TERNI – Ciò che è stato. Ciò che è. Ciò che avrebbe potuto essere e non potrà più essere in Fiore e l’Umbro, carteggio contemporaneo intenso e illuminante nel quale due anime diverse, ma affini, si affidano alla scrittura per riannodare i fili della propria esistenza. Scritto a quattro mani da Fiorenza Maffei e Roberto Rapaccini, prefazione di Giampiero Moscato, copertina dello stesso Rapaccini, il libro è stato pubblicato da Gambini editore e, da pochi giorni, è in libreria e negli store on line.
Tra le pagine, scorrono come granelli di sabbia in una clessidra le vite degli autori. Sono un uomo e una donna nati negli anni ‘60 che hanno indossato a lungo una divisa e ricoperto incarichi di responsabilità nelle Forze dell’Ordine. Le loro strade si erano incrociate per la prima volta nel 1987, durante il corso per vicecommissari all’Istituto Superiore di Polizia. Si ritrovano nel 2023 e hanno un secolo da raccontarsi. Li chiamavano sbirri quelli dall’altra parte della barricata.
Non più in uniforme, Fiore e l’Umbro iniziano a scriversi. Dalla loro corrispondenza – spiega Rapaccini – nasce un libro “senza troppe ambizioni, se non quella di fare memoria. Non una nostalgia fine a sé stessa, ma un modo per rimettere in ordine i frammenti, e trovare un filo”.
Immediato, diretto e caldo lo stile narrativo di Fiorenza Maffei; meditativo, profondo e discreto quello di Roberto Rapaccini, nelle loro lettere temi professionali e episodi di vita vissuta si intrecciano con riflessioni sulle occasioni perdute, sulle sfide affrontate, su un presente difficile e un futuro che spaventa.
“Fiorenza Maffei, Fiore – afferma l’editrice Isabella Gambini – si racconta con la forza di chi ha affrontato tutto a testa alta: dal difficile inizio come giovane meridionale emigrata al Nord, alla carriera brillante nella Polizia di Stato, fino alla recente battaglia contro la malattia, preceduta dal Cammino di Santiago, simbolico percorso di guarigione e rinascita. Roberto Rapaccini, l’Umbro, dal canto suo, narra un percorso fatto di passioni coltivate, viaggi, incarichi di rilievo in Italia e in Europa, e una malattia che irrompe come una rivoluzione copernicana, costringendolo a riscrivere la propria esistenza”.
Fiore e l’Umbro si confidano, si confrontano sulla fragilità dell’essere. Spiriti indomiti, uno parla del suo legame profondo con l’arte; l’altra ammette una passione per la squadra del Torino. Nelle lettere trovano spazio storie d’amore, affetti familiari, momenti gioiosi e aneddoti legati al lavoro: come quella volta in cui il leggendario Pelè volle farsi una foto con la giovane commissaria Maffei, prima di una trasmissione televisiva. Sullo sfondo, i luoghi del cuore di ciascuno, il tempo che passa, l’amore di entrambi per la loro professione.
“Ho sempre pensato – dice Roberto Rapaccini – che raccontarsi non significhi tanto parlare di sé, quanto restituire una visione del mondo attraverso il proprio sguardo. In Fiore e l’Umbro questo è stato il tentativo – mio e di Fiorenza – fin dall’inizio: scrivere non per parlare di noi, ma per condividere riflessioni, percorsi, vissuti che, pur partendo da due storie personali, potessero dire qualcosa di più ampio, di più umano. Lo strumento scelto è stato quello dello scambio epistolare, che ci è sembrato il più naturale, non per vezzo stilistico ma perché è così che, da anni, continuiamo a tenerci in contatto. Lettere vere, nella forma moderna delle mail, quindi, non finzioni narrative. E dentro quelle lettere c’è tutto: la nostra formazione, il lavoro in Polizia, la malattia, le relazioni familiari, i ricordi d’infanzia, le nostre passioni, le città vissute, i momenti di rottura e quelli di continuità. Ho cercato di essere coerente con me stesso, anche nei passaggi più vulnerabili, con la convinzione che la verità – quella che si può raccontare – abbia sempre un valore, se viene offerta con misura, rispetto e dignità. Scrivere questo libro con Fiorenza ha significato anche ripercorrere decenni di vita dentro e fuori l’Istituzione, e rivedere quei luoghi e quelle esperienze alla luce di ciò che siamo diventati. Credo che, per entrambi, sia stato un esercizio non solo letterario ma globale. Lo scopo non è autocelebrativo. Non vogliamo insegnare nulla. Solo raccontare. E se nel racconto qualcuno si riconosce, se è riuscito a rileggere anche una parte della propria storia attraverso la nostra, allora forse abbiamo dato un senso alle nostre conversazioni a distanza”.
