Il baccalà della Vigilia

Diciamocelo, il fatto che a questa regione manchi il mare è cosa non da poco, specialmente quando si tratta del cenone della Vigilia di Natale.
Non pensiamo ad oggi, pensiamo all’epoca dei nostri nonni e bisnonni, trasportare pesce fresco attraverso sentieri e mulattiere senza mezzi i moderni e refrigerati era praticamente impossibile.
È questo il motivo per cui il pesce della Vigilia a casa nostra è tradizionalmente il baccalà.
Secco, grazie al sale, non ha bisogno di particolari cure nella conservazione. Le cure, amorevoli, le richiede nella preparazione.
Il baccalà va messo a bagno in acqua a lungo, per togliere il sale e farlo ammorbidire. La ricetta tradizionale, però, richiede uvetta, prugne e zucchero quindi il baccalà nostrano ha bisogno di mantenere un po’ della sua salinità.
Queste sono le dosi per mezzo chilo di baccalà da dissalare.
Il pezzo deve essere spesso e carnoso. Dopo averlo tenuto a bagno 2 giorni cambiando spesso l’acqua, lo fate a pezzi mantenendo la pelle.
In una casseruola fate un soffritto con due coste di sedano e aggiungete 150 grammi di prugne secche, tre cucchiai da minestra di uvetta (il tutto rinvenuto per un’oretta in acqua tiepida). Al momento giusto, aggiungete mezzo litro di passata di pomodoro e un paio di cucchiaiate di zucchero (dovete essere voi a deciderne la quantità, a seconda del vostro gusto). Lasciate cuocere per un po’, poi adagiate sul sugo i pezzi di pesce, coprite e lasciate andare a fiamma bassa finché non è cotto. Il baccalà non va mai girato altrimenti si sfalda, io lascio la pelle per quello, ma se siete dei maestri in cucina potete levarla.
Ora dico la mia, vi ho dato la ricetta tradizionale ma non amo le cose troppo dolci, quindi tengo in ammollo il pesce più a lungo, non aggiungo zucchero e metto la metà dell’uvetta, le prugne le lascio: mi piacciono molto. Buon baccalà.
A domani con la terza e ultima puntata dedicata alla galantina.

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