PERUGIA – Il cuore non ha retto, alla fine l’ha tradito. Lui che il cuore l’aveva applicato al calcio, un calcio d’istinto, di intuito, un’intelligenza calcistica intersecata ad una visione globale del calcio e applicata alla migliore estroversione del talento. Che dire di Diego Armando Maradona, angelo e demone, amatissimo a Napoli e in Argentina, invidiato e odiato proprio per la naturalezza con cui fiutava il calcio, il cross migliore, persino la manata che passò per gol valido. Maradona è stato un genio, così come Leonardo nell’arte e nella scienza, come Dante nella poesia e nella letteratura, come Caravaggio nella pittura, un genio che ha vissuto nella linea di confine che separa ma più spesso unisce il calcio allo spettacolo. E la genialità è anche quella condizione che rende diversi, perché acquisita la consapevolezza di essere tali, ovvero dei geni, si tende a oltrepassare i limiti sia nel bene, che spesso nel male. E Diego di male, soprattutto a sé stesso, se ne è fatto molto, incurante di sé stesso, perché anche consapevole di essere ispiratore dell’immaginario di molti. Come idolo e star non aveva un vero privato e la sua fragilità emotiva lo ha condotto sempre più in giù, in un fondo da cui a stento si è risollevato più volte, ma che ha rappresentato infine il suo vero obiettivo. Quell’inquietudine interiore che infine ha finito per sopraffarlo, passando dalla droga, dalla cocaina, ai tanti amori consumati nel giro di pochi mesi, sino alle ultime vicende vissute con il ricovero e l’intervento chirurgico subito alla testa. Diego Armando Maradona, ha subito un arresto cardiocircolatorio nella sua casa di Tigre, in Argentina, dove stava trascorrendo la convalescenza. Aveva appena compiuto 60 anni. Con lui forse si è schiusa per sempre la scena della fantasia applicata al calcio.