Fiore
Nata a Foggia nel 1963, laureata in Giurisprudenza, a soli ventiquattr’anni, Fiorenza Maffei è entrata nella Polizia di Stato. Nel corso della sua carriera, ha ricoperto ruoli importanti: dirigente della Sezione Narcotici della Squadra Mobile di Bologna per sette anni; responsabile della Sezione di Polizia Giudiziaria alla Procura di Bologna; dirigente della Divisione Anticrimine nelle Questure di Rovigo e Ravenna, con particolare attenzione al contrasto della violenza di genere; vicario del Questore di Pistoia nel 2019 (prima donna ad assumere tale ruolo); vicario del Questore di Rimini fino al pensionamento nel 2023. Successivamente, Maffei ha intrapreso un percorso letterario che l’ha portata a scrivere Rosa – storia di una donna del sud tenacemente ancorata ai valori della famiglia – e a contribuire a Commissari, opera collettiva condivisa con sedici colleghi che intende offrire uno sguardo autentico sul mondo della Polizia.
L’Umbro
Classe 1960, dopo la laurea in Giurisprudenza Roberto Rapaccini si è occupato a lungo di pubblica sicurezza. Primi passi nella Polizia di Stato, poi alla guida del Commissariato di Chioggia, il suo percorso l’ha portato al Ministero dell’Interno, dove per oltre vent’anni ha gestito aspetti cruciali di ordine pubblico. Ruolo ancor più strategico quello assunto tra il 2000 e il 2002, biennio che lo vede alla Commissione Europea in qualità di Esperto nazionale distaccato per il contrasto al terrorismo e al traffico illecito di armi. Colpito successivamente da una grave malattia che ha sconvolto la sua vita personale e professionale, rimettersi al mondo la sfida più difficile.
Interprete lucido e profondo della contemporaneità, saggista, romanziere, blogger e artista visivo, Roberto Rapaccini ha firmato saggi e romanzi che raccontano il mondo toccando i punti nevralgici della società. Tra le sue opere principali: Paura dell’Islam (2012), analisi del fondamentalismo islamico e dei pregiudizi occidentali; Il pregiudizio religioso sul web (2013), studio critico sulla diffusione dell’intolleranza religiosa in rete; Viaggio nella mia vita (2014), autobiografia intima e riflessiva; Inverno di rivoluzione (2015, con Paolo Raffaelli), epistolario telematico su temi sociali e politici; L’alba del XXI secolo (2018), riflessione sui cambiamenti epocali della nostra epoca; L’eterno nelle opere del tempo (2020), meditazioni esistenziali e spirituali in bilico tra salute e arte; Sbirri si nasce (2021), romanzo poliziesco incentrato sulla figura del giovane dirigente Giuseppe Mangano, ambientato a Chioggia tra indagini, delfini depressi e sfide morali.
Autore del blog Spiritualità e Arte, per Rapaccini l’espressione artistica è una seconda voce. Le sue opere recenti, fortemente evocative, si ispirano all’universo metropolitano e alle contraddizioni del presente. Le indagini di oggi: la ricerca di un senso.
Lorella Giulivi