli orari di chiusura potrebbero variare in base alla programmazione del Festival)
Aperta anche dal 18.07 al 20.07 e dal 25.07 al 27.07 | 11.00 – 19.00

 

Inaugurazione | Incontro con Guy Robertson e Bronwyn Lace domenica 29.06 11.00

La mostra Unhappen Unhappen Unhappen – Pepper’s Ghost Dioramas presenterà in anteprima quattro diorami animati realizzati con la tecnica Pepper’s Ghost, da Anathi Conjwa, William Kentridge, Micca Manganye e Sabine Theunissen.

 

La parola Unhappen (termine inesistente che potremmo tradurre con “non succedere, disfare”) descrive il processo che cancella l’accadere di un trauma passato; il suo non senso tuttavia ne rende evidente l’impossibilità. Nel contesto del Centro, questo trauma è riferito alla storia dell’apartheid e della colonizzazione, ma si estende anche a esperienze personali difficili. La ripetizione di Unhappen è conflittuale: rafforza il ricordo e al tempo stesso funge da mantra, una preghiera per tentare una riconciliazione con il passato e con la storia.
In questo processo l’utilizzo della tecnica Pepper’s Ghost consente agli artisti di costruire e de-costruire i ricordi giocando con la memoria. Prendendo il nome da John Henry Pepper che la rese popolare nel 1862, Pepper’s Ghost è una tecnica di illusione teatrale vittoriana che utilizza uno specchio semi-argentato che consente di vedere oggetti e performer dietro lo specchio (se illuminate) e di riflettere le immagini davanti allo specchio (se illuminate). L’introduzione del compositing video e della proiezione dal vivo, insieme al dynamic sound e al lighting design, ha reso possibili nuovi approcci narrativi. Esperimenti con la tecnica fanno emergere idee alternative per un approccio visivo che scava nel passato di storie dolorose e controverse e riporta in vita vecchi archivi di immagini.
Sin dal 2019 la pratica Pepper’s Ghost è uno degli strumenti distintivi del Centro. I diorami animati combinano la tecnica unitamente al teatro da tavolo e al teatro dei burattini, in modo inedito. Come mondi narrativi completi in miniatura, questi diorami animati in Unhappen Unhappen Unhappen creano uno spazio performativo stratificato e continuo che riprende una varietà di temi:

 

Anathi Conjwa – Tata
In Tata, Anathi Conjwa incarna e commemora il suo defunto padre, un veterano di uMkhonto we Sizwe (MK), riconoscendo i sacrifici fatti dai combattenti sudafricani per la libertà in nome della democrazia del paese. Stivali militari cadono come bombe sullo sfondo della performance in miniatura, mentre la figura di Conjwa si muove, canta, intona lamenti, commemora e rende omaggio a questa storia.

 

William Kentridge – Mayakovsky
Una versione sperimentale della tragedia d’avanguardia originale, Mayakovsky usa Pepper’s Ghost per abbinare testo e performance con i disegni e le animazioni di Kentridge. É una meditazione sulla performatività della prosa e sul ricorso del linguaggio come forma di ristoro (o di satira) nell’affrontare l’atto di vivere oggi.

 

Micca Manganye – Hands
Una breve e coinvolgente opera musicale e performativa gioca con le possibilità della proiezione e dell’esecuzione dal vivo ed esplora il corpo come strumento intrinsecamente percussivo.

 

Sabine Theunissen – A Moment in the Wind
Set designer e collaboratrice di lunga data di Kentridge, Sabine Theunissen crea un’opera completamente nuova, mescolando il suo tipico stile scenografico con la proiezione di vignette create con pupazzi, il suo approccio al Pepper’s Ghost dà vita a un’installazione immersiva e performativa in miniatura.

 

La mostra includerà anche Moments of Making di Noah Cohen, delle sequenze filmate dei processi che riflettono sui momenti giocosi, intangibili e spesso vulnerabili che emergono durante la ricerca dell’idea meno buona. Riadattato e distillato in un cortometraggio, il processo di individuazione di ciò che è secondario – l’idea periferica, la scoperta accidentale, la luce tremolante ai margini – viene messo in risalto e conservato.

Articoli correlati

Commenti